Giuseppe venduto dai fratelli (Film, 1960)
Luciano Ricci (Ascoli, 1928 – Isole Samoa, 1973) è uno dei nostri registi meno conosciuti al grande pubblico, forse perché scompare ad appena 45 anni mentre si trova alle Isole Samoa. Collaboratore di Gian Piero Callegari (e del solito Rapper) per il biblico Ponzio Pilato (1961), regista della seconda unità con il pittore-documentarista Renato Cenni (Il ponte dell’universo, 1956).
Giuseppe venduto dai fratelli – firmato da Luciano Ricci con Irving Rapper – è il suo primo film, seguito da Senza sole né luna (1962) – ambientato durante i lavori del traforo del Monte Bianco – Sola contro Roma (1962), il gotico di imitazione anglosassone Il castello dei morti vivi (1964), per finire con il televisivo L’errore del farmacista (1970). Giuseppe venduto dai fratelli è uno dei due film biblici che il regista inglese Irving Rapper – di chiara impostazione teatrale – firma in Italia, sul finire della carriera, collaborando con registi nazionali. In questo caso tiene a battesimo Ricci, che debutta con una storia sceneggiata con grande fedeltà alla Genesi, per raccontare le vicissitudini di Giuseppe – uomo buono e onesto, timorato di Dio – prima venduto come schiavo dai fratelli, quindi ministro del faraone, giusto e caritatevole. Giuseppe prevede sette anni di carestia e – con i granai pieni di scorte accumulate – l’Egitto diventa punto di riferimento economico per i popoli confinanti. Alla fine ritrova il padre con i fratelli e perdona il male ricevuto, come si fa con coloro che non sanno quello che fanno.
Erano i tempi del cinema di genere, tra l’altro si faceva con poco, bastava un pizzico d’inventiva, sceneggiatori bravi come De Concini, teatri di posa dotati di scenografie che passavano da un film all’altro. La critica è unanime nel giudicare questi film prodotti non riusciti, privi di traccia d’autore, ma non vi fidate dei vari Mereghetti e Morandini, non è per niente vero. Giuseppe venduto dai fratelli gode di un’ottima fotografia a colori di Pallottini, di un montaggio serrato curato da Serandrei e di una regia accorta di Rapper e Ricci, buoni direttori di attori, a loro agio con un film teatrale, quasi del tutto girato in interni. Alcuni brani tratti da mondo movie servono per le scene esterne con animali, sequenze di caccia, parti dove si vedono leoni ed elefanti. Pure certe sequenze di guerra sono prelevate da altri film, mentre è molto spettacolare la parte in cui Giuseppe fa crollare una diga e sommerge l’esercito siriano.
Il cast è composto di alcuni attori inglesi e nordamericani di buon valore, come il protagonista Geoffrey Horne (ricordate Il ponte sul fiume Kwai?) e la bellissima quanto sfortunata Belinda Lee (morirà un anno dopo, a 25 anni, in un incidente stradale), senza dimenticare Robert Morley nei panni di un Putifarre bipolare ed eccessivo, ai limiti del grottesco. Robert Rietty, che interpreta il saggio faraone, è Lucio Rietti, nato a Paddington (morto a Londra), un attore italiano naturalizzato britannico. Tra le curiosità per cui vale la pena rivedere il film spicca Massimo Girotti – prima che diventasse Terence Hill – nei panni di Beniamino, il fratello minore di Giacobbe.
Per me resta una madaleine di celluloide. Visto la prima volta nella sala parrocchiale del Sacro Cuore, dal vecchio Don Claudio, in via Corsica, a Piombino. Rivisto grazie a TV 2000, il canale del Vaticano. I preti non cambiano: oggi come allora tagliano le parti erotiche e coprono le gambe delle danzatrici. Cinema d’altri tempi – in senso positivo, s’intende! – utile persino didatticamente, ma sono cose che forse non vanno più di moda.
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Regia: Luciano Ricci, Irving Rapper. Sceneggiatura: Oreste Biancoli, Ennio De Concini, Guglielmo Santangelo. Fotografia: Riccardo Pallottini. Montaggio: Mario Serandrei. Musiche: Mario Nascimbene. Scenografia: Oscar D’Amico. Costumi: Maria De Matteis. Trucco: Sergio Angeloni, Piero Mecacci. Produttore: Ermanno Donati. Durata: 102’. Genere: Storico. Interpreti: Geoffrey Horne (Giuseppe), Robert Rietty (Faraone), Vira Silenti (Asenat), Finlay Currie (Giacobbe), Robert Morley (Putifarre), Mario Girotti (Beniamino), Carlo Angeletti (Beniamino da piccolo), Belinda Lee (Henet), Mimo Billi (coppiere), Julian Brooks (panettiere), Arturo Dominici (Rekmira), Carlo Giustini (Ruben), Dante di Paolo (Simeone), Marco Guglielmi (Giuda), Antonio Segurini (Gaad), Charles Borromel (Dan), Helmut Schneider (Zebulone).
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[NdR – L’autore dell’articolo ha un suo blog “La Cineteca di Caino”]