Immigrazione e UE

La proposta di regolamento dell’immigrazione avanzata dalla Commissione dell’UE è stata per lo più giudicata insufficiente. Non costituisce in effetti il superamento del sistema di Dublino, che lascia a ciascun Paese di accoglienza la responsabilità degli immigrati nel proprio territorio, né stabilisce un sistema di quote di accoglienza tra i Paesi membri dell’Unione. A parte un richiamo di principio alla solidarietà europea in materia, il regolamento contiene solo due elementi nuovi: il contributo di 10.000 euro per ogni immigrato accolto in Paesi diversi da quello di arrivo, e la spesa del rimpatrio a carico del paese di respingimento. Una carenza della normativa sta anche nel fatto che essa riguarda gli immigrati salvati da navi che giungono in porto, non quelli (che sono la maggioranza) imbarcati su barche o gommoni.

La proposta della Commissione è dunque poco ambiziosa e certamente insoddisfacente per i Paesi mediterranei più esposti, quali Italia, Grecia, Malta, Cipro e Spagna. Costituisce però un atto di realismo – e come tale va anche giudicato – considerata la prevedibile opposizione dei Paesi del Nord, in particolare dei quattro del “gruppo di Visegrad”, a norme veramente solidarie, per cui una proposta gradita ai “mediterranei” sarebbe stata decisamente bloccata dai “nordici”. Possiamo deprecare che all’interno dell’Unione prevalga su certi temi una contrapposizione insanabile ma – finché non saremo una vera Unione di tipo federale, capace di prendere decisioni di interesse comune al di sopra delle posizioni dei singoli interessati – questa è la realtà che dobbiamo accettare (e del resto, astraendoci per un attimo dagli interessi, sentimenti e risentimenti italiani, forse dovremmo sforzarci di capire il punto di vista di Paesi che in qualche modo cercano di proteggersi dal tipo di invasione che abbiamo subita noi).

La proposta inizia ora un cammino certo lungo e spigoloso prima di giungere alla sua finale approvazione, che richiede il consenso del Consiglio  e del Parlamento europeo. È facile prevedere che il negoziato sarà arduo e anche aspro, e penso sia certo che i “mediterranei” si batteranno a oltranza per ottenere miglioramenti e che l’Italia svolgerà un ruolo centrale.

Sempre più penso tuttavia che la risposta al problema dell’immigrazione, almeno a medio termine, non stia in queste “pezze a colori” appiccicate qua e là, quanto in una vera politica europea di protezione delle proprie frontiere, del proprio territorio e, alla fine, della propria identità culturale e civiltà. È una politica che ha contro il coro della sinistra “liberal” (genere Guardian) e di Papa Francesco, ma è indispensabile, se vogliamo sopravvivere con la nostra identità secolare. Gli strumenti, senza arrivare alle uscite demagogiche alla Salvini, ci sono: lotta decisa e armata ai trafficanti e agli scafisti, accordi con la Libia, vigoroso aiuto europeo all’economia dei Paesi africani di origine. È un po’ quello che avevano cominciato a fare, con qualche successo, il Governo  e il Ministro dell’Interno Minniti. Si tratta di superare le remore del “politicamente corretto” e avere il coraggio di essere, finalmente, sé stessi.

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