Janis Joplin, l’anima della musica
Quale è l’immagine più bella della storia del rock e forse dell’intera musica? I Beatles che segnano il solco di confine di un’epoca? Elvis Presley che comunica all’America un nuovo modo di fare musica? Freddy Mercury in uno dei suoi istrionici spettacoli? Per qualcuno può essere Vasco Rossi su un palco o Domenico Modugno che lancia il suo “Volare”. Ognuno di noi ha la propria immagine negli occhi e nel cuore, e non possono essere fatti paragoni di alcun tipo. Ma forse è possibile individuare un’immagine che può raccontare la potenza della musica e di come questa possa toccare l’anima umana. E’ probabilmente anche una delle immagini simbolo, sottovalutata, di un’epoca che non potrà avere uguali e manifesto di una generazione.
Dal 16 al 18 giugno 1967, nel pieno del movimento generato dalla Beat Generation, dal Manifesto di Port Huron, dalle marce per i diritti, in un’epoca in cui la musica produceva capolavori tutt’ora inarrivabili, a Monterrey, in California, si svolse un festival considerato il precursore di quello che fu Woodstock del 1969. Sul palco grandissimi nomi che hanno segnato la storia della musica: Otis Redding, The Byrds con David Crosby, Jefferson Airplane, Simon and Garfunkel, e Jimi Hendrix, solo per citarne alcuni tra i principali. C’erano anche i Mamas and Papas, famosi a torto in Italia solo per California Dreamin’. Ma l’esibizione più viva, entusiasmante, che veniva dall’anima fu quella di Janis Joplin.
Nel video del brano “Ball and Chain”, le telecamere si soffermano più volte sull’immagine di una spettatrice che guarda estasiata Janis che, in quel brano, sta mettendo tutto di se stessa. Quegli occhi e quel volto adorante appartenevano a Cass Elliot, nota come Mama Cass, al secolo Ellen Naomi Cohen, cantante dei Mamas and Papas. Il modo di guardare Janis è qualcosa di più di un omaggio o un riconoscimento all’esibizione, ma alla personalità complessa e non semplice della Joplin, uno dei simboli degli anni sessanta che morì tre anni dopo di overdose. Chissà se durante la sua performance, la Joplin si stava rendendo conto di essere ammirata non solo dal pubblico, ma da un’altra delle icone di quell’epoca che le stava riconoscendo il suo valore.
Sono trascorsi esattamente cinquanta anni, oggi 4 ottobre, dalla morte della Joplin che, insieme a Jimi Hendrizx, Brian Jones, Jim Morrison e, ultimi in ordine di tempo, Kurt Cobain e Amy Whinehouse ed altri fa parte del Club dei 27: musicisti che sono tutti deceduti a quell’età. Janis Joplin morì di overdose, in un hotel di Los Angeles, dopo aver caratterizzato, insieme ad altri, il movimento hippy e sembra che poco le importasse degli arresti per disturbo della quiete pubblica, da una delle quali venne assolta per avere esercitato la sua libertà di espressione.
Janis Joplin a cinquant’anni dalla morte è ancora un’icona degli anni sessanta, la prima rock star al femminile della storia, e la sua vita di eccessi, solitudini e messaggi inascoltati, è ancora un capitolo affascinante: in una delle biografie su di lei si racconta che venne presa a pugni da Jerry Lee Lewis, uno dei padri nobili del Rock n’roll perché se si voleva comportare come un uomo, lui come tale l’avrebbe trattata. Le esibizioni dal vivo forse non le rendono giustizia per la sua grandezza e, probabilmente, i suoi eccessi dell’epoca, specialmente in Italia, hanno contribuito a non farla apprezzare dal grande pubblico. In ogni caso la sua morte ci ha privato di una delle anime della musica e delle voci più profonde e vive sul palco. Il riconoscimento che le dette Mama Cass a Monterey ne è forse una delle manifestazione di riconoscimento più importanti.
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