Agroalimentare, Rapporto Nomisma 2020

Nomisma ha presentato il rapporto “L’industria alimentare italiana oltre il Covid-19. Competitività, impatti socio-economici, prospettive”, realizzato con la collaborazione di Centromarca (Associazione Italiana dell’Industria di Marca) e IBC (Associazione Industrie Beni di Consumo). Ha condotto il webinar Paolo De Castro – Comitato scientifico Nomisma, poi il rapporto è stato presentato da Denis Pantini – Responsabile Agroalimentare Nomisma. Sono intervenuti Francesco Mutti – Presidente Centromarca e AD Mutti S.p.A. e Alessandro d’Este – Presidente IBC, Presidente e AD Ferrero Commerciale Italia; in chiusura Teresa Bellanova – Ministra Politiche Agricole, Alimentari e Forestali.

L’industria alimentare e delle bevande è la terza industria del paese nel comparto manifatturiero, dopo il settore metalmeccanico e quello dei macchinari, fatturando oltre 30 miliardi di euro e totalizzando l’11,5% del pil. In ambito europeo l’industria alimentare italiana è la seconda dopo la Germania realizzando un grande valore aggiunto per il paese. Da non sottovalutare l’impatto sociale che vede la forza lavoro del comparto composta per il 40% da under 40 e per il 35% da donne (media del manifatturiero 35% e 26%). Un’industria che è diffusa su tutto il territorio nazionale per la sua forte integrazione con l’agricoltura, con regioni dove rispetto la media nazionale, la valenza è persino doppia, come Campania, Puglia, Molise, o addirittura tripla come in Calabria, Sardegna, Sicilia.

In regioni come Campania e Calabria su 10 euro di valore esportato, 4 attengono al settore agro-alimentare, e particolarmente importante è da considerare l’anti-ciclicità del comparto. Esaminando il periodo 2008-2019 si vede che l’agro-alimentare ha incrementato l’export per l’81% a fronte di una media del manifatturiero del +30%; il valore aggiunto del +19% contro il +7%; l’occupazione salita del 2% mentre la media del manifatturiero l’ha vista calare del 13%. L’Italia si posiziona al 5° posto nel mondo per export, dopo USA, Germania, Paesi Bassi e Francia, caratterizzandosi per il posizionamento su prodotti specifici quali formaggi, olio d’oliva e salumi, in una fascia di prezzo mediamente alta.

Peraltro l’Italia paga lo scotto del tradizionale nanismo delle imprese nostrane, nel settore lattiero-caseari le aziende tedesche hanno un fatturato medio di 55 milioni di euro contro i 6 milioni di quelle italiane. Le dimensioni in campo economico contano, le 49 imprese sopra i 350 milioni di fatturato rappresentano solo lo 0,1% del totale numericamente, ma contano il 52% del fatturato globale di export del settore. Numeri importanti che saltano agli occhi analizzando il mercato interno, considerando che solo nel 2019 si sono raggiunti i livelli pre-crisi del 2009, e con un importante contributo da parte del fuori casa. Altro aspetto nel mercato interno è il forte aumento del canale dei discount a discapito della fascia media di iper e supermercati. In epoca Covid19 si è assistito a un calo costante dei consumi alimentari da aprile fino a luglio, mentre ha tenuto l’export, anche se a macchia di leopardo a seconda del genere. Il lockdown ha comportato un maggiore aumento di pasta e minore di vino, l’export italiano ha sovraperformato la media, con un +3,5%, in particolare verso paesi con cui vigono accordi di libero scambio come il Canada.

Il 62% delle imprese prevede un calo di fatturato nel 2020, il 38% calcola che avrà una riduzione di oltre il 15%. Numeri che corrispondono alle stime dell’OCSE rispetto il pil italiano. Influisce su questo sia il lockdown, che ha comportato minori consumi fuori casa, che il crollo del turismo straniero, questo lo scorso anno ha portato 10 miliardi di euro nei ristoranti italiani. Riguardo gli investimenti programmati per il 2020, 8 imprese su 10 li avevano previsti, ma solo il 31% ritiene che continuerà a sostenerli, le altre li rimanderanno o moduleranno al ribasso il budget inizialmente previsto. Il futuro della domanda vede assegnare maggiore importanza all’italianità del prodotto, alla sostenibilità ambientale, ai risvolti sociali come l’occupazione. L’export dovrà diversificare i mercati, considerando che la stragrande maggioranza dei nostri prodotti finiscono solo in 5 paesi.

L’on. le Paolo De Castro ha ribadito i dati presentati da Denis Pantini, rimarcando l’importanza livello nazionale ed europeo dell’industria agro-alimentare italiana.  Sarà fondamentale concentrarsi sulla scienza piuttosto che sulle ideologie, perché la tecnologia e l’innovazione possono essere utilissime in agricoltura. Già oggi ci sono viti resistenti alla peronospora e altre malattie, senza avere dovuto ricorrere all’uso di OGM, ma ottenute tramite tecniche sicure. Al centro ci deve essere un sistema che aiuti le imprese a crescere e non solo l’iniziativa di qualche singolo. In chiusura l’intervento della ministra Bellanova ha riassunto i temi e specificato le linee del governo tese a un uso intelligente delle risorse europee. La ministra ha anche lanciato l’invito ad avvalersi delle tante eccellenze disponibili nel nostro paese, a cominciare proprio dal prof. Paolo De Castro.

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