Nomisma, Osservatorio su Packaging sostenibile

Nell’ambito degli Osservatori Nomisma si è svolto lo scorso 28 settembre quello sul Packaging del Largo Consumo, moderato dal giornalista Armando Garosci (Largo Consumo), la relazione ha visto l’intervento di tre relatori: La sostenibilità nelle strategie della GDO: il ruolo del packaging a cura di Silvia ZUCCONI (Responsabile Market Intelligence Nomisma); Lo shopper di fronte allo scaffale: il consumo sostenibile parte dal pack a cura di Nicola DE CARNE (Retailer Client Business Partner Nielsen); Misurare il packaging per scegliere e comunicare un’offerta sostenibile a cura di Alessandro MANZARDO (Professore Università di Padova, Socio Fondatore Spin Life).

Il trend che caratterizzerà le abitudini e i consumi degli italiani (food e non food) nei prossimi 3/5 anni, secondo gli intervistati nel sondaggio, vede al primo posto, con una percentuale del 35% lo sviluppo della green economy; per il 32% la sensibilità al tema della sostenibilità; al 27% l’affermazione della mobilità dolce; per il 10% lo sviluppo della share economy. Per quanto riguarda la ricerca degli italiani sulle particolarità del food nel periodo post-covid, al primo posto troviamo l’italianità con il 49% delle ricerche, ma al secondo si piazza la sostenibilità con il 42%. In questa percentuale possiamo andare ad analizzare i dettagli, il 39% vuole un packaging a basso impatto ambientale, il 34% la sostenibilità, il 30% chiede il biologico. La pandemia ha portato gli italiani a cercare la sostenibilità con una percentuale di 7 punti superiore rispetto gli altri paesi europei; i driver che indirizzano le scelte dei consumatori sono per il 75% le scelte di sostenibilità dei punti vendita, il 70% dei consumatori è disposto a cambiare punto vendita a favore di shopper più eco-sostenibili. La GDO che ha partecipato all’indagine ha assegnato una importanza di 8,3 punti su 10 all’importanza di azioni destinate alla sostenibilità. Se tutti i retail italiani concordano su questo, cambiano le strategie per intervenire su questo argomento, sugli 11 punti individuati ogni retail ne attua almeno 5. Al primo posto (4 insegne su 9) figura l’utilizzo di packaging più sostenibile, meno ingombrante e con materiali riutilizzabili. Un’altra particolarità che l’emergenza covid ha messo in luce è l’accelerazione estrema dell’e-grocery, l’acquisto di beni online: +56% famiglie acquirenti, +132% in termini di valore vendite, +17% di frequenza acquisto. L’e-commerce è un campo dove l’impatto del packaging gioca su logistica e trasporto, ma non rappresenta un fattore di scelta da parte del consumatore.

Impattante risulta essere la caduta della fiducia dei consumatori, se nel 2012 era crollata al 39% e ci sono voluti 8 anni per ritornare ai livelli precedenti, ora l’emergenza Covid ha fatto cadere l’indice a 54. Il tema salute è aumentato di 15 punti balzando al primo posto nelle preoccupazioni dei cittadini, assieme all’economia, appaiati ora a quota 25%, con il lavoro al 17% e il riscaldamento globale che ha perso importanza scendendo al 11%. Le prospettive per il 2° semestre 2020 hanno visto un crollo di 10 punti arrivando al 23% e il 19% degli intervistati non pensa sia un buon momento per gli acquisti. Il consumo di packaging ha avuto un forte incremento, 1,5 miliardi di pezzi in più, concentrandosi nei mesi del lockdown per i 2/3. I prodotti che hanno visto il maggiore aumento sono stati acqua, latte e prodotti da forno nel food, mentre i prodotti parafarmaceutici hanno visto un aumento del 343% con l’alcool denaturato al +222%.

Responsabilità sociale, rispetto degli animali, management sostenibile delle risorse, agricoltura e allevamento con metodi sostenibili, queste sono tutte le aree che compongono il valore della sostenibilità. In particolare balza agli occhi come rispetto l’area di agricoltura e allevamento la domanda sia aumentata portando il trend al 62% per quelli senza antibiotici e al 14,7% per quanto riguarda filiera e tracciabilità, molto alto il trend valore anche per il packaging sostenibile che complessivamente arriva all’80%. Un’azienda su quattro propone prodotti green, concentrando la percentuale nel settore agricoltura e allevamento, con attenzione al management della sostenibilità. Su 25 milioni di famiglie italiane sono 9 milioni quelle che acquistano prodotti green

Ma è possibile ridurre il peso del packaging a livello sostenibile? Ci sono alcuni parametri che devono essere rispettati, la macchinabilità e la resistenza dell’imballo; la qualità del prodotto che deve mantenere integro il contenuto; il ciclo di vita dell’imballo. La strada è sicuramente giusta, ma il passaggio a materiali bio-based va fatto con cognizione di causa per evitare che vada a impattare negativamente sull’attività agricola con effetti nefasti riguardo l’occupazione del suolo e il consumo della risorsa idrica, un fenomeno di effetti collaterali noto come burden-shift. Il discorso va anche visto nel merito delle possibili criticità, ovvero due domande sono da porsi: la prima è se il consumatore sia pronto al cambiamento verso un packaging sostenibile in quanto il presupposto è che il consumatore sia sensibile e tratti l’imballo nella maniera corretta all’atto dello smaltimento. La seconda è se il sistema di gestione e riciclo dei rifiuti sia pronto ed efficiente, e le risposte viste nel passato non sono sempre state confortanti.

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