La cultura non è pane, o forse Sì
Dopo i cinema e i teatri, con il Dpcm del 25 ottobre, anche le sedi museali e i luoghi di cultura hanno dovuto interrompere le loro attività. Una decisione del governo, entrata in vigore il 4 novembre scorso, considerata del tutto ingiusta da parte delle strutture coinvolte poiché già dopo il primo lockdown erano state adottate le misure di contenimento richieste, volte ad assicurare le visite nel massimo rispetto della sicurezza per la salute dei cittadini.
Decisione mal digerita dagli addetti al settore anche perché nei musei non è stato registrato un afflusso rilevante e dunque potevano essere risparmiati dal decreto. Al di là di una valutazione politica ed economica, ci preme evidenziare che, nel bloccare le attività culturali, si è inteso considerarle servizi non essenziali, ignorando in tal modo la funzione di conforto, di rifugio psicologico e di speranza che la cultura svolge.
La guerra che stiamo vivendo – perché di guerra si tratta – ci allontana gli uni dagli altri, spesso anche nello stesso ambito familiare. Separazioni e allontanamenti forzati che segnano la psiche, che insinuano incertezze e insicurezze che potrebbero trasformarsi da momentanee in permanenti. Il ruolo della cultura è proprio quello di ridurre le distanze e di attenuare il senso di solitudine regalando prospettive e connessioni tra le persone.
Alla luce di ciò, l’arte, nelle sue variegate forme, rappresenta una boccata d’ossigeno. Ne sono pienamente convinti gli artisti che hanno imparato a diffondere le proprie espressioni artistiche tramite i social.
Teatri, musei e organizzazioni culturali si sono ingegnate per aprire virtualmente le proprie strutture con tour digitali. Conoscenza ed esplorazione avvengono così secondo forme innovative. Certo, è meglio di niente, ma non può avere la stessa valenza di una visita “reale”.
È un po’ come quando si dice che vedere tra il vedere un film a casa o al cinema ci passa un abisso. La condivisione è quella che dà senso a tutto soprattutto nell’attuale società in cui pane e cultura rappresentano la speranza di un futuro migliore.
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