Fellini, sublime mentitore
Federico Fellini (1920-1993) è il più celebre regista italiano e come tale non è inquadrabile in un genere ben definito, anche se la prima parte della sua produzione risente dell’influenza neorealista.
Fellini è un poeta visionario, gira film onirici difficili da catalogare e fa dell’autobiografismo la sua cifra stilistica più marcata. È il regista italiano più citato all’estero e la sua presenza nella storia del cinema resta fuori discussione. La sua opera è un mosaico composito che commuove, diverte, modifica il mondo, rende nostalgici, sognatori e fa spiccare voli pindarici di fantasia. Fellini è un attento osservatore della realtà, ma sa reinventarla, cambiando genere da una pellicola all’altra. Ha uno stile ben riconoscibile, conserva i suoi miti, non gira mai un film che sia la fotocopia del precedente, si mette in discussione e rinuncia a fare cinema se non ne sente l’esigenza. Nonostante tutto è così modesto da definirsi “un artigiano che non ha niente da dire ma sa come dirlo”. A volte aggiunge: “Faccio film perché mi piace raccontare bugie, inventare fiabe. E dire le cose che ho visto, le persone che ho incontrato”.
La poetica felliniana vive di un contrasto, a prima vista inconciliabile, tra fantastico e realismo, due modi opposti di fare cinema che nella sua opera spesso coincidono. Fellini è regista onirico e visionario, da ogni film fa capolino la Rimini della sua infanzia, l’educazione cattolica ricevuta nel collegio di frati, la visione del provinciale che scopre Roma e il gusto per il sarcasmo. Il conflitto bugia-realtà nel cinema di Fellini è ancora un mistero insoluto che fa arrovellare gli studiosi in una ridda di congetture.
A Gordiano Lupi, autore di questo Federico Fellini – A Cinema Greatmaster (Il Foglio Letterario Edizioni, Euro 15), non interessa più di tanto sapere se il regista riminese ha fatto cinema irrealista o spiritualista e neppure se ha realizzato un realismo dell’anima e un sincero autobiografismo. Sono definizioni che servono agli studiosi e a chi soffre di smanie classificatorie. Per un fruitore di cinema basta un Fellini sublime mentitore che tira fuori dalla propria realtà la materia grezza per costruire grandi pellicole con frammenti di irrealtà. Fellini diceva: “Il mestiere di regista è un modo di fare concorrenza al Padreterno. Nessun altro mestiere consente di creare un mondo che assomiglia così da vicino a quello che conosci, ma anche agli altri sconosciuti, paralleli, concentrici” (Block-notes di un regista, Longanesi, 1988).
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