Prepotenze

Non mi pare che la nostra distratta stampa se ne sia accorta, ma venerdì sono successi due fatti diversi ma ambedue molto importanti.

A Washington, la Corte Suprema ha respinto il ricorso del Texas, sostenuto da centinaia di parlamentari repubblicani, diretto a sospendere la certificazione del risultato elettorali in quattro Stati dove Biden aveva vinto: Georgia, Michigan, Wisconsin e Pennsylvania (ove anche i Governatori repubblicani avevano proclamato il risultato e si erano costituiti presso la Corte contro il ricorso). Si tratta di un colpo terribile per gli indegni sforzi di Trump e dei suoi squallidi accoliti di sovvertire il risultato di una legittima elezione e quindi l’essenza stessa della democrazia.

Lunedì il Collegio elettorale dovrebbe, se non ci sono altri disperati tentativi di rinvio, proclamare eletto Joe Biden. Resta solo l’approvazione del Congresso, che è a maggioranza democratica. Giustizia, insomma, è stata fatta contro la prepotenza trumpiana, e la cosa più notevole è che a farla siano stati i giudici della Corte Suprema, di cui cinque su nove erano stati scelti dallo stesso Trump, che apertamente contava sul loro appoggio. Segno che i giudici hanno scelto di ascoltare la loro coscienza e di applicare la legge passando sopra a una inaccettabile lealtà politica. È finita? Parrebbe, ma l’irriducibile Giuliani ha provocatoriamente dichiarato che la battaglia legale continua, e c’è da pensare che anche dopo il 20 gennaio i forsennati attacchi alla legittimità del futuro Presidente continueranno (e comunque, che i Repubblicani cercheranno di modificare per il futuro  la legge che consente il voto per posta, additato come l’origine di tutte le – indimostrabili – frodi).

Su tutto un altro versante, mentre i negoziati per un accordo post-Brexit sono al limite del collasso, Boris Johnson, con tipica arroganza, ha predisposto il pattugliamento delle acque territoriali da parte di quattro moderne navi da guerra, per impedire la pesca da parte degli europei in caso di non accordo.

È l’ultimo atto di prepotente intimidazione, a cui spero che Paesi costieri, come la Francia, risponderanno debitamente. La mia conclusione non cambia. Gli inglesi non hanno posto in un’Europa cui sono alieni e nel fondo ostili. Un non accordo danneggerà un po’ tutti ma, alla fine (lo scrivo dai tempi del referendum) meglio perderli che trovarli.

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