La fretta di Renzi
Con la sua vittoria nelle primarie di dicembre, Renzi ha acquistato un ruolo da protagonista nelle vicende italiane e oltre. Guardando alla parabola di altri vincenti del PD, da Veltroni a Prodi e a Bersani, egli è però sicuramente cosciente di quanto sia effimero il capitale politico di cui gode, in un partito e in un Paese che fanno e consumano idoli a ritmo annuale. La sua ansia di non disperdere il credito di cui gode, la sua fretta di tradurlo in fatti politici concreti, sono dunque comprensibili. Se non dimostrasse di essere capace di imprimere alla nostra anchilosata politica un ritmo nuovo e rapido, di saper affrontare e sciogliere i nodi che la condizionano da vent’anni almeno, perderebbe prontamente le simpatie che la gente, dentro e fuori del PD, gli tributa e si iscriverebbe nella lunga lista delle promesse mancate, di quelli che hanno deluso il Paese e tradito le aspettative della gente. Il piglio movimentista che ha assunto sin dall’8 dicembre, oltre a corrispondere al suo carattere, è perciò una sua necessità politica elementare.
Il suo compito, con ogni evidenza, non è facile. Ha scomodato vecchie, pigre abitudini della nomenklatura del PD e la nomenklatura, come dimostra il caso Fassina, continua a opporgli una resistenza sorda, sperando evidentemente di vederlo logorarsi e tramontare. C’è da sperare che il giovane segretario non si lasci intimidire, che le cose che ha detto di voler fare cerchi di farle veramente. Sono cose che non può fare da solo, questo è evidente. Ha bisogno del sostegno della “mainstream” del suo partito, della cooperazione di un Premier che probabilmente ne condivide molti obiettivi, anche se non lo stile (Letta è paziente e felpato, Renzi irruente e abrasivo); ma anche di alleati di governo che non possono svolgere solo un ruolo di freno, perché una cosa è non voler fare da semplici corifei di un governo guidato dal PD, altra è fare la fronda ad ogni tentativo di cambiamento. Che poi sui temi di interesse generale Renzi cerchi consensi anche al di fuori della maggioranza è segno di civiltà, ma non credo che debba aspettarsi troppo da gente come Grillo o Berlusconi.
Perché Renzi riesca nei suoi propositi, ritengo siano cruciali due fattori. Il primo sta nel porsi obiettivi chiari e limitati. La fase che attraversiamo richiede poche cose precise su cui tutti a parole concordano: riduzione della spesa pubblica, rafforzamento delle istituzioni, una legge elettorale giusta ed efficace, il rilancio dell’occupazione, un’azione decisa in Europa. Sollevare ora temi cari alla sinistra come lo jus soli o il matrimonio gay (sui quali è impensabile che vi sia accordo nella maggioranza attuale o nel Parlamento nel suo insieme) significa caricare l’agenda oltre il sopportabile e fornire alibi a chi, in realtà, preferirebbe non far nulla. Sono temi di grande importanza, certamente, ma proprio per questo non possono essere trattati a colpi di diktat, secondo la volontà di un partito che non rappresenta neppure il 30% del Paese. Meglio aspettare che emerga una maggioranza omogenea in grado di affrontarli con autorevolezza.
Il secondo fattore è la pazienza, che va sempre coniugata alla pur giusta fretta: pazienza di fronte ad alleati che hanno la loro storia e le loro sensibilità e non possono essere forzati ad esser semplici stampelle della sinistra; pazienza di fronte ai tempi di un sistema decotto ma che, paradossalmente, è comunque necessario per qualsiasi passo avanti; pazienza rispetto all’azione di un Governo che procede tra mille difficoltà, ma sta avendo risultati (vedi calo dello spread, che vale da solo varie IMU). Una cosa è stimolarlo e tallonarlo, altra cosa è attaccarlo un giorno sì e uno no. Le accuse, in verità gratuite, di certi renziani più o meno autorizzati (come un signor Faraone fin qui sconosciuto ai più) danno l’impressione che, in realtà, il Segretario del PD punti solo e presto a elezioni e quindi tolgono credibilità al suoi stessi propositi di riforme in tempi brevi e in questa legislatura. Non so se la pressione su Letta e sulla maggioranza sia strategica o tattica; so però che la corda a lungo andare può spezzarsi. Insomma, Renzi, che ha dimostrato di essere bravino, ora deve provare anche di essere maturo.
Una cosa però va detta: il Segretario del PD ha posto al centro del dibattito politico alcuni temi essenziali che non possono essere più prorogati. Sarebbe davvero rovinoso se venissero ricondotti al tran-tran di un costume politico che assorbe tutto, cancella tutto, rinvia tutto. Il fattore tempo è cruciale. Nei prossimi giorni le forze della maggioranza dovranno sedersi a un tavolo e cercare, come accade in ogni Paese serio in cui sia al governo una coalizione, un accordo programmatico preciso, limitato e realizzabile. Forse non è esagerato dire che questo sarà il “litmus test” della capacità di una classe politica in affanno di riscattarsi, di voltare pagina e offrire qualche prospettiva al Paese.
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