Cronache dai Palazzi
Palazzo Chigi cede sulla governance del Next Generation Ue ma continuano i dissapori a proposito di Mes e di chi deve “gestire” l’intelligence. I confronti tra i partiti di maggioranza e di opposizione dei giorni scorsi non hanno sedato gli scontri e la crisi è tutt’altro che scongiurata anche se, di certo, si fa di tutto per evitarla, in particolar modo in questo periodo di pandemia.
Non c’è più traccia dei sei super-manager che erano stati indicati per l’esecuzione del piano europeo Next Generation, cancellati dopo la rivolta di Italia viva. “La struttura centralizzata che avrebbe sopravanzato il governo, i ministeri, prevaricato, quella task force è stata superata”, ha affermato il premier Giuseppe Conte nel salotto di “Porta a Porta”, negando tra l’altro che “sia mai esistita” una struttura del genere. Però, ha aggiunto Conte, “una struttura di monitoraggio ce la chiede l’Europa, è prevista dalle linee guida dell’Ue per aggiornare l’Europa. Avremo migliaia di cantieri: pensare che non ci sia un monitoraggio è impensabile”, ammonisce il premier.
Il governo è quindi al lavoro sul Recovery plan e il presidente del Consiglio vorrebbe formulare una versione definitiva entro la fine dell’anno, “altrimenti si potrebbero accumulare ritardi, che oggi non ci sono”. Il piano di ricostruzione si estenderà fino al 2026 e varrà oltre 300 miliardi, quindi “riguarderà anche il prossimo governo”. Sembra che, in prima istanza, l’Italia userà circa 196 miliardi messi a disposizione dall’Europa, ma circa 75 miliardi sostituiranno risorse nazionali già “previste”, in maniera da non aumentare il deficit e il debito pubblico. Mentre “i 36 miliardi del Mes ci farebbero accumulare deficit, e lasceremmo così alle generazioni future un fardello non da poco”. La questione dell’attivazione del Mes-sanitario è comunque “una prerogativa del Parlamento”, ha spiegato il premier. Mentre il ministro dell’Economia, Roberto Gualtieri, intervistato da La7, afferma che il Mes “è utile perché fa risparmiare interessi”.
Il M5S osteggia il Fondo Salva-Stati da sempre; per Italia viva si tratta di uno strumento che “ha meno condizionalità del Recovery”. Dal Pd il vicesegretario Andrea Orlando, escludendo che possano essere i dem “a far saltare tutto”, sottolinea comunque la necessità di “un metodo più strutturato” per il lavoro dell’esecutivo e la necessità di “un salto di qualità”. Nello specifico “adesso si tratta di costruire un’orchestra”, ammonisce Orlando. Per quanto riguarda la delega sui servizi, invece, il presidente del Consiglio specifica: “Non vorrei ci fossero equivoci: il premier non si è appropriato di questi poteri glieli attribuisce la legge”.
Esaminando il Recovery plan nel dettaglio, il capitolo “Rivoluzione verde e transizione tecnologica” vale circa 74 miliardi di cui 37,9 di risorse aggiuntive. La parte più cospicua viene destinata alle rinnovabili, al trasporto pubblico locale per cui si prevede un rinnovo del 14 per cento del parco autobus con mezzi alimentati in maniera ambientalmente più sostenibile (elettrico, metano, idrogeno). Confermato inoltre il piano di incentivi per l’acquisto di autoveicoli a zero o basse emissioni, ed ancora il superbonus al 110 per cento fino al 2022. Sono previsti anche impianti di smaltimento dei rifiuti urbani, come i Tmb, e per il riciclo di prodotti elettronici. Milano, Roma e Napoli sono tra le città beneficiarie.
Alla “Sanità” vanno invece 9 miliardi di euro di cui solo 7 saranno aggiuntivi, ma Conte specifica “non si tratta di 9 miliardi, perché ci sono altri progetti e stiamo parlando di 15 miliardi”. Anche per la digitalizzazione sono previsti 10 miliardi da dedicare alla Pubblica amministrazione ma quelli aggiuntivi sono solo 4,4 miliardi. Al “capitale umano”, ossia i dipendenti pubblici, sono destinati circa 2 miliardi di euro e verranno utilizzati per strutturare un portale nazionale per il reclutamento, quindi concorsi pubblici digitalizzati e decentrati, dato che le risorse verranno impiegate anche per creare dei “Poli territoriali” per il reclutamento.
Cambiamenti in vista anche per quanto riguarda i sistemi di valutazione e di remunerazione dei dipendenti pubblici, per cui è previsto “un modello di lavoro pubblico centrato sulla valutazione e remunerazione del ‘risultato’ e non più sul tempo lavorato’”. Parte dei 2 miliardi, inoltre, verrà impiegata per un “piano straordinario” di assunzioni a tempo determinato. In definitiva 35,5 miliardi di euro dei fondi europei (di cui 23 “aggiuntivi”) saranno indirizzati a innovazione, competitività, digitalizzazione e innovazione delle imprese. Per quanto riguarda quest’ultime il programma “Transizione 4.0”, già attivo e del valore di 24,8 miliardi, incentiva fiscalmente gli investimenti innovativi delle imprese. Uno stanziamento di circa 3,5 miliardi servirà invece per la realizzazione della banda ultralarga. Si prefigura la “realizzazione e messa in orbita di una Costellazione satellitare per l’osservazione e il monitoraggio ad elevata risoluzione dei territori e dello spazio extra-atmosferico (strategica per la prevenzione dei rischi ambientali e la tutela della sicurezza dei cittadini) e per l’implementazione di una rete 5G”. A cultura e turismo andranno invece 3,1 miliardi e tra i vari progetti vi è anche uno stanziamento di circa 290 milioni per il potenziamento degli studi di Cinecittà, il recupero e la digitalizzazione degli archivi di film storici.
Ma per il lavoro “servono almeno altri due miliardi”, afferma la ministra del Lavoro e delle politiche sociali, Nunzia Catalfo, che verrebbero utilizzati per “finanziare un piano per l’occupabilità dei lavoratori, un intervento fondamentale in vista della fine, a marzo, del blocco dei licenziamenti e della cassa integrazione a carico dello Stato”. Nello specifico un piano per l’occupabilità è “un intervento per superare quel paradosso che gli esperti chiamano mismatch: il fatto che ci siano allo stesso tempo persone che non trovano lavoro e aziende che non trovano lavoratori”, spiega Catalfo. “E questo perché la loro formazione e le loro competenze non sono quelle che servono alle imprese. Già oggi siamo al ventesimo posto in Europa in questa graduatoria. Senza un piano per l’occupabilità, il Recovery Fund rischierebbe di peggiorare la situazione”.
Il Recovery sembra puntare molto sul green e sul digitale “ma spingere su questi due settori senza investire nel rispettivo capitale umano rafforzerebbe quel paradosso di cui parlavamo: mancanza di lavoro e mancanza di lavoratori”, ammonisce la ministra Catalfo.
Per quanto riguarda il vaccino anti-Covid l’obiettivo è arrivare a 10-15 milioni di vaccini entro aprile e per ora Palazzo Chigi esclude l’obbligo vaccinale ma lo si valuterà per il personale sanitario. Allo Spallanzani di Roma sono arrivate le prime 9.750 dosi prodotte dalla Pfizer, a Puurs in Belgio, e dall’ospedale romano i contenitori in grado di gestire una temperatura di meno 70 gradi verranno distribuiti alle Regioni scortati dall’esercito. Si tratta di un’operazione di grande portata, coordinata dal ministero della Difesa e denominata Eos. Il ministero della Salute sta invece formando i vaccinatori con un corso online dell’Istituto superiore di Sanità.
Nel V-Day del 27 dicembre cominciano simbolicamente a vaccinarsi operatori sanitari, medici e infermieri. Da Pzifer arriveranno in Italia circa 27 milioni nel corso del 2021. Si tratta di un composto preparato sulla base di una piattaforma tecnologica costruita da BioNTech basata sull’Rna messaggero. La funzione del vaccino è trasferire nelle cellule informazioni genetiche tali da “insegnare” all’organismo a rispondere all’attacco dell’agente infettivo Sars-CoV-2. L’individuo risulta protetto a pochi giorni dalla prima dose ma l’immunità dovrà essere rinforzata dopo 3 settimane con una seconda iniezione. Per quanto riguarda gli effetti collaterali sono stati riscontrati spossatezza, febbre, mal di testa, dolori muscolari solo nel 2-4% dei casi.
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