Antartide, buco ozono sparito?
Come rende noto l’Organizzazione mondiale della Meteorologia (OMM) si è finalmente chiuso il buco dell’ozono in Antartide. E’ stato, stando a quanto affermano gli scienziati, uno dei più profondi e duraturi della storia, da che si stanno conducendo monitoraggi delle condizioni della nostra atmosfera e dei danni prodotti dall’inquinamento degli ultimi quarant’anni (come rende noto l’Omm si era rapidamente esteso dal mese agosto 2020, raggiungendo una dimensione di 24,8 milioni di chilometri quadrati lo scorso settembre, coprendo l’area corrispondente alla gran parte della superfice del continente Antartico) a causa anche e soprattutto di condizioni metereologiche e naturali straordinariamente favorevoli alla sua presenza. Vale a dire alla presenza di sostanze inquinanti che riducono lo strato di ozono nell’atmosfera.
Come specifica l’OMM il buco nell’ozono era stato provocato da un vortice polare “forte, stabile e freddo e da temperatura molto fredde nella stratosfera” (la stratosfera è lo strato dell’atmosfera tra circa 10 km e 50 km di altitudine). Infatti la riduzione dell’ozono è collegata alla temperatura della stratosfera, formandosi, le nubi stratosferiche polari, solo a temperature inferiori a -78° C.
I dati del monitoraggio condotto dall’OMM delle condizione della nostra atmosfera, dimostrano la variabilità nei diversi anni delle condizioni dell’ozono antartico e della grandezza del buco dell’ozono, migliorando la nostra comprensione delle cause che lo provocano, della sua estensione e grandezza.
Infatti l’OMM, portando avanti il Programma Global Atmosphere Watch e lavorando a stretto contatto con Copernicus Atmospheric Monitoring Service, la Nasa e l’Environment and Climate Change Canada e altri partner monitora costantemente le condizioni dell’ozono terrestre, ozono che contribuisce a proteggerci dai danni dei raggi ultravioletti del sole.
Per queste ragioni, come precisa Oksana Tarasova, Capo della divisione di ricerca sull’ambiente atmosferico dell’OMM e che supervisiona il “WMO global Atmosphere Watch – rete di stazioni di monitoraggio – è sempre più necessario dare un’accelerazione all’applicazione del Protocollo di Montreal sottoscritto nel 1987: “abbiamo bisogno – dice – di un’azione internazionale continua per applicare il protocollo di Montreal sulle sostanze chimiche che riducono lo strato di ozono. Ancora oggi ci sono abbastanza sostanze che riducono lo strato di ozono nell’atmosfera da causare la riduzione su base annuale” – conclude la Tarasova.
Protocollo ambientale multilaterale che vieta, come ricordiamo, le emissioni di sostanze chimiche che provocano la riduzione dello strato di ozono: regola la produzione e il consumo di quasi 100 sostanze chimiche individuate come responsabili della riduzione dello strato di ozono. L’ultima valutazione scientifica dell’esaurimento dell’ozono dell’OMM – Programma delle Nazioni Unite per l’ambiente – risalente al 2018, ha concluso che lo “strato di ozono è sulla via del recupero e del potenziale ritorno dei valori di ozono ai valori di ozono sull’Antartide ai livelli precedenti al 1980 entro il 2060”.
E in effetti grazie a questo protocollo il consumo globale di sostanze che riducono lo strato di ozono è stato ridotto del 98%. Di conseguenza la concentrazione atmosferica di tali sostanza si sta riducendo e l’ozono sta mostrando i primi segni di ripresa, grazie anche all’intervento UE in materia sia dal punto di vista legislativo che negoziale sul piano geopolitico internazionale con rappresentanti di altri interlocutori politici come Stati Uniti, Cina, etc.
Tuttavia il processo di recupero dell’atmosfera e di ripristino di condizioni di integrità è un processo molto lento e questo perché una volta liberate le sostanze che riducono lo strato di ozono restano nell’atmosfera molti anni e continuano a causare danni anche dopo che è terminato l’immissione di nuove sostanze nell’ambiente.
Per queste ragioni è necessario che continui a essere ridotto l’uso globale di queste sostanze, assicurare che le “branche di sostanze che riducono lo strato di ozono siano trattate secondo criteri rispettosi dell’ambiente e siano sostituite con alternative non dannose per il clima”, garantire che non si sviluppino nuove sostanze chimiche o tecnologie che potrebbero comportare l’emergere di nuove minacce per lo strato di ozono.
Gli scienziati hanno notato che l’eliminazione a livello globale delle sostanze che riducono lo strato di ozono, come ad esempio gli idroclorofluorocarburi, ha implicato un significativo contributo alla lotta contro i cambiamenti climatici così come hanno anche notato che l’eliminazione graduale di tali sostanze ha comportato un notevole aumento nell’utilizzo di altri tipi di gas, che se è vero che non danneggiano l’ozono hanno però un forte impatto sul riscaldamento globale. Di conseguenza nel 2016 si è convenuto tra i sottoscrittori del Protocollo di Montreal di aggiungere gli idrofluorocarburi – il più comune tra i gas fluorati – all’elenco delle sostanze le cui emissioni devono essere costantemente tenute sotto controllo.
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