Il legato di Trump

Sembrava che questo giorno non dovesse arrivare mai, ma il tempo è inesorabile e Trump ha finalmente lasciato Washington e la Casa Bianca. Notevole il sospiro di sollievo di tutti i principali leader europei, dalla Van der Leyen a Conte, unito all’augurio di un rinnovato rapporto transatlantico. Trump se ne va più o meno isolato, in disgrazia, abbandonato anche dal fedele Vicepresidente Pence e da molti membri della sua Amministrazione, e denunciato dallo stesso leader dei Repubblicani al Senato, McConnell, come istigatore dell’assalto del 6 gennaio al Congresso. E se ne va con un tasso di approvazione del suo operato che non supera il 36%. Di fronte a sé ha la prospettiva di un impeachment e seri guai con la Giustizia, tanto penale che civile. I suoi stessi più stridenti difensori in Senato hanno tutto l’interesse a che scompaia dalla scena politica, anche se per ora fingono di essere impegnati a sostenerlo.

Ma dietro di sé lascia una legato tremendo. Un diffuso quotidiano americano, Politico, ha elencato almeno 30 misfatti della sua presidenza, dal tentativo di abolire l’Obama-care alla detassazione dei ricchi, dalla privazione di protezione e sussidio alimentare a centinaia di migliaia di persone bisognose, dall’uscita dall’Accordo sul Clima e dall’OMS alla denuncia dell’accordo sul nucleare con l’Iran, dall’assoggettamento delle istituzioni ai suoi voleri e interessi, alla criminale sottovalutazione della pandemia, ma più che un elenco per forza di cose incompleto, serve dire che Trump lascia dietro a sé terra bruciata, un Paese diviso come non mai, un partito ormai fratturato, la messa in causa delle alleanze tradizionali, una serie di fallimenti in politica estera, la menzogna seriale elevata a sistema, una terribile distonia tra realtà e allucinazione. Ci vorrà tempo per sanare la lacerazione apportata da questo egomaniaco paranoico nel tessuto civile, e forse non basteranno i 4 anni della presidenza di Joe Biden.

Eppure, anche questa volta Trump sarebbe riuscito a farcela, come gli era sempre riuscito nella sua carriere di imprenditore, costellata da fallimenti fraudolenti, evasione fiscale e trucchi legali di ogni genere, senza due fattori decisivi: il primo è una devastante pandemia, di cui egli non è ovviamente colpevole, ma che egli ha trattato con criminale leggerezza, prima negandola, poi sottovalutandola, infine rifiutando l’avviso dei maggiori scienziati, inventandosi fantasie su cure inesistenti e ridicolizzando le misure precauzionali più ovvie. Il bilancio è di 400.000 morti, di cui chissà quanti evitabili con una gestione sensata dell’emergenza. Il secondo fattore è stato il folle, pervicace, menzognero rifiuto di accettare il risultato di un’elezione perduta, fantasticando su frodi a larga scala, tesi che nessun Giudice, nessuna Corte, a cominciare da quella Suprema, ha avallato, che i responsabili repubblicani degli Stati coinvolti hanno nella loro totalità respinto, che le due Camere del Congresso hanno rigettata con la partecipazione di molti Repubblicani e che lo stesso Ministro della Giustizia trumpiano, il fedelissimo Barr, ha dichiarato senza fondamento (circola la voce che, in un colloquio a dicembre con il Presidente, Barr abbia qualificato la teoria delle frodi con un espletivo molto eloquente). Ma forse anche per questo scandaloso comportamento Trump avrebbe potuto passarla liscia, se non ci fossero state le parole incendiarie del 6 gennaio ai manifestanti riuniti a Washington e la conseguente marcia sul Congresso. Parole che neppure il mentitore seriale può negare, perché sono state ampiamente registrate.

Dunque questo funesto personaggio lascia l’incarico con le mani sporche di sangue: sangue di centinaia di migliaia di morti per il virus, tanti evitabili con una condotta diversa, e sangue dei morti nella “battaglia del Congresso”, e se ne va nell’obbrobrio che merita.

Ha promesso che, in qualche modo, ritornerà. C’è da sperare che il grande popolo americano abbia sufficienti anticorpi da impedirlo. Si dice che penserebbe di fondare un proprio partito, il Partito dei Patrioti. Se lo facesse, si ritroverebbe a capo di una fazione di estrema destra nel gran corpo dei conservatori, consumando la rottura con e nel Partito Repubblicano. C’è quasi da sperare che lo faccia, così alla fine il suo vero volto di aspirante tirannello populista verrà definitivamente in luce.

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