Italia delle Regioni

Nonostante la crisi di governo, sul Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza si è svolta recentemente un’Audizione alla Camera dei Deputati dei rappresentanti della Conferenza delle Regioni.

Il PNRR è un’opportunità ed è una sfida importante sulla quale non è più rimandabile un confronto serio e definitivo con il sistema delle Regioni italiane”, lo  ha detto Donatella Tesei (presidente Regione Umbria), coordinatrice della Commissione Affari europei della Conferenza delle Regioni, nel corso di un’audizione di fronte alla V commissione della Camera dei Deputati, a cui hanno partecipato anche l’assessore della Regione Lombardia Davide Caparini (coordinatore della Commissione Affari Finanziari della Conferenza delle Regioni) e il Vicepresidente della Regione Campania, Fulvio Bonavitacola (coordinatore della Commissione Infrastrutture della Conferenza delle Regioni).

“Esaminando il documento del PNRR – ha spiegato la Presidente dell’Umbria – per il sistema delle Regioni ci sono alcune questioni fondamentali da affrontare. La prima riguarda il ruolo delle Regioni che hanno competenze costituzionali su molti settori dove il PNRR interviene. Le Regioni si sono proposte come soggetto catalizzatore per realizzare sul territorio gli investimenti nell’ambito delle priorità condivise fra i livelli istituzionali, ma non abbiamo mai avuto risposte. Serve un percorso condiviso per evitare ‘effetti spiazzamento’ con le Politiche di Coesione 2021-2027. Anche su questo le nostre proposte sono sul tavolo da settembre, ma non abbiamo mai avuto interlocuzioni istituzionali.

La seconda riguarda il metodo di lavoro, la governance e l’attuazione del PNRR. Nel prendere atto dei contenuti del PNRR, rileviamo che le idee e le proposte che le Regioni hanno inviato in questi mesi si ritrovano solo in parte nel testo. Ora c’è da capire la “messa a terra” del programma in progetti specifici. Le Regioni ricordano ancora una volta che quando cominceremo a confrontarci bisognerà inevitabilmente considerare prima di tutto la dimensione territoriale, cioè l’allocazione degli interventi e delle risorse: e non solo tra nord, centro e sud del Paese, ma anche tra aree metropolitane, città medie, aree rurali ed aree interne; perché questo Paese si salva tutto insieme, con le sue peculiarità e specificità. Proprio la Governance – ha sottolineato coordinatrice della Commissione Affari europei della Conferenza delle Regioni – è il presupposto per la “messa a terra” del PNRR e ne determinerà il successo o il fallimento.

La terza questione riguarda il fatto che il “pacchetto” delle risorse del Recovery Fund va considerato in modo integrato e sinergico con le risorse di React EU e della politica di coesione 2021-2027. Serve – ha proseguito Donatella Tesei – una visione comune. Fino ad oggi, lo abbiamo chiesto più volte, ma non abbiamo avuto alcuna risposta. Leggendo le tabelle del PNRR, l’utilizzo di React EU sembra sia stato già “deciso”, senza prevederne un’allocazione nella programmazione regionale. Le Risorse del REACT EU sono un supporto per favorire la ripartenza e dovrebbero essere utilizzate anche dalle Regioni, perché, non necessitando del cofinanziamento nazionale non appesantiscono i bilanci con il cofinanziamento. Sulla Programmazione 2021-2027 si è svolta una prima interlocuzione con il Ministro Provenzano, ma senza discutere la complementarietà tra PNRR e programmazione 2021-2027 e il tema del cofinanziamento a carico dei bilanci regionali, già prosciugati dall’emergenza pandemica. Occorre affrontare queste partite congiuntamente, e prevedere meccanismi in cui un maggiore sforzo finanziario sia preso in carico dal Governo.

Quarta ed ultima questione: l’attuazione degli strumenti richiede riforme, perché arriveranno molte risorse europee da spendere in pochi anni. Senza snellire i procedimenti e semplificare le norme sarà difficilissimo riuscirci. Negli incontri abbiamo già accennato alla necessità di una riforma del codice degli appalti e delle norme in materia di autorizzazioni, di una semplificazione delle procedure di spesa, di un “Piano di rafforzamento amministrativo” nazionale che preveda un’immissione di forze fresche, di un Fondo rotativo per la progettazione, perché solo una progettazione anticipata e seria permette di mettere a terra con celerità gli interventi.

Anche l’associazione dei Comuni Italiani Anci si sta occupando del “Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza”. Il presidente Anci Antonio Decaro auspica: Finanziamenti diretti a Comuni e personale per spendere presto e bene.

Queste le sue precisazioni. Sulle materie di competenza diretta degli enti locali confluiranno almeno 43 miliardi di euro del recovery plan. Fondamentale è che i finanziamenti siano diretti, che si definisca la governance e si diano ai Comuni gli strumenti necessari, a cominciare dal personale, per spendere presto e bene queste risorse.  Questi, in sintesi, sono gli argomenti che il presidente dell’Anci, Antonio Decaro, ha portato all’attenzione della commissione Bilancio della Camera che sul Pnrr ha ascoltato i rappresentanti di Comuni, Province e Regioni.

“La versione del piano approvata lo scorso 12 gennaio in consiglio dei ministri è economicamente più consistente delle bozze precedenti, perché ai 209 miliardi sono state sommate le risorse del ReactEU, del bilancio dello Stato e le risorse della nuova programmazione comunitaria, fino a raggiungere – ha calcolato Decaro – un totale di oltre 310 miliardi di euro.

Una prima analisi porta a stimare un valore di circa 43 miliardi di euro impegnati su materie di competenza diretta degli enti locali locali. La nostra valutazione complessiva del piano nazionale di ripresa e resilienza, è positiva. Apprezziamo alcune chiare indicazioni, nelle linee di finanziamento, coerenti con i 10 punti del manifesto ‘Città Italia’ che noi sindaci abbiamo concepito e consegnato al governo.  Tuttavia dobbiamo segnalare anche alcune lacune o incertezze di merito e di metodo. In particolare non riscontriamo nelle misure legate a politiche sociali e socio assistenziali, la 5 e la 6, la centralità del ruolo dei Comuni che pure assolvono una funzione essenziale per potenziare la qualità dei servizi e per rafforzare la capacità di dare risposte adeguate ai bisogni dei cittadini. Riteniamo, per esempio, che vada costruito uno snodo efficiente e robusto fra redditi di sostegno e politiche attive del lavoro che abbia al centro la persona. Uno snodo che solo il Comune può costituire”.

Altrettanto importante è il metodo di gestione e applicazione del piano. “Nel piano non ci sono elementi sulla gestione delle risorse, sulle modalità di attuazione del piano e sul ruolo operativo riservato ai Comuni – ha continuato Decaro – elementi che influiranno moltissimo su quella certezza dei tempi che la Commissione europea ci chiede. Del resto proprio la Commissione invita i governi a prevedere una legislazione che acceleri l’iter e consenta l’assegnazione delle risorse in un tempo limitato e certo”.  La direzione indicata da Decaro è quella di disporre finanziamenti diretti ai Comuni e di definire procedure più snelle, compatibili con un’attuazione rapida degli interventi. “L’altra questione fondamentale che incrocia merito e metodo – h concluso Decaro – riguarda il potenziamento del personale che dovrà attuare il piano: un piano organico straordinario per rafforzare le amministrazioni coinvolte nella realizzazione del recovery plan e per evitare il paradosso di avere le risorse ma non il capitale umano necessario per portare a termine gli interventi entro le scadenze date. Da molto chiediamo la rimozione di paletti sulle assunzioni, vecchi di oltre dieci anni, che non hanno più ragione di esistere: non è più rinviabile”.

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