UE e crisi degli alloggi
La mancanza di abitazioni a prezzi accessibili sta diventando un problema sempre più grave nell’UE, con l’aumento continuo negli ultimi anni dei prezzi delle case e degli affitti, che pesano sempre di più sui redditi dei singoli e delle famiglie. Il 21 gennaio 2021 il Parlamento ha adottato una risoluzione richiedendo agli Stati membri di riconoscere gli alloggi adeguati come un diritto umano fondamentale legalmente applicabile attraverso la legislazione. Secondo il Parlamento europeo tutti dovrebbero avere pari accesso ad abitazioni dignitose e salubri, collegate a tubature che forniscano acqua potabile di qualità, con efficienza energetica, fognature e servizi igienici adeguati. La risoluzione pare avere risolto definitivamente il problema filosofico-economico se la casa debba essere considerata una merce o una necessità per i cittadini.
La situazione prezzi ha iniziato a precipitare già a partire dal 2016, quando in tutta Europa, si è registrato il più elevato aumento dei prezzi degli alloggi in vendita sin dalla crisi finanziaria del 2008. Con un aumento del 4,4 per cento nel 2016 (contro il 4 per cento registrato nel 2015 e il 2,5 per cento del 2013), stando alla seconda edizione del rapporto sulla situazione abitativa in Europa, pubblicato da Housing Europe, una federazione di proprietari di alloggi popolari pubblici e cooperativi che detiene 26 milioni di alloggi in 24 paesi europei. Lo scorso anno dieci paesi hanno superato la soglia d’allerta, stabilita dall’Unione europea, del 6 per cento di crescita annuale dei prezzi degli alloggi al netto dell’inflazione, tra cui il Portogallo (+6,1 per cento), l’Irlanda (+6,6 per cento), la Repubblica Ceca (+6,7 per cento) e la Svezia (+7,6 per cento). Il rapporto prezzo-reddito degli alloggi è il criterio più comune per misurarne l’accessibilità. Tra il 2010 e il 2018 circa il 10% della popolazione dei 27 paesi UE ha speso più del 40% del proprio reddito disponibile nelle spese per l’alloggio: in Italia la percentuale nel 2018 era dell’8,2% secondo l’Eurostat. Secondo l’Istat, la spesa media mensile nel 2019 per un’abitazione in affitto è stata di 579 euro, di 242 euro per le abitazioni di proprietà. Negli ultimi tre anni i prezzi delle case nell’UE sono saliti in media del 5%. La spesa per le case popolari (trasferimenti e capitale) dei governi rappresenta solo lo 0,66% del PIL europeo. Gli alloggi inadeguati costano alle economie UE 195 miliardi di euro ogni anno.
La crisi degli alloggi è un problema per tutti e la situazione si è aggravata particolarmente per i proprietari a basso reddito e gli affittuari privati ma anche le persone con un reddito medio sono gravate dai costi di affitto e di manutenzione. Questo è vero specialmente per i genitori soli, per le famiglie numerose e per i giovani al loro primo impiego, con un reddito troppo basso per il mercato degli affitti e troppo alto per essere considerati idonei all’accesso per le case popolari. Si stima (anche se è un numero da considerarsi solo come ordine di grandezza) che 700 mila persone nell’Unione Europea non abbiano una casa e siano costrette a dormire per strada o in rifugi di emergenza, il 70% in più di 10 anni fa. La crisi del coronavirus ha dato nuova luce al problema degli alloggi, dal momento che troppe persone sono costrette a passare molto più tempo (a volte a trascorrere tutto il periodo di lockdown) in abitazioni non consone e dignitose. Una famiglia su 12 non riesce a scaldare l’abitazione e il 15,7% degli europei vive in condizioni di sovraffollamento, il 4% sperimenta una deprivazione abitativa severa (vive in una casa con un tetto che perde, non dotata di un bagno con doccia o servizi igienici interni, o ha una casa troppo buia). Il 13,3% vive fra pareti piene di umidità. Si calcola infine che 3 famiglie su 100 e 8 famiglie povere su 100 siano in ritardo con la rata del mutuo o con l’affitto.
La trasformazione degli alloggi in investimenti finanziari è una delle cause principali dell’aumento dei costi. Le persone comprano una seconda abitazione per ottenere un reddito supplementare e per integrare le loro pensioni. Gli investimenti stranieri fanno salire i prezzi delle case e le piattaforme come Airbnb riducono il numero delle abitazioni disponibili per i residenti, specialmente nel centro città. Oltre a tutto questo ci sono differenze significative tra i vari stati membri quando si tratta di politiche sulle case popolari. Il problema è stato evidenziato dal rapporto biennale curato dall’Housing Europe Observatory, pubblicato nell’ottobre 2019, sulla condizione abitativa in Europa, e l’emergenza sanitaria ha ulteriormente evidenziato l’urgenza di una strategia dell’Unione in materia di alloggi sociali a prezzi accessibili. Cento città, regioni e gli eurodeputati hanno proposto un piano per fronteggiare la crisi abitativa e tutelare il territorio, ma la competenza è degli Stati membri. Intanto l’Unione ha già messo a punto il Renovation Wave, un progetto volto a favorire un’edilizia sociale fatta di infrastrutture sostenibili che riducono l’impatto sull’ambiente.
La situazione italiana emersa dal rapporto biennale sottolinea che solo il 4 per cento della popolazione ha un alloggio con affitto concordato, mentre l’11 per cento ha accesso a case sovraffollate o carenti di servizi di prima necessità. Inoltre, sono 700.000 gli alloggi pubblici disponibili, a fronte di 650.000 richieste già approvate: pertanto il numero degli iscritti alle liste di attesa municipali è quasi pari al numero di alloggi esistenti. Un’iniziativa interessante in tal senso arriva dalla città di Bologna che ha stanziato 61 milioni per creare entro il 2020 mille case, in collaborazione con l’Azienda case Emilia-Romagna (Acer). Finita l’emergenza della prima ondata della pandemia, i prezzi hanno ricominciato a salire. Il portale Housing Anywhere ha condotto un’indagine sui prezzi degli affitti nel terzo trimestre del 2020, rispetto ai mesi del lockdown, analizzando 102.169 annunci immobiliari disponibili sulla piattaforma tra luglio 2019 e settembre 2020. In Europa si sta assistendo a una ripresa dal calo legato al Covid, soprattutto a Firenze, Torino e Parigi che hanno registrato i maggiori aumenti in questo trimestre. Parigi è ora la città più costosa d’Europa in termini di affitti, con bilocali a 1755 euro e stanze a 662 euro, mentre i prezzi di Londra crollano poiché molti affittuari hanno lasciato la città e, rispetto agli anni precedenti, sono arrivati meno expat e studenti internazionali. A Firenze invece un bilocale si trova a 937 euro e una singola a 431, nonostante sia tra le cinque città europee, insieme a Torino, Milano, Roma e Berlino (quattro su cinque sono italiane, sono evidenti quindi le conseguenze della prima ondata da coronavirus), che hanno subito il calo di affitti più drastico, rispetto al terzo trimestre del 2019.
Gli eurodeputati hanno chiesto agli Stati membri di collaborare sugli investimenti per i finanziamenti sociali con i partner sociali, la società civile e il settore privato e di affrontare la discriminazione dei gruppi vulnerabili sul mercato edilizio. Il Parlamento europeo ha inoltre richiesto alla Commissione di presentare delle proposte legislative entro la prima metà del 2021 per affrontare il trattamento delle abitazioni come beni negoziabili invece che come un diritto fondamentale. Alla Commissione e agli stati membri ha richiesto inoltre di investire maggiormente in abitazioni popolari, pubbliche, efficienti dal punto di vista energetico, adeguate e accessibili economicamente.
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