Cronache dai Palazzi
Un governo di emergenza improntato a uno “spirito repubblicano”, come auspicato dal presidente Mattarella, per il bene dell’Italia e scevro di alchimie politiche. In questo momento storico così difficile “l’amore per l’Italia” sembra essere l’unico collante in grado di neutralizzare le differenze, in sostanza “oggi l’unità non è un’opzione, l’unità è un dovere”, ha ammonito il neopremier Mario Draghi. Parlando ai senatori e a tutti i parlamentari il nuovo presidente del Consiglio ha sottolineato: “Abbiamo la responsabilità di avviare una Nuova Ricostruzione”, in sostanza the time is now.
Il compito più gravoso per il nuovo governo, e per tutte le forze politiche riunite attorno alla crisi multipla generata dall’epidemia da Covid, è la sfida di trasformare una crisi storica in un’opportunità di crescita e di sviluppo altrettanto unico, anche grazie ai fondi messi a disposizione dall’Ue per la ricostruzione: “210 miliardi in sei anni per far crescere la nostra economia” che appartengono al Recovery fund, mentre la quota di prestiti aggiuntivi dovrà essere “modulata in base agli obiettivi di finanza pubblica”. Ai partiti Mario Draghi non chiede né un passo indietro né di rinunciare alla propria identità, bensì una passo in avanti per impegnarsi a risolvere i problemi reali, quotidiani, di famiglie e imprese.
Digitalizzazione e banda larga, 5G, Innovazione, competitività, transizione ecologica, cultura, infrastrutture per una mobilità sostenibile, alta velocità, fonti rinnovabili: il Piano nazionale di Ripresa e Resilienza (PNRR) dovrà essere rafforzato per indicare gli obiettivi da raggiungere nell’arco di un decennio, perché il 2026 è la “tappa intermedia” in quanto occorre guardare al 2030 e poi al 2050, “anno in cui L’Europa punta a zero emissioni nette di CO2”.
L’ancoraggio internazionale che il nuovo premier rivendica per l’Italia e per il proprio governo rappresenta inoltre la bussola alla quale riferirsi: sarà un governo “nel solco dell’appartenenza all’Unione europea e come protagonista dell’Alleanza atlantica”. Ed inoltre, “sostenere questo governo significa condividere l’irreversibilità dell’euro” – ha sottolineato il premier – e la prospettiva di un’Unione europea sempre più integrata”. Nello specifico “dobbiamo essere orgogliosi del contributo italiano alla crescita e allo sviluppo dell’Unione europea. Senza l’Italia non c’è l’Europa. Ma fuori dall’Europa c’è meno Italia”. In definitiva “gli Stati cedono sovranità nazionale per acquisire sovranità condivisa” perché in verità “non c’è sovranità nella solitudine”.
“Deve essere la percezione a guidare l’azione”, ha ricordato Draghi: una percezione di futuro intesa prima di tutto come un dovere nei confronti delle nuove generazioni. “Esprimo davanti a voi, che siete i rappresentanti eletti degli italiani – ha affermato il premier -, l’auspicio che il desiderio e la necessità di costruire un futuro migliore orientino saggiamente le nostre decisioni, nella speranza che i giovani italiani che prenderanno il nostro posto, anche qui, in quest’Aula, ci ringrazino per il nostro lavoro e non abbino di che rimproverarci per il nostro egoismo”. Occorre necessariamente lavorare tutti insieme “senza pregiudizi e rivalità”, nonostante la distanza che molto spesso separa le diverse idee.
Le risorse economiche sono “sempre scarse” ma occorre investirle al meglio, dopo anni di debito pubblico eccessivo. “Ogni spreco oggi è un torto che facciamo alle prossime generazioni, una sottrazione dei loro diritti”, ha ammonito Draghi che con coscienza ha aggiunto: “Spesso mi sono chiesto se la mia generazione stia facendo per i nostri figli e i nostri nipoti quello che i nostri padri e i nostri nonni hanno fatto per noi, sacrificandosi oltre misura”.
L’ex presidente della Bce prefigura un Paese “migliore e più giusto”, in cui i giovani talenti non siano costretti a fuggire all’estero e le donne siano libere di lavorare senza dover necessariamente scegliere tra maternità e lavoro.
Occorre avere il “coraggio delle visioni” e perseguire “la qualità delle decisioni”, per prefigurare un futuro di fiducia e di speranza, un orizzonte di crescita economica, di progresso civile e culturale. Per avere un Paese “migliore e più giusto” è necessario inoltre realizzare “una vera parità di genere” che “non significa un farisaico rispetto di quote rose richieste dalla legge: richiede che siano garantite parità di condizioni competitive tra generi”. Il governo Draghi intende “lavorare in questo senso, puntando a un riequilibrio del gap salariale e a un sistema di welfare che permetta alle donne di dedicare alla carriera le stesse energie dei loro colleghi uomini, superando la scelta tra famiglia e lavoro”. In sostanza una reale “parità di condizioni competitive tra generi”.
Una sorta di “giustizia sociale” che passa attraverso le persone, e quindi anche attraverso i generi, ma anche attraverso una meritocratica redistribuzione e attribuzione del reddito, in sostanza attraverso un giusto riconoscimento sociale ed economico che non tolleri diseguaglianze di genere e di nessun tipo.
A proposito di squilibri, infatti, “il nostro sistema di sicurezza sociale è squilibrato, non proteggendo a sufficienza i cittadini con impieghi a tempo determinato e i lavoratori autonomi”. Per quanto riguarda le previsioni economiche la Commissione europea ha indicato che, “sebbene nel 2020 la recessione europea sia stata meno grave di quanto ci si aspettasse (quindi già fra poco più di un anno si dovrebbero recuperare i livelli di attività economica pre-pandemia), in Italia questo non accadrà prima della fine del 2022”, ha spiegato Draghi denunciando la crisi in atto.
La dignità nazionale è comunque superiore a qualsiasi altra cosa. Occorre procedere con “orgoglio” e “determinazione”, perché “siamo una grande potenza economica culturale”. La politica e le istituzioni hanno il dovere di impegnarsi per riparare “il disastro sanitario ed economico” che opprime il nostro Paese ormai da troppo tempo (ben prima del Covid, Draghi ha infatti citato anche la crisi del 2008 e quella del 2011), mortificandolo sul fronte del lavoro e della società civile.
Occorre supportare la rinascita di famiglie ed imprese perché il Paese deve tornare a vivere e a produrre. Non a caso programma, pandemia e Paese sono le parole più frequenti nel discorso di insediamento del capo del governo. A seguire: cittadini, governo, politiche, investimenti, sistema, donne, lavoratori, riforme, formazione, italiani, obiettivi, e il verbo “dobbiamo”.
Occorre “generare reddito, creare lavoro, invertire il declino demografico”. È necessario “sviluppare la capacità di attrarre investimenti privati, nazionali e internazionali” e per realizzare tutto ciò occorre “creare un ambiente dove legalità e sicurezza siano sempre garantite”, oltre che “irrobustire le amministrazioni meridionali”. Le parole chiave per la ripresa sono infatti “benessere, autodeterminazione, legalità e sicurezza”, che sono anche principi “strettamente legati all’aumento dell’occupazione nel Mezzogiorno”.
In sostanza si potrà realizzare una vera “Ricostruzione”, sia sul fronte sociale sia sul piano economico, solo con il “sostegno convinto di questo Parlamento”, tanto da permettere all’esecutivo di mettere nero su bianco “un insieme di politiche monetarie e fiscali espansive”, che favoriscano investimenti e generino domanda anche e soprattutto per nuove attività sostenibili che rispettino l’ambiente, in quanto “vogliamo lasciare un buon pianeta, non solo una buona moneta”.
Per ora siamo ancora nel campo delle nobili intenzioni. Da adesso in poi la nuova e variegata squadra dell’esecutivo si dovrà misurare e confrontare con la realtà e la pratica dei fatti. Conquistato il Palazzo occorrerà fin da subito uscire dal Palazzo e impegnarsi, al meglio, per risolvere i problemi posti dal Paese reale cercando di mettere a tacere le divergenze e gli egoismi di parte.
Vaccinazioni, scuola, assunzioni, sanità territoriale, gestione oculata del Recovery fund, legalità ed anche una pubblica amministrazione più snella e una giustizia civile più efficiente sono le priorità che le diverse forze politiche al governo dovranno necessariamente condividere per il bene del Paese. “È la farraginosità degli iter il terreno fertile in cui si annida l’illecito”, ha affermato Draghi di fronte all’Aula di Montecitorio.
È doverosa una sorta di tregua politica ed istituzionale che comunque metterà a dura prova la tenuta dell’esecutivo. Solo in questo modo, però, si potranno rimettere insieme tutti i pezzi di un’Italia distrutta dalla crisi sanitaria ed economica ed anche fare le riforme perché, come diceva Cavour, “le riforme compiute a tempo, invece di indebolire l’autorità, la rafforzano”. In questo frangente, però, “dobbiamo occuparci di chi soffre adesso, di chi oggi perde il lavoro o è costretto a chiudere la propria attività”, ha ammonito Mario Draghi.
In sostanza, la tenuta della maggioranza non è scontata ma necessaria. Al contrario avremmo un Paese allo sbando, che non avrà saputo cogliere l’opportunità di cambiare per migliorarsi. Complesso, comune, concreto: è questo lo stile Draghi che aspira a traghettare l’Italia fuori dal tunnel della pandemia, “con ogni mezzo” ritenuto possibile – tra il “miracolo” del vaccino e il “sacrificio” richiesto a tutti i cittadini (governanti compresi) – che è un’altra formula per dire whatever it takes.
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