Cronache dai Palazzi
Governo all’opera. Avanzano le questioni pratiche a partire dalla campagna vaccinale, ed ancora le nuove norme sulle chiusure e le varie zone di colore per fronteggiare l’epidemia da Covid, per finire con la situazione sociale legata in primo luogo al lavoro e all’occupazione che rappresenta il grande problema del nostro Paese in questo frangente.
“La situazione attuale è difficile – ha ribadito il presidente del Consiglio europeo, Charles Michel, in videoconferenza con i leader europei, tra cui il premier Draghi, per fare il punto sulla pandemia dopo un anno di Covid 19 – la pressione è molto forte in tutti gli Stati membri e le aspettative tra i cittadini sono molto elevate perché vogliono ritrovare la possibilità di vivere in una società aperta”.
I diversi leader hanno difeso il dialogo con i vari gruppi farmaceutici esigendo però chiarezza e regole ferree per le aziende che non rispettano i contratti. Cautela inoltre per quanto riguarda l’ipotesi di vietare l’export di fiale, per non compromettere la filiera produttiva che per alcune componenti dipende dall’estero. Fino ad oggi sono 29 milioni le dosi di vaccino contro il Sars-Cov-2 somministrate nell’Ue e circa il 4,1% degli europei ha avuto la prima dose, cifre ancora lontane dalla cosiddetta “immunità di gregge”, senza la quale la situazione economica e produttiva continuerà ad essere compromessa e la ripresa ancora fragile.
Il premier Draghi preme sia per ottenere dalle Ue un “via libera” alla produzione dei vaccini in Italia, sia per accelerare l’intera operazione. Una campagna vaccinale più efficiente e tempestiva ridurrebbe anche il bacino di diffusione delle varianti, presenti e future. “Le aziende che non rispettano gli impegni non dovrebbero essere scusate”, è stato il monito di Mario Draghi a proposito di forniture di dosi vaccinali. Seguendo l’esempio di Regno Unito e Stati Uniti che tengono soprattutto per loro le dosi di vaccino anche l’Europa dovrebbe fare altrettanto.
Draghi ha inoltre avanzato l’ipotesi di poter acquistare altri vaccini al di fuori dell’Unione europea e ha auspicato di non lanciarsi in progetti troppo ambiziosi di donazione e distribuzione dei vaccini a Paesi terzi, pur condividendo le ragioni etiche e geopolitiche di tali piani come il Covax, che garantirebbe l’accesso globale ai vaccini anti Covid. In questo frangente occorre concentrarsi sulla situazione del nostro Continente, ha sottolineato Draghi agli altri leader europei, ricordando inoltre la necessità di un metodo comune per quanto riguarda i test, un’attività di coordinamento per l’autorizzazione all’export, oltre a una maggiore trasparenza e condivisione dei dati.
Draghi sembra voler capitanare di fatto il fronte europeo dei vaccini, contribuendo alla costruzione di un’asse in grado di difendere e rassicurare il vecchio Continente, di fronte a Stati Uniti e Regno Unito che avanzano più velocemente sul fronte delle vaccinazioni.
“Occorre correre sui vaccini, perché anche in questo l’Europa si è dimostrata inaffidabile”, ha ammonito il leader della Lega, Matteo Salvini, aprendo di fatto una discussione pubblica anche per quanto riguarda le nuove chiusure, estese fino alle prossime festività pasquali con il nuovo Dpcm che sarà in vigore dal 6 marzo al 6 aprile, dopo essere stato condiviso con Regioni e Parlamento. Palestre, piscine, cinema e teatri ancora chiusi (cinema e teatri potrebbero riaprire con le dovute accortezze il 27 marzo); divieto di spostarsi tra le Regioni anche se se sono in fascia gialla. Chi vive in fascia rossa o arancione scuro non può uscire dal proprio comune di residenza e non può recarsi nemmeno nelle seconde case. Quest’ultime possono invece essere raggiunte da coloro che vivono in fascia gialla o arancione, anche se le seconde case sono fuori regione tranne se, ovviamente, si trovano in zona rossa o arancione scuro.
L’apertura dei ristoranti la sera continua ad essere vietata, nonostante le richieste avanzate oltre che esplicitamente dal leader leghista anche da diversi governatori, come Stefano Bonaccini, e dalle associazioni di categoria. Gli scienziati considerano troppo alto il rischio eventualmente generato dalla circolazione delle persone e soprattutto dagli assembramenti. Inalterato il coprifuoco, l’obbligo di mascherina all’aperto e al chiuso, il distanziamento. Il governo Draghi si prefigge comunque di comunicare con un certo anticipo le misure adottate, “per consentire ai cittadini e ai titolari delle attività di organizzarsi”, e promette “congrui ristori” in tempi ragionevoli, per tutti coloro “che stanno pagando a caro prezzo le misure di contenimento”.
Per poter percorre l’ultimo miglio, in Parlamento il ministro della Salute Roberto Speranza ha invocato l’unità, chiedendo a tutti i cittadini di rispettare le “buone pratiche” e ai partiti di contenere le polemiche. Per quanto riguarda i vaccini, Speranza ha assicurato che “i ritardi di alcune forniture” non comprometteranno la buona riuscita dell’operazione: “Il Covid, con il progressivo aumento delle consegne dei vaccini è destinato a essere arginato”.
“L’Italia non si rassegna alla riduzione delle dosi”, e di concerto con l’Ue il governo italiano sta “esercitando il massimo di pressione” sulle aziende produttrici per ottenere le forniture in tempi certi ed efficaci. Quello del ministro Speranza è un messaggio di “ragionata fiducia” per il futuro del nostro Paese, in cui il numero dei morti per Covid sfiora la soglia dei centomila. Si intravede comunque “una luce in fondo al tunnel” anche se non è ancora il momento di abbassare la guardia”, ha ammonito il responsabile della Salute.
“Confermo che consegneremo all’Europa 180 milioni di dosi nel secondo trimestre dell’anno, di cui 20 milioni all’Italia”, afferma a sua volta Lorenzo Wittum, amministratore delegato di AstraZeneca Italia, intervistato dal Corriere della Sera. Nel nostro Paese dovrebbero arrivare oltre 5 milioni di dosi entro fine marzo e non i 3,4 previsti in precedenza, anche se all’inizio erano 8 milioni le dosi pattuite. In totale dovrebbero essere 25 milioni le dosi arrivate in Italia entro fine giugno.
Wittum sottolinea che “una produzione di tipo biologico è complessa: richiede il rispetto di tempi e passaggi precisi. Le cellule virali vengono tenute per tre settimane in bioreattori perché si possano replicare: una volta terminato il processo, da un litro di materiale si ottengono 3-4 mila dosi. In teoria la nostra capacità produttiva è di 50 milioni di dosi al mese – spiega Wittum –, ma ci possono essere rallentamenti, come si è visto nei mesi scorsi. Ogni lotto viene sottoposto a un centinaio di test di qualità, basta una ritardo su un solo test per allungare i tempi”. Per quanto riguarda le varianti AstraZeneca prevede la somministrazione di una terza dose, oltre al lavoro di ricerca su nuove versioni del vaccino.
“Siamo fiduciosi”, ha affermato la presidente della Commissione Ue, Ursula von der Leyen, rassicurando che il target del 70% di popolazione adulta vaccinata entro l’estate è comunque un target raggiungibile. La Commissione europea ha subìto delle critiche dure per quanto riguarda la gestione dei contratti e delle consegne dei vaccini, soprattutto dopo il caso AstraZeneca che nel primo trimestre ha tagliato le forniture di circa il 60%, privilegiando i rapporti con il Regno Unito.
Il premier Draghi sembra aver fatto richiesta di una spinta ulteriore esigendo delle certezze e non solo previsioni rassicuranti. I diversi leader europei sono d’accordo sulla necessità di una concreta accelerazione per quanto riguarda tutte le fasi della campagna vaccinale: autorizzazione, produzione ed infine la distribuzione. A tale proposito la Commissione europea ha strutturato un apposito gruppo di lavoro guidato dal commissario all’Industria Thierry Breton.
“Dobbiamo prepararci a una situazione in cui dovremo vaccinarsi per anni a causa delle varianti del Covid-19”, ha ammonito la cancelliera Angela Merkel. Mentre il presidente francese Emmanuel Macron ha preannunciato che “l’Ue si doterà della capacità di produrre dalla fine dell’anno vaccini in modo più autonomo e in modo permanente”. La raccomandazione di base rimane comunque quella di “mantenere rigide restrizioni mentre intensifichiamo gli sforzi per accelerare la fornitura dei vaccini”. Rispettando i principi di proporzionalità e non discriminazione, inoltre, “deve essere garantito il flusso senza ostacoli di beni e servizi all’interno del mercato unico, anche ricorrendo a green lanes”. Per quanto riguarda il certificato vaccinale o “passaporto di immunità”, come è stata denominato, non sarà un vero e proprio passaporto sanitario ma potrebbe rappresentare una corsia preferenziale per i viaggi, un tema caro soprattutto ai Paesi dell’Europa meridionale che vorrebbero poter contare sul turismo in estate. Più scettici invece Germania, Francia, Belgio e Paesi Bassi, secondo i quali sarebbe ancora presto parlare di passaporto di immunità data l’esigua percentuale di vaccinati nei Paesi dell’Unione e anche perché non ci sono ancora dei dati certi per quanto riguarda la durata dell’immunità.
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