Un mondo che cambia
Un tale mi venne a domandare: Quante fragole crescono in mare?”. Io gli ho risposto di mia testa: “Quante sardine nella foresta?”. Sono i versi di una poesia di Gianni Rodari dal titolo Domande, contenuta in una raccolta destinata ai più piccoli. Le domande poste tra i due protagonisti sembrano a dir poco paradossali, ma rientrano in un gioco di fantasia usato per far capire come anche una domanda banale possa essere ridicola o mal posta. Oggi esempi del genere sono innumerevoli ma possiamo usarli per porci domande che portano a riflessioni simpatiche o, talvolta dal sapore amaro.
Chi ha superato i venti anni, ed ha la fortuna di averli ancora, vada dai suoi nonni a chiedere a quale età hanno mangiato il loro primo avocado; o una papaya. Domanda sciocca dopo che ci abbiamo riflettuto; lo stesso vale per i kiwi, a dispetto che l’Italia è oggi uno dei principali produttori al mondo, questa bacca originaria dalla Cina si è diffusa in Europa nella seconda metà del novecento. Inoltre a causa del suo ciclo di coltivazione e maturazione, come molti altri frutti, ammesso che si trovasse sui banchi del fruttivendolo, la sua distribuzione sarebbe stata limitata a pochi mesi e a zone dove potesse arrivare prima della definitiva maturazione. E chissà a quale età un nonno abruzzese o valdostano ha potuto mangiare una spigola fresca. Tolti i pesci di fiume, i sistemi di conservazione permettevano solo pesce essiccato, affumicato o sottolio.
Adesso domandiamo ai nonni dove hanno fatto il viaggio di nozze. I più fortunati tra la fine degli anni 50 e la fine dei 60 possono essere arrivati a Roma, Venezia, Firenze; magari in treno e godersi il lusso di un vagone letto. I più probabilmente si sono recati al paese di origine a far conoscere lo sposo o la sposa ai parenti e, con l’occasione, ricevere il regalo di nozze che non era stato portato ad un pranzo a cui i parenti non sarebbero potuti andare. Parigi forse la meta più esotica da benestanti.
Rispetto ai nonni la maggior parte dei genitori è stata più fortunata e probabilmente si sono potuti concedere Messico, Maldive, Tailandia o il coast to coast americano; se proprio andava male i viaggi organizzati e le crociere portavano almeno alle Canarie o alle Baleari.
Qualcuno tra i nonni la prima volta che ha lasciato la città di origine, forse l’unica, è stato quando ha preso treno e corriera per fare il militare. Piccole riflessioni che ci ricordano come, in poco più, o forse meno, di cinquanta anni, abbiamo assistito a più cambiamenti di quanti non ve ne siano stati almeno nei tre secoli precedenti.
Esagerazioni? Fino alla prima metà dell’ottocento il figlio di un contadino era analfabeta, come il padre e, difficilmente avrebbe anche solo immaginato di fare un lavoro diverso. Solo dopo la prima guerra mondiale il tasso di analfabetismo scese seppur fino al 1951 in molte regioni era ancora superiore al 20% con un picco del 32 in Calabria. Iniziano dagli anni sessanta le immagini degli italiani che, al mattino, leggono un quotidiano e introducono nelle case, come oggetti per tutti e non per i privilegiati, televisori, frigoriferi e lavatrici comprate a cambiali: l’equivalente delle attuali “comode rate mensili”. E che emozione e quale investimento era cambiare la macchina? Un episodio a volte epocale per la famiglia media italiana che oggi ha il frigorifero collegato a internet.
Dagli anni ottanta il progresso, il cambiamento, la voglia di nuovo e di cambiare sono entrati nel quotidiano quasi in maniera strisciante: forse subdola. La possibilità di avere la TV accesa h 24 che ci proponeva ogni giorno un prodotto diverso non ci ha permesso di realizzare, né tantomeno apprezzare e comprendere questa evoluzione.
Ci siamo talmente abituati a vedere ogni giorno un nuovo modello di cellulare che abbiamo perso quel piacere passato di provare un nuovo gusto di gelato quando ci veniva proposto rigorosamente in estate quando era la stagione del gelato.
Adesso i nonni possono mangiare tranquillamente avocado e papaya pur avendo vissuto oltre metà della loro vita senza sapere della loro esistenza e senza sentirne il bisogno; i nipoti non vedono l’ora che esca il nuovo cellulare per sostituire quello che ha appena compiuto sei mesi. Attenzione: non si vuole con queste parole dire che si stava meglio quando si stava peggio né cadere in luoghi comuni triti e detriti: ci limitiamo a prendere atto dello stato dell’arte.
A proposito: due brevi osservazione ma che la dice molto lunga. La prima: in Italia, oggi, l’età media per prendere la patente è aumentata e, in alcune regioni, sembra sia ventidue anni; all’epoca dei nonni, ma anche dei genitori, si prendeva poco dopo il compimento del diciottesimo anno. La seconda: da quando internet è entrato nel nostro quotidiano, è aumentato il tasso di analfabetismo funzionale. Anche questo è un cambiamento.
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