Cronache dai Palazzi
Dopo un periodo di calma apparente, la curva dell’epidemia torna ad impennarsi: nell’arco di una settimana (24 febbraio-2 marzo) secondo i dati della Fondazione Gimbe i contagi sono aumentati del 33%, con oltre 3 milioni di casi in tutto il Paese. “È l’inizio della terza ondata– ha affermato Nino Cartabellotta, presidente della Fondazione – che trova la strada spianata. Le zone rosse vengono decise troppo tardi e la campagna vaccinale fatica a decollare”.
Fino ad ora 1,5 milioni di italiani ha ricevuto entrambe le dosi del vaccino e in tutto sono state somministrate 4,9 milioni di dosi. In aumento i ricoveri, anche per i giovani e i giovanissimi – l’età media è inferiore ai 50 anni – e sono in crescita anche i posti nelle terapie intensive. “I prossimi quindici giorni saranno decisivi, dobbiamo monitorare l’effetto delle ordinanze sul cambiamento di fascia”, hanno chiarito i ministri della Salute Roberto Speranza e degli Affari regionali Mariastella Gelmini.
Il nuovo Dpcm, in vigore dal 6 marzo fino al 6 aprile, “copre” il periodo delle vacanze pasquali ritenute un periodo a rischio per quanto riguarda i contagi, al pari delle vacanze natalizie e anche di più per l’avvicinarsi di una stagione più mite e quindi più predisposta ai contatti sociali, che sono ritenuti i veri responsabili della diffusione del virus e delle sue varianti.
La fascia “arancione rafforzato” è subentrata proprio per cercare di intervenire là dove la variante inglese, in primo luogo, attecchisce maggiormente ossia tra i più giovani. “La variante sta picchiando duro sulle scuole”, ha affermato la ministra Gelmini. La differenza principale rispetto all’arancione classico riguarda per l’appunto le scuole. L’impennata dei contagi nella fascia di età tra i 10 e i 19 anni ha di fatto ripristinato la didattica a distanza nelle zone più colpite dalle varianti anche se tutto ciò potrebbe non bastare.
In fascia arancione rafforzato sono chiuse tutte le scuole di ogni ordine e grado, fatta eccezione per gli asili nido. Vi sono però delle deroghe che riguardano gli alunni disabili, per i quali restano le attività laboratoriali, e gli studenti “figli di personale sanitario e di altre categorie di lavoratori, le cui prestazioni siano ritenute indispensabili per la garanzia dei bisogni essenziali della popolazione” affinché possa a loro essere garantita la didattica in presenza.
In arancione rafforzato non sono inoltre consentiti gli spostamenti nelle seconde case, sia se ubicate all’interno della propria regione sia se ubicate fuori regione, tranne gravi situazioni di necessità, né sono consentite le visite a parenti ed amici, nemmeno all’interno del proprio comune. Gli spostamenti tra le Regioni sono comunque vietati fino al prossimo 27 marzo. Con le dovute cautele rimangono aperti centri estetici, parrucchieri e negozi; chiusi bar, ristoranti (consentito l’asporto e la consegna a domicilio) e nel weekend rimangono chiusi i centri commerciali. Accessibili anche ville, parchi e giardini pubblici che restano disponibili nel rispetto del distanziamento.
A proposito di export delle dosi di vaccino, con l’avvallo dell’Ue, l’Italia ha detto no alla richiesta di AstraZeneca di esportare in Australia 250 mila vaccini prodotti nello stabilimento di Anagni, così come stabilito con il meccanismo di notifica per l’esportazione di vaccini anti-Covid fuori dall’Unione europea, elaborato dalla Commissione a fine gennaio per tenere sotto controllo i flussi di dosi. Si tratta di un meccanismo di controllo fortemente voluto dal commissario Ue per il Mercato interno, l’Industria e il Digitale, Thierry Breton, che guida la task force istituita da Bruxelles all’inizio di febbraio per potenziare la produzione di vaccini all’interno dell’Unione lavorando con aziende e governi. In settimana Breton ha incontrato anche il ministro dello Sviluppo economico Giancarlo Giorgetti per discutere della produzione dei vaccini nel nostro Paese.
“Le aziende che non rispettano gli impegni non dovrebbero essere scusate”, ha puntualizzato la scorsa settimana il premier Mario Draghi nel corso del Consiglio europeo del 25 febbraio, e il nostro è il primo Paese dell’Unione ad aver fermato uno stock di dosi destinato ad essere esportato fuori dall’Ue. Il meccanismo di controllo per l’esportazione dei vaccini è stato attivato dopo che la casa farmaceutica britannico-svedese AstraZeneca aveva annunciato un taglio del 60% delle dosi destinate all’Unione europea nel primo trimestre, contravvenendo alle regole del contratto stipulato in precedenza, senza però ridurre le dosi destinate al Regno Unito. Dopo lo scontro con Bruxelles la riduzione delle forniture è stata limitata al 25%, depotenziando e rallentando comunque le campagne vaccinali dei diversi Paesi europei già in affanno.
Non si tratta di scarsa solidarietà verso Paesi terzi o ancor di più nei confronti di Paesi che dispongono di meno risorse rispetto agli Stati europei, ma è una “questione di “credibilità” in virtù della quale l’obbligo contrattuale non può essere disatteso, un concetto cruciale per il nostro presidente del Consiglio.
L’obiettivo delle istituzioni europee è comunque quello di controllare e non bloccare l’export delle dosi, contribuendo tra l’altro alla solidarietà dei vaccini. In quest’ottica la presidente della Commissione europea, Ursula von der Leyen, ha comunicato su Twitter le 14.400 dosi consegnate alla Moldavia con il progetto Covax fortemente voluto dall’Unione europea.
Nel frattempo l’Ema sta valutando il vaccino russo Sputnik V e ha annunciato che giudicherà “i dati non appena saranno disponibili per decidere se i benefici superano i rischi”. La revisione dell’Agenzia europea per i medicinali si potrà dire conclusa quando ci saranno “prove sufficienti” per la domanda di autorizzazione.
In un colloquio telefonico tra il premier Draghi e la presidente Ursula von der Leyen si è discusso prima di tutto di vaccini e della necessaria accelerazione da imprimere alla campagna vaccinale in tutti i Paesi membri, ed ancora di una rete industriale europea per raggiungere un’autonomia per quanto riguarda la produzione di vaccini. Si è parlato inoltre di Recovery fund e della gestione europea dei flussi migratori fondata su una maggiore proporzionalità tra responsabilità e solidarietà degli Stati membri. No ai “porti chiusi” ma è necessario instaurare un nuovo patto e una politica europea fondata su una solidarietà attiva di tutti gli Stati membri nei confronti dei Paesi di primo arrivo.
“Abbiamo discusso della cooperazione sulla produzione e la consegna dei vaccini. Attendiamo con impazienza il vertice globale sulla salute del G20 a maggio. E abbiamo parlato dei lavori preparatori sul piano di rilancio italiano per il Recovery fund”, ha commentato su Twitter Ursula von der Leyen. “La capacità di produzione in Europa arriverà a due o tre miliardi di dosi all’anno” ha assicurato il commissario Breton e, entro fine marzo, l’Unione avrà la disponibilità di 100 milioni di dosi.
Per quanto riguarda i famigerati ristori, il governo Draghi si appresta infine a varare il decreto Sostegno, un pacchetto di interventi per un valore di 32 miliardi di euro che rimpiazzerà la quinta versione del decreto Ristori. L’obiettivo dell’esecutivo è finalizzare un testo definitivo con l’elenco degli aiuti destinati a aziende, partite iva e famiglie nell’arco dei prossimi dieci giorni.
Tra le risorse figurano 2 miliardi di euro per la realizzazione del piano vaccinale (logistica e sieri), la proroga del blocco dei licenziamenti fino a giugno, la cassa integrazione Covid per tutto il 2021, ed ancora congedi parentali (200 milioni) per i genitori degli alunni che devono seguire la didattica a distanza, cartelle fiscali sospese fino al 30 aprile e risorse a fondo perduto per circa 2,7 milioni di attività (con un fatturato fino a 5 milioni di euro) vittime della crisi.
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