Professione follower

Tra le nuove parole entrate nei vocabolari, o che si sono trasformate rispetto al loro significato originario, una delle più utilizzate, anche perché caratterizza milioni se non miliardi di persone al mondo è sicuramente follower. In gergo aziendale con il termine follower si indica un’azienda leader: in termini pratici colui che segue sentieri già tracciati da cui non si discosta. Nel business un imitatore.

Il termine ha comunque cambiato il suo significato nel tempo nel suo riferimento ai leader militari, politici e carismatici oltre che alle aziende. Pleonastico ma utile ricordare che un leader è tale in quanto ha i suoi follower e, da qui, molti importanti studi sui leader, le loro capacità, il carisma. Nel 1988 con un articolo sulla Harward Business Review un cambio di prospettiva ha portato alcuni studiosi a focalizzare la loro attenzione non più sui leader ma sui follower in relazione al loro comportamento verso i loro leader, come assumono responsabilità nei suoi confronti e come comunicano con lui e affrontano i problemi. Venne puntualmente notato come i follower fossero responsabili insieme al leader del raggiungimento degli obiettivi. Pensiamo per un attimo a un Napoleone e alle capacità che doveva avere per farsi seguire dalle sue armate o Henry Ford che garantì ai suoi operai una paga di cinque dollari al giorno, nel 1914 (!) per fidelizzare i lavoratori in quella che restava una scommessa. Ma non era ancora l’epoca dei social, e il termine aveva, come vediamo, significati ben diversi e il follower, ben possiamo dirlo, interagiva con il leader.

Poi vennero i social e il termine è stato scelto per indicare il seguace di un personaggio famoso o di un influencer ed ha cambiato completamente la propria accezione, giungendo ad indicare quella che è, nei fatti, uno stuolo di utenti della rete che, quotidianamente, segue sui social i propri beniamini: calciatori, pop star, divulgatori di moda ma anche persone che, fino a poco prima, erano perfetti sconosciuti. Cosa altro possiamo infatti dire della sedicenne americana Charli D’Amelio che ha raggiunto i centosette milioni di seguaci su TikTok che la guardano ballare? Certo niente rispetto ai 309 milioni di Cristiano Ronaldo ma sempre molti di più dei 23 milioni attribuiti a Chiara Ferragni.

Chi è il follower? Forse è impossibile una definizione esaustiva per tutta la categoria; si passa da chi passa distrattamente da una fotografia a chi commenta o critica il comportamento del VIP di turno; esiste la categoria degli haters professionisti che non vede l’ora di poter sfogare sulla rete, magari in forma anonima, il proprio astio verso qualcuno che ce l’ha fatta. Dilagano i giornali che annunciano a pieni titoli le reazioni di follower che notano particolari infinitesimali e si scatenano nei commenti.

Quanto tempo passa sulla rete un follower a cercare una nuova tendenza o un look da imitare? In ogni caso ciascun click sarà monitorato, registrato, valutato e adeguatamente tenuto in considerazione per l’invio di pubblicità mirata, consigli, offerte personalizzate e qualsiasi altro messaggio possa essere offerto in internet.

Non stiamo più, infatti, parlando di follower attivi che interagiscono con i leader, ma soggetti sostanzialmente passivi che possono lasciare al massimo un commento che, anche se negativo, fornirà elementi di valutazione al personaggio e agli sponsor che, inevitabilmente gli stanno dietro per migliorare l’offerta e aggiustare il tiro, magari in maniera provocatoria, per i successivi post, fotografie, tweet.

Non è dato sapere se qualcuno dei miliardi di follower sia consapevole dell’importanza di un click, ma emerge come si tratti di interazioni asettiche, che si basano sull’istinto emotivo o di pancia del momento e quasi mai ragionate. Forse la risposta a qualche post di un personaggio politico richiede un attimo di maggiore attenzione, ma in quanti del popolo die follower si lancerebbe in una risposta dettagliata e articolata? L’esperienza dice che l’attenzione di un lettore da articoli e commenti lunghi è pari allo zero.

Limitiamoci quindi a prendere atto di come l’evoluzione di internet, più di quella dei tempi, abbia generato un nuovo popolo che attende le opinioni altrui per poterli seguire in maniera talvolta pecoreccia, cercando un ideale da seguire e senza rendersi conto di come è lui ad essere usato.

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