Putin eterno

Era da tempo che Wladimir Putin preparava la sua rielezione “in aeternum”. Per riuscirci aveva promosso un referendum che cambiava la Costituzione russa, che limita a due i mandati presidenziali. Eletto per due volte a partire dal 2000, aveva aggirato il divieto facendosi nominare Primo Ministro e quindi mantenendo il potere effettivo, e ripresentandosi poi nel 2012. Il marchingegno trovato ora è di una innegabile abilità: la nuova legge – che Putin ha firmato il 5 aprile – conferma il limite dei due mandati, ma lo considera vigente a partire dal prossimo mandato, azzerando così il passato. Inoltre, il periodo di presidenza passa da 4 a 6 anni. Secondo un calcolo facile, lo zar moscovita potrebbe essere rieletto e restare al potere fino al 2036. Cioè avrebbe governato il paese più a lungo di Stalin (29 anni) e di ogni altro precedente Capo di Stato russo.

Si tratta di una evidente violazione della vera democrazia, che è innanzitutto alternanza. Ci si può chiedere come mai gli elettori l’abbiano avallata con il referendum, ma non c’è da stupirsi. Tutti sappiamo quanto sia facile, o almeno possibile, manipolare l’opinione pubblica da parte di un regime che ha in mano chiavi poderose per farlo, a cominciare dall’uso spietato della repressione del dissenso e dalla presenza pervasiva della polizia politica (il famigerato KGB dell’epoca sovietica ha cambiato di nome, ma non di personale e di metodi e Putin stesso è una sua creazione).

Intanto, Navalny, uno dei pochi oppositori coraggiosi, dopo aver sfiorato la morte per avvelenamento, è finito in prigione e ora, secondo un metodo sovietico classico per discreditare i dissenzienti, rischia di finire in un ospedale psichiatrico.

Con la Russia dobbiamo per forza di cose convivere, il più armoniosamente possibile, perché è un grande paese, una potenza militare ed un importante partner economico. Ma, come ho scritto per un’altra occasione, a occhi bene aperti.

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