L’Italia e il mondo
Ogni giorno di più mi tocca constatare quanto la stampa italiana, compresa la migliore, sia provinciale e, direi, quasi parrocchiale. Ci inonda di immagini e commenti sul funerale di una persona inutile, che non lascia alcun vuoto nel mondo (tranne che per la Regina, si capisce) e sul ragazzotto Grillo in mutande. Però per sapere cosa succede veramente di serio nel mondo bisogna leggere i giornali anglosassoni, in particolare il Guardian, il più informativo di tutti. Nella testata del 20 aprile leggo due notizie di politica estera, ambedue rilevanti, non per i politologi, ma per l’avvenire di tutti (ricordiamo il vecchio detto: “potete non occuparvi di politica, ma la politica si occuperà di voi”, che vale anche per la politica estera). Vediamoli insieme.
In Germania, Armin Laschet, Presidente della Regione Nord-Reno Westfalia, e attualmente leader della CDU, è stato designato dalla coalizione conservatrice CDU-CSU come candidato a Cancelliere nelle elezioni di settembre, in cui la Merkel non si presenterà, battendo con il 75% dei voti il rivale Markus Soder, leader della CSU. Laschet è un fedele seguace della Merkel, è un cattolico nato nella zona di frontiera con il Belgio, ad Aachen, parla correntemente il francese ed è ovviamente un europeista convinto.
In parallelo, i Verdi (oggi secondo partito in Germania) hanno scelto la propria candidata, Annalena Boebaker, anche lei favorevole alla “stabilità europea”. Nessuno può fare oggi previsioni serie sull’esito delle elezioni. Per ora la CDU-CSU ha un lieve vantaggio sui Verdi nei sondaggi (25% rispetto a 23%), ma la personalità di Laschet, giudicato un po’ troppo bonaccione, non sembra attirare grandi consensi, anche nel suo stesso partito. Dalla gara per il primato paiono esclusi i socialisti, e la destra estrema.
Non ci dovrebbe quindi essere molto suspense, ma non è così. Non è irrilevante per l’Europa, e quindi per l’Italia chi governerà in futuro il paese più grande e più ricco dell’UE. Se anche una certa continuità può ritenersi probabile, ci sono aspetti, forme diverse nel modo di immaginare l’Europa e i suoi sviluppi istituzionali, ma anche i limiti della solidarietà collettiva e dell’impegno finanziario comune. La Merkel dava una senso di certezza. Quello che potrebbe aprirsi dopo di lei è un periodo di dubbi.
Ho già scritto sulla tensione crescente tra USA-NATO e Russia. La tensione è cresciuta di un grado con la decisione dell’Ambasciatore americano a Mosca di tornare a Washington “per consultazioni”. La decisione è stata presa anche a seguito dell’esplicito suggerimento del Kremlino a che l’Ambasciatore lasciasse Mosca (non si è trattato di dichiarazione di “persona non grata”, ma ci siamo molto vicini). Già l’Ambasciatore russo aveva lasciato Washington, sempre “per consultazioni”. Il termine “per consultazioni” è usato in diplomazia per coprire decisioni più drastiche, come il ritiro degli Ambasciatori o addirittura la rottura delle relazioni, ma denota comunque sempre uno stato di crisi. In questo caso, fa seguito a una schermaglia tra Mosca e non solo gli Stati Uniti, ma vari Paesi della NATO, fatta di reciproca espulsione di diplomatici, in genere dopo episodi di spionaggio da parte russa (in USA, come in Italia, ma anche in Polonia, Bulgaria e Repubblica Ceca). Che cosa vuole realmente Putin? Sono tattiche dirette a intimidire, o a testare le reazioni occidentali, o (nel migliore dei casi) ad alzare il prezzo in un eventuale negoziato?
Un incontro al vertice tra Biden e Putin è, sulla carta, previsto, e dovrebbe portare a un chiarimento (e, sperabilmente, a un alleggerimento delle tensioni) ma da parte russa si fa capire di non avere fretta, né, quindi, può mostrare fretta Biden, perché indebolirebbe la sua posizione. Prima o poi, però, i due dovranno parlarsi faccia a faccia, se si vuole frenare una pericolosa spirale di ostilità. Ma è necessario che il leader dell’Occidente si presenti all’incontro in posizione di forza, militare e politica, e con dietro di sé la compattezza degli alleati.
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