Cronache dai Palazzi
Il governo ha approvato il Piano nazionale di ripresa e resilienza che è stato inviato alla Commissione europea, come previsto entro il 30 aprile. Approvato anche il decreto legge che istituisce il Fondo complementare al Recovery per le infrastrutture, fondo del valore di oltre 30 miliardi sul quale la prossima settimana esprimeranno un proprio parere anche le Regioni e gli enti locali. Il ministro dell’Economia, Daniele Franco, ha illustrato lo schema del decreto sul Fondo complementare in Conferenza unificata. “È un ottimo passo avanti, dobbiamo essere tutti soddisfatti, anche del rapporto con il Parlamento e con le Regioni”, ha dichiarato a sua volta il premier Mario Draghi.
La Commissione europea dovrebbe autorizzare la prima tranche dei fondi del Recovery, circa 25 miliardi di euro, già a partire da luglio ma nel corso dei prossimi sei anni i fondi a disposizione del nostro Paese dovrebbero essere molti di più. “I 30 miliardi del Fondo complementare e i 10 miliardi per l’Alta velocità, rappresentano un grande investimento al quale si aggiunge il Fondo Sviluppo e Coesione e i quasi 80 miliardi dei Fondi Comunitari 2021-2027”, ha spiegato il ministro delle Infrastrutture Enrico Giovannini sottolineando che “tutte le risorse aggiuntive ai fondi del Recovery seguiranno la sua stessa impostazione e principi”.
L’Anci insiste sulle semplificazioni amministrative oggetto di un prossimo decreto a maggio: “Dobbiamo cambiare i criteri per le assegnazioni delle risorse, vanno accelerate le procedure di autorizzazione con termini perentori, e se uno non si esprime c’è il silenzio assenso”, ha affermato il presidente dell’Anci, Antonio Decaro. “Complessivamente è un piano Marshall, un’occasione storica formidabile per il nostro Paese: non la possiamo perdere”, ha affermato a sua volta il presidente dell’Emilia Romagna Stefano Bonaccini.
Nel piano sono previste anche delle risorse per il Mezzogiorno, “circa 100 miliardi, per permettere a tutti gli italiani di avere le stesse opportunità”, come ha detto il ministro Di Maio, mentre la ministra per il Sud e la coesione territoriale, Mara Carfagna, ribadisce “l’orgoglio di essere entrati nel gruppo di testa dei Paesi europei, di averlo fatto in appena dieci settimane di lavoro intensissimo”.
Tra le novità del decreto Proroghe, approvato in Consiglio dei ministri, vi è la cancellazione dell’obbligo del 50% di lavoro in smartworking per i dipendenti pubblici. In pratica ogni amministrazione potrà stabilire quanti dipendenti dovranno lavorare da remoto in base alle proprie necessità ed esigenze di sicurezza, “senza rigidità”. “Avviamo un percorso di ritorno alla normalità, in piena sicurezza”, ha spiegato il ministro della Pubblica amministrazione Renato Brunetta. Tutto ciò “a condizione che l’erogazione dei servizi rivolti ai cittadini ed imprese avvenga con regolarità, continuità ed efficienza, nonché nel rigoroso rispetto dei tempi previsti dalla normativa vigente”. Non sussiste in pratica il vincolo di dover far lavorare in forma agile un lavoratore su due, a vantaggio di un’organizzazione e in totale flessibilità, che potrà essere esercitata fino al 31 dicembre 2021 in attesa della definizione dello smartworking nei contratti collettivi. I vari provvedimenti vengono ovviamente adottati rispettando le osservazioni enucleate dal Comitato tecnico scientifico e compatibilmente con le esigenze del sistema dei trasporti.
Il ministro Brunetta ha inoltre sottolineato di “far tesoro della sperimentazione indotta dalla pandemia” con l’obiettivo di mettere in pratica una “flessibilità coerente con la fase di riavvio delle attività commerciali” e, da un altro lato, “la piena autonomia organizzativa degli uffici”. Nei piani organizzativi del lavoro agile, i cosiddetti Pola, che devono essere adottati dalle amministrazioni il 31 gennaio di ogni anno, le attività realizzabili da remoto da una quota di almeno il 60% – come era stato stabilito dall’ex ministra della Pubblica amministrazione Dadone – passano ad un ridotto 15%, che è, per l’appunto, la nuova quota minima di lavoratori che potranno svolgere la propria attività in modalità smartworking. Un taglio inaspettato per i sindacati nel momento in cui è iniziato il confronto per il rinnovo del contratto collettivo con al centro della trattativa proprio il lavoro agile. “Sarebbe meglio non mettere immediatamente un intralcio sul percorso appena avviato”, spiega la Fp-Cgil, ma il ministero assicura: “Nessuna contraddizione tra le norme approvate sullo smartworking e il contratto collettivo”.
Il cambiamento ci sarà ma a patto di “lavorare insieme”, ha sottolineato il premier Draghi, nello specifico le riforme ci aiuteranno a superare una situazione di stallo. “Corruzione, stupidità, interessi costituiti continueranno ad essere i nostri nemici e sono certo saranno battuti – ha affermato Draghi – ma c’è anche l’inerzia istituzionale che si è radicata per la stratificazione di norme negli ultimi 30 anni. Le riforme ci aiuteranno a superarle e per questo sono così importanti”. Il premier ha inoltre specificando che “le riforme saranno adottate con procedimenti legislativi e il Parlamento avrà un ruolo determinante. La collaborazione di potere legislativo ed esecutivo è cruciale”.
In sostanza “le risorse saranno sempre poche se uno non le usa. Per usarle certamente le riforme aiuteranno ma c’è una storica inerzia che non è colpevole ma si vede soprattutto nella fase di progettazione”. In quest’ottica l’esecutivo “ha previsto nel Pnrr gruppi di lavoro che possono essere di aiuto in questa fase”.
Nel Piano nazionale di ripresa e resilienza “ci sono tanti numeri, tanto denaro, ma è anche l’occasione per farci riflettere: dobbiamo lavorare insieme, con il governo, con gli enti locali e con tutto il Paese”, ha affermato Mario Draghi in Aula a Palazzo Madama. “Questi cambiamenti si possono attuare solo se c’è accordo, volontà di successo e non di sconfitta”. Il Pnrr inaugura anche “una nuova stagione a livello europeo”, orientata ad una più ampia collaborazione. In caso di sconfitta “non ci sarebbe più la possibilità di convincere gli europei a fare una politica fiscale comune, a mettere i soldi insieme”, ha ammonito il premier Draghi a proposito di una buona riuscita del piano.
Per un’Italia più moderna ed efficiente è essenziale inoltre digitalizzare il Paese. “Sulla banda larga, il governo intende stanziare 6,31 miliardi per le reti ultraveloci, banda larga e 5g” con l’intento di “portare entro il 2026 reti a banda ultralarga ovunque”. Illustrando la “mappatura dei piani di investimento”, il presidente del Consiglio ha nel contempo ribadito la necessità che “le scelte dei cittadini e la concorrenza vengano tutelate” oltre alla chiara intenzione dell’esecutivo di “ammodernare la nostra amministrazione, connettere tutte le scuole e gli ospedali, incentivare le imprese a digitalizzarsi”.
In definitiva, in questo frangente i soldi ci sono ma occorre snellire le norme e le procedure per evitare l’avvitamento e, nella peggiore delle ipotesi, la mancata realizzazione dei progetti messi nero su bianco. In questo contesto “la semplificazione normativa è obiettivo cruciale del governo”, in particolare “la semplificazione delle norme in materia di appalti pubblici e concessioni è obiettivo fondamentale per rilanciare il settore”, tantoché l’esecutivo approverà un altro decreto legge a maggio per definire “gli interventi di semplificazione” e tale lavoro andrà avanti fino al 2026.
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