Chapeau!
Per cosa vale la pena di levarci il cappello? Sicuramente avrete letto frasi di commento a fatti particolari con l’espressione “Chapeau!”. Cioè, mi levo il cappello di fronte a situazioni speciali che evocano rispetto. Lo si usa sia che il soggetto sia un’amatriciana particolarmente riuscita che un gesto plateale e coraggioso.
Ormai viviamo e siamo ciò che scriviamo sui social. Il pensiero sintetizzato viene sottolineato da frasi fatte o da emoticon. Spesso non avendo opinioni certe e non sapendo come esternare una frase corretta, ci si affida a frasi trite e ritrite oppure a faccine vincenti o adoranti o ai sempre verdi cuoricini.
Vanno molto anche le frasi famose. Si saccheggia qua e là spaziando da Shakespeare “che epoca terribile quella in cui degli idioti governano dei ciechi” che va benissimo in un contesto di discussione politica; oppure robe nostalgiche di scrittori mai letti che magari evocano amore per il prossimo intelligente. Perché a quello scemo non vuole bene nessuno.
Una bella pagina di letteratura da asporto la scrive chi pubblica la copertina di libri evocativi. Tipo “sapessi le cose che so io” oppure frasi di filosofi da Treccani. Molto interessante è l’intellettuale del social. Non serve aver studiato, basta buona memoria e aver letto la Settimana Enigmistica con costanza. Il “Forse non tutti sanno che” è la loro fonte d’ispirazione. Si eccita nel postare una frase scioccante magari detta da un imperatore romano e stramazza di disperazione se non viene almeno condivisa un paio di volte.
Tutti questi intellettuali ormai superano di gran lunga gli amanti dei gattini. Come verranno ricordati dai libri di storia tra un centinaio d’anni? Tutta questa filosofia usa e getta che fine farà? Come sarà chiamata questa strana corrente? Io ho il nome adatto: “Chiudi la finestra che sbatte tutto”. Anche se ormai è troppo tardi.
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