Guerra in Palestina

Commentando i violenti scontri tra manifestanti palestinesi e forze dell’ordine israeliane alla Moschea Al-Aqsa, era stato purtroppo facile prevedere una rapida e tragica “escalation”. Che è subito avvenuta. Forze aeree israeliane hanno attaccato la striscia di Ghaza, distruggendo tra l’altro un edificio che ospitava gli alti comandi di Hamas, uccidendone vari. Più di 20 palestinesi sono morti. La rappresaglia non è tardata: Hamas ha lanciato 130 missili su Tel Aviv e altre città israeliane, uccidendo almeno tre persone. Israele – ha detto lo scellerato Netanyahu – risponderà adeguatamente. E così quella spirale terribile di reciproca violenza si è avviata e non si vede bene chi può fermarla e come. Ciascuno, preso nella ferrea logica delle proprie ragioni e dei propri odi.

Né gli Stati Uniti, né l’Europa, né l’ONU, sono capaci di andare al di là dei soliti, patetici inviti alla calma. Russia e Iran sono, come sempre, felici di pescare nel torbido, indifferenti al costo in vite umane. Nessuno ha il coraggio di dire apertamente che Netanyahu e i capi di Hamas sono cinici criminali.

Per spezzare la terribile spirale occorrerebbe un forte, autorevole, intervento internazionale, come avvenne una trentina di anni fa per fermare l’atroce conflitto in Bosnia. Ma allora l’Occidente e la NATO erano guidati da uomini come Clinton e Chirac. Giganti, se paragonati ai mediocri personaggi di oggi. E in Russia non governava allora lo spietato, cinico giocatore chiamato Putin.

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