Governo, toto rimpastino
Il governo Letta è sempre più debole. Le dimissioni del viceministro dell’Economia, Stefano Fassina, hanno dato un’altra scossa all’esecutivo. In attesa di sapere chi sarà l’eventuale successore – a proposito, nei giorni scorsi si è aperto il toto ministri – di fatto Matteo Renzi si comporta già come fosse premier. Si parla sempre con più insistenza di un rimpastino, mentre il segretario del Pd si mette a fare trattative politiche senza passare da Palazzo Chigi. E’ il sindaco di Firenze, ormai, a dettare l’agenda del governo. Il 2014 si è aperto con le proposte per la riforma elettorale e Renzi mica chiede il permesso a Enrico Letta, anzi, si rivolge direttamente a Silvio Berlusconi, senza neanche curarsi di Denis Verdini.
Una situazione che rischia di creare più di un imbarazzo non solo al Partito democratico, ma a tutta la squadra di governo. Per correre ai ripari prima che sia troppo tardi, Renzi e Letta si sono incontrati per siglare una sorta di “patto di coabitazione”. Che detto così sembra più un accordo che si firma tra due cugini che non vanno d’accordo ma non possono mica rovinare l’armonia familiare. Il presidente del Consiglio, a RaiNews24 aveva detto “Renzi fa benissimo a parlare con tutti ma ovviamente a partire da una condivisione nella maggioranza”. Una sorta di tiratina di orecchie perché il sindaco continua a parlare con Forza Italia e la Lega per conto suo. “Letta non si fida di me, ma sbaglia perché io sono uno che dice le cose in faccia”, è stata la risposta del sindaco di Firenze. Una sintesi, seppur fragilissima, andava trovata: Renzi potrà continuare a portare avanti il cavallo di battaglia della nuova legge elettorale con il benestare governativo; di contro Letta avrà l’appoggio del segretario piddino nel mettere nero su bianco e approvare il contratto di coalizione in vista della tornata elettorale europea.
Tutto risolto? Sarà. Ma l’ex Rottamatore sogna il voto politico insieme a quello per le europee, la prossima primavera. Stesso pensiero del leader di Forza Italia, Silvio Berlusconi. Ma per avere il via libera del Colle occorre una nuova legge elettorale. Ecco spiegato l’ordine delle priorità da affrontare con l’inizio del nuovo anno
Intanto, però, giusto ridistribuire il peso all’interno dell’esecutivo. Pubblicamente nessuno vuole parlare di rimpasto, ma Renzi avrebbe già un nome per la poltrona da viceministro del Tesoro: Yoram Gutgeld, il suo guru economico. Non è il solo candidato. Le voci nel corridoio del Palazzo parlavano anche di Filippo Taddei, Davide Faraone, Marianna Madia e Dario Nardella. Tutti renziani, facce nuove che sposano appieno il nuovo corso democratico.
Un equilibrio precario quello di Palazzo Chigi. E se dovesse saltare un’altra testa, l’effetto domino sarebbe assicurato. Impazza il toto ministri e a rischiare il posto , secondo quanto riportato da La Repubblica, sarebbero le personalità che rispecchiano le vecchia immagine del Pd. Enrico Giovannini, ministro tecnico del Lavoro, potrebbe pagare il suo scetticismo sul Job Act; rischia grosso anche il titolare del Dicastero dei Beni Culturali, Massimo Bray, troppo dalemiano. In bilico pure il ministro dello Sviluppo economico, Flavio Zanonato, vecchia guardia bersaniana. In caso di “rimpastino” sono pronti anche il segretario del Psi, Riccardo Nencini, finora escluso dal governo e Bruno Tabacci del Centro democratico.
Solo fantapolitica? Giusto per ora.
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