Convivere con la paura del domani

Indispensabile premessa: la paura ha senso solo in quanto può essere proiettata nel futuro. Difficile avere paura di qualcosa o qualcuno che viene dal passato. Potrà fare danni e lo temiamo, ma è sempre rivolto ad un momento che non è ancora giunto. Temere qualcosa nel presente è, ci si passi il paragone, come la gara tra la tartaruga e Achille Piè veloce che, nel paradossi di Zenone, non potrà mai raggiungere l’animale che ha un vantaggio su di lui perché, prima, l’atleta dovrà percorrere il luogo da cui la prima ha iniziato a muoversi.

Parliamo però della paura vera e propria del domani, di ciò che può accadere realmente, che accadrà a breve. Questa paura sembra quasi toccarsi con mano specialmente oggi, in un contesto economico e sociale che offre sempre meno certezze, si caratterizza per la sua volatilità ad ogni livello e sembra proprio voler distruggere ciò su cui si basa l’attuale modo di vivere. La pandemia, probabilmente, è stata l’ultimo segnale di un quadro che va verso le uniche certezze che tutto è incerto; tutto cambierà e niente sarà uguale ad oggi. Lo vediamo nelle piccole cose e lo avvertiremo sempre più nel vivere quotidiano. Esempi? Lo strumento digitale su cui state leggendo queste parole se lo avete da più di quattro mesi appartiene ad una tecnologia già superata. L’auto che i nostri genitori e nonni acquistavano a rate o cambiali perché, una volta terminato di pagarle, era finalmente di proprietà, adesso viene noleggiata: costa meno e rivenderla sarebbe un problema.

Tutto ciò, ovviamente, si riflette su tutti i settori della società perché non possiamo sapere quale sarà la malattia che arriverà domani, le tecnologie che soppianteranno quelle attuali, i nuovi ingredienti che potremmo trovare nelle dispense o anche i nuovi tessuti per i capi di abbigliamento.

Ma il settore dove il futuro più spaventa, è sapere se potremo continuare a vivere nel modo in cui siamo abituati, se dovremo cambiare lavoro, città, amicizie, comportamenti e, peggio, come affrontarlo. “E se mi licenziano?” “Ho sempre fatto questo, se cambiano le cose come farò?” “Sto per compiere XXanni, se mi succede qualcosa cosa faranno i miei figli?”. “Se mi lascia, riuscirò a ricostruirmi una vita?”. Frasi che hanno un sapore già di rassegnazione e di resa, ma che si sentono sempre più spesso nelle loro possibili sfaccettature. Risultato? Restare attaccati ai vecchi schemi per evitare di cambiare, di affrontare sfide per restare in una comfort zone che sembra stia allargandosi perché resa più attraente e comoda grazie anche al virtuale, al punto che, viene da chiedersi se, superata la pandemia, il reale che tutti sembrano volere tornerà ad essere come quello di prima. Ma esisteranno ancora quei luoghi e quei lavori che conoscevamo?

E i giovani? Da più parti si pone in evidenza che sale l’età in cui vanno a vivere da soli: lo fanno solo dopo avere quelle certezze che avevano caratterizzato l’esistenza dei loro genitori e nonni. È addirittura aumentata l’età media a cui prendono la patente; non più appena compiuti i fatidici diciotto anni, per gustare la libertà di muoversi e viaggiare, ma oltre i 21. Meglio comprare un cellulare nuovo che non una macchina. Sembrano lontanissimi i tempi in cui i giovani se ne andavano da casa, magari in autostop e attraversavano gli stati adattandosi a lavori saltuari … Scusate, ma questa è l’America degli anni sessanta, di easy rider e della beat generation; un momento in cui al futuro si andava incontro quasi con ansia, nonostante i problemi dell’epoca ma che si volevano risolvere magari proprio lasciando le proprie case e adattandosi a ciò che si trovava. Forse non era una cattiva abitudine. Difficile tuttavia applicarla in una nazione in cui si è sempre rimasti attaccati a caposaldi e punti fermi: moglie, mestiere e macchina era un mantra che sembra riecheggiare oggi insieme a “pezzo di carta e posto fisso. È più attuale Lorenzo il Magnifico: “… di doman non c’è certezza”.

Non si vuole glorificare il carpe diem, ma semplicemente ricordare che la paura del domani deve essere sostituita dalla consapevolezza che tutto è destinato a cambiare e voler restare attaccati a vecchie abitudini può solo creare problemi, forse seri, ai singoli e probabilmente agli interi sistemi economici e sociali anche perché domani è già oggi.

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