Il cattivo poeta (Film, 2020)
Il debutto alla regia di Gianluca Jodice fa ben sperare, visto che scrive e sceneggia un’opera intensa e ispirata, che gode della suggestiva fotografia di Daniele Ciprì, per narrare in modo romanzesco gli ultimi anni di vita di Gabriele D’Annunzio.
Siamo nel 1936, il giovane federale di Brescia Giovanni Comini (Patané) viene incaricato da Starace di sorvegliare D’Annunzio per conto del regime, perché teme che possa esprimersi in termini negativi sull’alleanza tra Italia e Germania, vista l’insofferenza del poeta per Hitler. Il giovane federale viene accolto al Vittoriale dove comincia a subire il fascino del vate, che vive in una sorta di esilio gli ultimi anni della sua vita, circondato da tre amanti, dall’architetto Maroni e da alcuni fedeli legionari di Fiume. Il film romanza un contesto storico, inserisce la storia d’amore tra il federale e la sorella di un’antifascista, la crisi del giovane gerarca nei confronti del fascismo, la netta contrapposizione (non provata) tra D’Annunzio e Mussolini vissuta negli ultimi anni. Romanzato anche l’incontro di Verona tra il poeta e il duce, dove la realtà storica non è chiara, ma il regista propende per la tesi che vedrebbe D’Annunzio precipitarsi da Mussolini per convincerlo a non dar seguito alla nefasta alleanza con la Germania. Infine la morte del vate viene descritta in termini oscuri – non come un’emorragia cerebrale o un’overdose da farmaci – ma come un omicidio di Sato commesso per mano di un’amante. D’Annunzio era diventato un personaggio scomodo, Mussolini lo faceva controllare, lo definiva un inutile vecchio bardo, ma al tempo stesso lo nominava presidente dell’Accademia d’Italia e lo copriva di onori, per tenerlo buono.
Il cattivo poeta è un film interpretato benissimo da Sergio Castellitto, che si cala nei panni del vate con immedesimazione totale e ci regala una recitazione ispirata al miglior metodo Stanislavskij. Tormentato, dubbioso, retorico, recita persino alcuni versi del poeta (tratti da La sera fiesolana) con partecipazione totale. Bravo Francesco Patanè nei panni del giovane federale innamorato che si ritrova pervaso dai dubbi dopo essere entrato in contatto con il poeta. La sceneggiatura non perde un colpo, le parole pronunciate da D’Annunzio vengono prelevate da opere e dichiarazioni pubbliche.
Fotografia del Lago di Garda straordinaria e decadente, curata da un Ciprì in gran forma; ricostruzione dei luoghi fascisti tra Roma e Brescia davvero ben fatta; movimenti di macchina avvolgenti, primi piani profondi, campi e controcampi ben realizzati, panoramiche suadenti; montaggio consequenziale per raccontare senza finzioni la decadenza di un’artista.
Gabriele D’Annunzio ne esce rivalutato – ma non ne aveva bisogno – finalmente non si sottolinea soltanto la sua passione amorosa, la sua lussuria e i suoi vizi, ma anche la genialità del poeta e l’eroismo del combattente di Fiume e della Prima Guerra Mondiale. D’Annunzio non era fascista, il suo mito era il superuomo di Nietzsche, il suo errore storico – se proprio dobbiamo giudicarlo – è stato l’aver pensato che un piccolo uomo di Forlì potesse incarnare un’idea filosofica così grande. Un film da vedere, senza pregiudizi, per capire qualcosa di più sulla realtà storica.
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Regia: Gianluca Jodice. Soggetto, Sceneggiatura: Gianluca Jodice. Produttori: Matteo Rovere, Andrea Paris. Fotografia: Daniele Ciprì. Montaggio: Simona Paggi. Effetti Speciali: Franco Galiano, Roberto D’Ippolito. Musiche: Michele Braga. Scenografie: Tonino Zera. Costumi: Andrea Cavalletto. Trucco: Teresa Patella, Roberto Pastore. Case di Produzione: Ascent Film, Batthysphere Productions, Rai Cinema. Distribuzione: 01 Distribution. Paesi di Produzione: Italia, Francia, 2020. Lingua originale: Italiano. Genere: biografico, storico, drammatico. Durata: 106’. Interpreti: Sergio Castellitto (Gabriele D’Annunzio), Francesco Patanè (Giovanni Comini), Tommaso Ragno (Giancarlo Maroni), Clotilde Courau (Amélie Mazoyer), Fausto Russo Alesi (Achille Starace), Massimiliano Rossi (Commissario Rizzo), Elena Bucci (Luisa Baccara), Lino Musella (Carletto), Paolo Graziosi.
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[NdR – L’autore dell’articolo ha un suo blog “La Cineteca di Caino”]