Isabella Mandelli e i suoi Barabubbles

Si definisce un’artista eco-sociale, ponendo l’attenzione sulla cura in senso assoluto: cura dell’ambiente e dei suoi elementi, degli animali e di tutti gli esseri viventi, con particolare attenzione alla diversità e all’inclusione. Essere artista eco-sociale significa mettere a disposizione l’arte per la cura e Isabella Mandelli affronta il mestiere dell’arte con la stessa dedizione con cui ogni giorno gestisce la propria professione di leader d’azienda. Distaccandosi dalla frenesia della vita lavorativa, come artista Isabella lavora immersa in una bolla fanciullesca di serenità e fantasie. Dalla punta del suo pennello prendono vita i Barabubbles, un’intera popolazione di personaggi fantastici, ognuno con un proprio stile comportamentale. Invitando l’osservatore a divenire parte di questo mondo immaginario, le opere di Isabella Mandelli stimolano la ricerca dell’armonia. È un’arte che intende donare una serenità unica nella sua dinamicità: una calma propulsiva, ossimorica, come tutto ciò che di bello c’è al mondo. L’arte eco-sociale si adatta alla vita e assume i colori e le forme che servono per esercitare la cura: le sue opere possono, quindi, vivere all’interno delle abitazioni private, negli ospedali e nei luoghi di cura, o nelle gallerie d’arte. Possono assumere la forma di una tela o di una porcellana decorata; possono essere grandi come una parete o tascabili come una scatoletta. La prima mostra di Isabella Mandelli, “Spicaisa”, è al M.A.C. di Milano nel novembre 2018 con il suo mentore artistico Pietro Spica. Espone, poi, nella personale “Barabà For Africa” alla Villa Arconati di Bollate (Milano) nel maggio 2019: grazie al ricavato derivato dalla vendita di tutte le opere è stato costruito un parco giochi per i bambini dell’associazione “Il Seme della Speranza” Onlus, che opera a sostegno delle popolazioni di Eritrea ed Etiopia. Isabella Mandelli vive e lavora tra Milano e Rapallo, dove ha i suoi atelier. L’abbiamo intervistata.

Buongiorno Isabella, vuoi iniziare a raccontarci cosa ti ha portato alla decisione di intraprendere la carriera artistica?

Devo chiarire che, in effetti, la mia carriera lavorativa è di responsabile commerciale di una importante ditta multinazionale di prodotti medicali; a questo ho aggiunto la mia passione, ovvero l’arte. Un sentimento così forte che l’ho introdotto anche nel lavoro, così come il mio attivismo rispetto alla “diversity inclusion”, una iniziativa cui tengo molto e di cui sono diventata recentemente sponsor europea. Ritengo che la mia arte sia un linguaggio che può abbracciare tanti aspetti per il suo essere così colorata, stimolare il dialogo, la riflessione e, soprattutto, una importante consapevolezza. Fatta questa doverosa premessa, ti posso dire che ho iniziato a disegnare a 5 anni e dai primi schizzi sono cresciuta sempre di più arrivando a padroneggiare olio e acrilico, per poi accostarmi all’acquerello. Quando, qualche anno fa, ho passato un lungo periodo con problemi di salute, ho cominciato ad innamorarmi dei personaggi di Pietro Spica: ho quindi voluto conoscerlo, fino a diventare mio mentore. Abbiamo fatto assieme la mostra “Spicaisa. Due mani sinistre” al M.A.C. di Milano, poi io costruito il mio stile personale, diverso da quello di Pietro.

Uno dei temi più interessanti che ho trovato nelle notizie che ti riguardano è il concetto di “errore”, come lo intendi?

Errare è inteso come sperimentare, vagabondare; nel mio team è vietato dire “ho sbagliato”. Il termine “errore” è stato abolito e sostituito con la definizione “idea propulsiva incrementale”. Questo significa che da un’azione finita male può nascere comunque qualcosa di buono. Il risultato si è rivelato eccellente all’interno del mio team, è un modo di operare alternativo, che riserva molte soddisfazioni. E applico questa stessa filosofia anche alla mia arte: quando dipingo, ad esempio, non uso la tavolozza, ma miscelo direttamente sulle tele di cotone, che amo in maniera particolare.

Il tema della “diversity inclusion” lo hai poi traslato anche nei tuoi quadri.

Esatto! La diversità, per me, va proprio intesa secondo questo concetto: “knowledge diversity and then forget about it”, ossia conoscere la diversità e poi dimenticarsene, perché abbiamo tutti uno stesso cuore. In previsione della mostra che abbiamo esposto a Venezia, ho condiviso con la ballerina e mentore dell’esposizione Beatrice Carbone la mia idea di realizzare un’opera che mostrasse proprio questi personaggi di fantasia muniti di protesi, che ballano con lei. Lei ha abbracciato con entusiasmo questa mia idea e quest’opera è stata proprio scelta quale immagine guida della mostra. Il senso è di condividere la bellezza superando le barriere.

Bellissima idea, ma interessante anche l’approccio all’errore, visto come qualcosa che non toglie, ma aggiunge, che non difetta, ma è sperimentazione, una sorta di caos organizzato come la famosa teoria.

Hai reso perfettamente l’idea. L’espressione “caos organizzato” è esattamente quella che uso nel mio team: se accogliamo l’errore pensando dove questo ci possa portare, si trasforma in un ‘plus’ e possiamo non solo imparare dagli errori, ma anche liberarci dal giudizio e dal senso di colpa. Su questo innesto anche il mio definirmi un’artista “eco-sociale”, il mettere la mia arte a disposizione degli altri, come un gesto di cura verso il prossimo. Lavorando nel settore sanitario mi piacerebbe davvero tanto poter aiutare gli operatori che, ricordiamolo, hanno passato questi ultimi due anni in modo veramente difficile. Per questo proprio negli ultimi anni ho voluto mutare il mio modo di essere, vivere e connettermi al lavoro. Mi sono fatta aiutare dalla psicologa Valentina Gentileschi esterna con cui abbiamo intrapreso un percorso di crescita basato sul DISC, i 4 stili comportamentali studiati da Carl Jung. Non casualmente i miei quattro personaggi principali dei Barabubbles, Barabà, Oco, Finolu e Boda, hanno proprio questi 4 diversi stili comportamentali. Concludendo, questo è il tema che mi piacerebbe portare dentro gli ospedali, con l’intento di portare stimolare le persone a conoscersi meglio e interagire in maniera più sensibile.

Hai accennato al tuo essere un’artista eco-sociale: l’eco-sostenibilità è un passaggio ben presente nella tua biografia, si tratta anche dell’uso di materiali particolari?

Assolutamente, le carte sono tutte di cotone, la maggior parte costituite da materiali riciclati, da 320 e 640 grammi. I colori nascono da mie miscele con anche terre naturali molto belle, oltre ad acquerelli francesi che amo particolarmente. Oltre all’uso di materiali sostenibili, nei miei dipinti cerco poi di rappresentare la natura in tutte le sue forme.

Il tema centrale della mostra sono i Barabubbles, questi strani personaggi colorati.

Sono esseri colorati che lanciano cuori. In origine erano alberi, poi si sono evoluti e sono spuntate gambe, braccia, ad uno persino la coda, e all’interno hanno un’anima ben rappresentata. Vivono dentro una bolla trasparente che rappresenta, per ognuno dei quattro personaggi principali, un continente. Oltre i 4 che abbiamo citato, ci sono tanti altri Barabubbles. Per Beatrice Carbone, ad esempio, ho ideato la “Dragorna”, un mix tra un unicorno e un drago.

La collaborazione con Beatrice Carbone, Ballerina Solista del Teatro alla Scala, com’è avvenuta?

Ti ringrazio della domanda, è successo tutto per caso. La mia intenzione era di fare un omaggio alle ballerine della Scala e, tramite il mio compagno radiologo, sono venuta in contatto con Beatrice. È nato un grande feeling fin da subito, tanto che lei di lì a poco mi ha presentato lo scrittore e docente esperto di scienze del benessere Daniel Lumera, con tutta la sua filosofia riguardo la biologia dei valori e la gentilezza. Con entrambi è nata una grande amicizia e saremo presenti tutti, compresi i Barabubbles, al San Marino Festival Gentile, che si terrà appunto nella Repubblica di San Marino il prossimo agosto (dal 6 all’8). In occasione di questo evento i miei quadri verranno messi all’asta destinando il ricavato in beneficenza a favore del progetto sociale “Italia Gentile”.

Per ammirare i tuoi quadri, quando non sono esposti in una mostra come quella appena terminata a Venezia, come si può fare?

Ho due atelier, uno a Milano e l’altro a Rapallo. Poi a Santa Margherita Ligure, con l’immobiliarista Anna De Canio e l’interior designer Andrea Castrignano (conosciuto anche per la trasmissione televisiva “Cambio casa, cambio vita”, ndr), abbiamo allestito uno spazio espositivo con il concept dedicato a realizzare la casa dei tuoi sogni. I Barabubbles, poi, sono molto social e hanno un loro profilo Instagram dedicato dove si mettono quotidianamente “in mostra”.

[NdR –  si ringrazia l’Ufficio Stampa Tania Cefis per l’assistenza e la disponibilità]

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