Bandiere e primavere (Film, 2021)

Stefano Simone mette il suo stile di regista al servizio di una storia già scritta, un soggetto di Salvatore Castrignano, sceneggiato da Matteo Simone, che racconta la sua vita di sindacalista appassionato, al servizio degli umili e degli oppressi, con lo Statuto dei lavoratori come riferimento, dal 1970 in poi.

Il film comincia con un’immagine intensa dedicata al lavoro, un uomo che porta un piccone e scava la sua arida terra, scolpita dal sole, così come termina con identica immagine, circolare, proustiana, se si vuole avatiana, per restare in campo cinematografico. In mezzo a queste due immagini copertina troviamo la storia, con la macchina da presa di Simone che pedina l’esistenza di un uomo, sin da piccolo, con il padre che cerca lavoro in Germania, mentre il bambino (Simone Balta) studia, si dedica a lavoretti estivi e sa già cosa farà da grande. Una famiglia numerosa ma unita quella di Salvatore, che cresce (Simone impiega un nuovo attore, Alessandro Leone), prova a trasferirsi a Bologna (il regista inserisce una breve inquadratura della città felsinea) per frequentare l’Università ma poi molla tutto, perché non vuole che i suoi si sacrifichino per lui. Il futuro è già scritto. Terzo e ultimo attore che impersona Salvatore (Gianpio Guerra) nei panni del sindacalista che apprende il mestiere e si dedica anima e corpo a far rispettare i diritti delle maestranze, senza dimenticare un corretto rapporto con il padrone, che – se si comporta in modo equo – ha il diritto di avere un profitto. Salvatore viene chiamato il comunista, ma è un comunista che sa parlare anche con i padroni più arroganti e li piega al suo volere con il buon senso, con le parole giuste dette al momento giusto. Gesù Cristo, in fondo è stato il primo comunista della storia, dice a un amico che si complimenta per un successo sindacale.

Inutile raccontare tutto il film che il regista ha voluto sceneggiare senza precisi riferimenti temporali (come dice nella didascalia iniziale) per rendere attuale (e senza tempo) la vicenda e anche per motivi di budget (sarebbe stata complesso realizzare una scenografia in sintonia con i periodi vissuti), con il solo riferimento al sequestro Moro (Hanno rapito il Presidente!), lasciato comunque nel vago.

Stefano Simone, dopo aver affrontato il tema del bullismo scolastico si dedica al sociale per raccontare emigrazione, miseria, inquinamento, infortuni sul lavoro, sicurezza, ruolo del sindacato nella storia, problemi di un Sud depresso e bruciato dal sole, dove non si vede un futuro per i figli. Uomini come Salvatore e l’unità sindacale possono aiutare molto, sembra dire il regista, invitando le maestranze a sindacalizzarsi e a lottare per trattamenti giusti, sicurezza sul lavoro, contratti regolari e stipendi equi. Ottima l’idea di inserire brevi filmati d’epoca che rappresentano scioperi, lotte operaie e feste del Primo Maggio.

Fotografia gialla che riprende il sole delle Puglie e le rocce bruciate, la terra agra di bianciardiana memoria, che resta comunque la terra dove è dato vivere. Montaggio consequenziale, da narrazione classica, che lascia spazio anche ai sentimenti, per riprendere il matrimonio con la sindacalista Lina (Simone inserisce brevi sequenze in bianco e nero delle vere nozze), dopo aver vissuto un’intensa storia d’amore. Suono in presa diretta che conferisce realismo, colonna sonora ben sincronizzata curata da un autore storico come Luca Auriemma (con Simone dai tempi di Cappuccetto Rosso), buona sceneggiatura di Matteo Simone, che poteva essere asciugata di qualche sequenza senza togliere niente al film, mentre una cura maggiore dei dialoghi avrebbe reso il lavoro più agile.

Bandiere e primavere compone un quadro storico sul peso sociale del sindacato in un Sud Italia ricco di complessità e di contraddizioni, che a un certo punto cita persino Gian Maria Volontè, interprete de La classe operaia va in Paradiso di Elio Petri, in una sorta di omaggio metacinematografico. Serietà di intenti e lotta al personalismo sono le idee di fondo che muovono il sindacalista nella lotta quotidiana basata su un comunismo liberale vicino alla gente. Un film teatrale, utile da un punto di vista sociale, realizzato in gran parte in disadorni interni, ma con buone panoramiche di Manfredonia e di Mattinata (dovrebbe essere la spiaggia di Ariccia), recitato tutto sommato bene da attori non professionisti, con una nota di merito per Filippo Totaro che anche in una parte secondaria riesce a farsi ricordare e per il piccolo Simone Balta.

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Titolo: Bandiere e primavere. Origine: Italia. Anno: 2021. Durata: 120’. Regia: Stefano Simone. Sceneggiatura: Matteo Simone. Soggetto: dall’omonimo libro di Salvatore Castrignano. Musiche: Luca Auriemma. Fotografia e Montaggio: Stefano Simone. Distributore: Running TV International. Genere: Biografico. Formato: 2.39:1. Interpreti: Gianpio Guerra, Alessandro Leone e Simone Balta, Tonino Lurdo, Matteo Perillo, Filippo Totaro, Tonino Potito, Tonino Pesante, Chiara Lurdo, Antonio Manzella, Giusy Trigiani, Maurizio Tomaiuolo, Giovanni Guidone, Luigia Riccardi, Antonia Notarangelo, Michele Renzullo, Alessandro Mirasole, Francesca Gallifuoco, Giovanni Casalino, Filippo Lupoli, Roberto Lanzone, Pia Cassano, Umberto Leone.

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[NdR – L’autore dell’articolo ha un suo blog “La Cineteca di Caino”]

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