La legge di Sutton
Si narra che al celebre rapinatore di banche americano Willie Sutton venisse chiesto “Perché rapina proprio le banche?” La risposta fu “Perché è lì che stanno i soldi”. Anni dopo fu lo stesso Sutton a smentire questa leggenda metropolitana ormai entrata però nel sentire comune e, nella sua biografia, dopo aver spiegato che non fu lui a dire quella frase, continuò dicendo che se glielo avessero chiesto quella sarebbe stata la risposta. Ovvio. Lapalissiano si potrebbe anche dire per usare un termine più europeo.
La legge di Sutton è divenuta talmente popolare da essere usata oggi in medicina: quando deve essere fatta una diagnosi il medico deve considerare prima le ipotesi più probabili per gli accertamenti clinici da fare e gli interventi da porre in essere nell’immediato e poi, eventualmente, quando non si giungesse ad una soluzione, passare ad altri tipi di accertamenti. Applicando la legge di Sutton è del resto possibile, se non estremamente probabile, prestare immediatamente la cura giusta ed evitare di perdere tempo e denaro in ulteriore analisi che potrebbero mettere in pericolo la vita del paziente o, forse, danneggiare il fisico di un malato.
Questo principio potrebbe anche trovare applicazione ed essere usato anche in politica ed economia; ne trarrebbero sicuramente beneficio Stati e cittadini se fosse possibile, quando si presenta un problema, individuare la causa e porvi immediatamente rimedio. Se, ad esempio, venisse riferito alle forze dell’ordine che un ponte è pericolante, immaginiamo quanto sarebbe bello chiamare la squadra di pronto intervento che, immediatamente e senza perdere tempo, effettua le riparazioni e mette in sicurezza il ponte. Credo, invece, di non andare molto lontano dalla realtà se presumo che dopo la segnalazione si debba individuare l’ente competente ad intervenire, che dovrà chiedere le autorizzazioni a altri enti locali, probabilmente bandire una gara di appalto il cui esito sarà impugnato davanti al TAR dalla seconda classificata e così via. Ovvio che nel frattempo le possibilità che il ponte crolli e qualcuno vi rimanga sotto aumentano. Ed ecco che sarà l’occasione per istituire almeno una commissione di inchiesta per accertare le cause, individuare i responsabili, creare un protocollo di intervento e quant’altro doveva essere fatto prima.
Oso troppo nel proporre, in questi casi, l’istituzione di unità di intervento permanenti (magari militari?) che si dedichino senza indugio a riparare il ponte e dopo venga semplicemente presentato il conto a chi spetta pagarlo? Immagino già una serie di obiezioni da parte di enti che si sentono privati di prerogative decisionali e sindacati che si fanno paladini di lavoratori che vengono sostituiti da altri.
Altra ipotesi che potrebbe verificarsi è, in politica, quanto avvenne nella Francia del Settecento: le radici della rivoluzione furono cause di natura economica che per oltre sessanta anni, cercò soluzioni a problemi di bilancio senza riuscire nell’intento. Fu il successivo finanziamento alla Guerra di indipendenza americana che dette il colpo di grazia ad una situazione disastrata che impose la necessità di convocare gli Stati Generali con le conseguenze che ben sappiamo e che iniziarono dalla presa della Bastiglia. Forse l’esempio ha poche analogie con quello del ponte ma, in entrambi i casi, si comprende come un intervento immediato e risolutivo avrebbe avuto conseguenze diverse, magari avremmo evitato ponti crollati, alberi che cadono su auto e persone e persino una rivoluzione.
Su quest’ultima, comunque, mi sento di rassicurare e non credo che i cittadini si armino di forconi e fucili e prendano la Bastiglia (ma neppure Regina Coeli). Quelli che una volta avrebbero fatto le barricate e assalito fortezze oggi preferiscono lanciare il loro malcontento in rete e cercare approvazione sotto forma di like e click di altri indignati in attesa di chi si presenterà come salvatore della patria ma che, una volta al potere, cadrà negli stessi errori di chi lo ha preceduto.
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