IMU, non solo Italia

La tassa sulla casa si paga anche negli altri Paesi della UE. Vediamo intanto da noi quali sono le due imminenti scadenze fiscali per quanto riguarda la casa, appunto: la prima è il prossimo 16 gennaio, la data individuata dalla Legge di Stabilità per il pagamento della prima rata della IUC (Imposta Unica Comunale), mentre la seconda è fissata al 24 gennaio, quando scade il termine ultimo della mini IMU sull’abitazione principale, ossia la parte residuale della seconda rata dell’IMU 2013. L’imposta Unica Comunale comprende, oltre all’IMU, la Tari (l’imposta relativa raccolta e sullo smaltimento dei rifiuti) e la Tasi (l’imposta sui servizi indivisibili a disposizione della collettività, come per esempio l’illuminazione stradale) e può essere pagata in più tranche (a distanza di 6 mesi l’una dall’altra) o in un’unica soluzione entro il 16 giugno.

A differenze dalla IUC, alla cosiddetta mini IMU non sono soggetti tutti i contribuenti, ma solamente i proprietari di prima abitazione residenti nei circa 2.500 Comuni italiani che hanno aumentato allo 0,4% le aliquote IMU relative al 2013. L’importo da versare è pari al 40% della differenza, mentre il resto è a carico dello Stato. Secondo i calcoli del Corriere della Sera, per un’abitazione da 120 metri quadrati a Milano si dovranno sborsare 170 euro, mentre 80 euro per una minora metratura (80 metri). Il gettito sarà minore per cittadini romani, che pagheranno rispettivamente 85 e 53 euro.

Mentre in Italia impazza il toto-IMU, fra continui dietrofront e rimandi del Governo, scopriamo che anche altrove si paga una simile imposta. Secondo l’attenta analisi del Sole 24Ore, la proprietà immobiliare – prima casa inclusa – è tassata in quasi tutti gli altri Paesi EU, anche se le forme di prelievo sono calibrate in modo diverso rispetto all’Italia. In Francia, per esempio, abbiamo la Taxe foncière (l’IMU d’oltralpe calcolata sul valore catastale dell’immobile e con sgravi fiscali a beneficio delle famiglie meno abbienti) e l’Impot de solidarité sur la fortune, il cui importo è proporzionale al valore del patrimonio netto complessivo (immobili di proprietà ma anche titoli azionari, investimenti e altri beni materiali purché superiori a 1,3 milioni di euro). Oltre a queste due imposte, per certi versi complementari, c’è la Taxe de habitation, una mensilità pagata allo Stato da tutti gli inquilini – quindi, anche semplici affittuari – sia sulle prime che sulle seconde case.

In Germania esiste una tassa fondiaria imposta dal Governo Centrale (quello cui fa capo il premier Angela Merkel) e poi ciascun Bundesland (Stato federale) è soggetto ad un ordinamento normativo territoriale. Come avviene in Italia, Regioni e Comuni hanno la facoltà di modificare le aliquote di riferimento, che sono comunque proporzionali al valore catastale dell’immobile (circa il 60% del valore di mercato). La proprietà è tassata anche con un’imposta sui redditi da locazione a carico degli affittuari, per contro, a differenza di altri Paesi EU, non ci sono tasse patrimoniali sugli immobili.

I nostri cugini spagnoli pagano un’imposta sui beni immobili, con aliquote fino all’1,1%. In più c’è una tassa patrimoniale applicata alle abitazioni di valore superiore a 700mila euro e un’imposta sui redditi da locazione. In quest’ultimo caso sono previste agevolazioni per i giovani under 35, che prendono una casa in affitto. L’IMU belga si chiama, invece, Precompt Immobilier ed è calcolata in base al valore catastale dell’immobile. I sovrani della Regina pagano, infine, la Council Tax, un tributo oscillabile tra lo 0,5% e il 1,3% che comprende i servizi municipali (rifiuti, pulizia stradale e welfare) e interessa tutti gli inglesi residenti in un’abitazione (la condizione discriminante non è la proprietà, ma la semplice residenza). Il calcolo dell’importo imponibile dipende dal valore catastale, ma anche dal tipo dell’appartamento. Anche in Gran Bretagna si paga un’imposta sul reddito da locazione, che varia in funzione del valore dell’immobile.

Il confronto con gli altri Paesi EU evidenzia che l’IMU non è una particolarità del sistema fiscale italiano. Tutt’altro, la vera differenza risiede nel livello di pressione fiscale che fa dell’Italia uno dei Paesi più tassati d’Europa (44,0% sul Pil nel 2012, dati Bankitalia), a pari merito con la Finlandia e solo dopo la Danimarca, il Belgio, la Francia e la Svezia.

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