Cybercrime, impossibile conoscerne la portata
Tantissimi anni fa, quando esistevano ancora gli elenchi telefonici nei bar e nelle cabine telefoniche, qualche ragazzino vivace poteva facilmente trovare il numero di telefono del signor Galli, chiamare usando un gettone e chiedere se fosse in casa il signor Tacchini e, alla risposta negativa, il simpatico monello rispondeva “Mi scusi ho sbagliato pollaio.” Una goliardata. Era una goliardata ma anche, in ogni caso, forse, il primo esempio di furto di dati. Chi avrebbe mai però pensato a denunciare qualcuno per una cosa del genere? Sarebbe passata nel dimenticatoio proprio come oggi non si denunciano episodi ben più gravi.
Muoviamo dal presupposto che gli strumenti per fare simili “scherzi” sono aumentati e non sono in mano solo ai giovanissimi, ma a vere e proprie organizzazioni criminali che non hanno scrupoli ad attaccare computer e cellulari di aziende e persone per svuotare conti correnti, impossessarsi di dati sensibili per ricattare chiunque, commettere truffe che, le cronache ce lo raccontano, vanno dai falsi innamorati che si fanno spedire denaro per poter viaggiare alla madre del povero bambino malato che chiede soldi per una difficilissima operazione.
Altro caso purtroppo frequente è il falso poliziotto o avvocato che si presenta da una nonna o una mamma a chiedere il pagamento di una somma per l’incidente causato dal figlio che, a loro dire, si trova bloccato in caserma o in tribunale fino a quando non sarà versata una cauzione o pagata una multa. In questi casi complice dei malfattori è proprio quel figlio o nipote che, sui propri social ha messo a loro disposizione abbastanza dati per permettere di creare una storia credibile
Chiediamoci quante di queste vittime andrebbero a denunciare la loro ingenuità e correre il rischio di metterla in piazza. Quante aziende preferiscono pagare somme a prima vista accettabili per evitare di perdere il database hackerato ed evitare interventi del Garante.
Tutto ciò porta a gravi conseguenze non solo in ordine all’impunità di crimini a volte odiosi a causa di vittime particolarmente deboli che possono essere gli anziani o i titolari di aziende piccole che cedono al primo ricatto. Anche vittime di piccole truffe per poche decine di euro online difficilmente denuncerebbero e sicuramente ogni giorno migliaia di episodi di cyberbullismo non vengono denunciati.
La conseguenza è che risulta impossibile, più che nel mondo reale, avere un’idea ancorché vaga di quella che possa essere l’entità del crimine online. In criminologia si parla di numero oscuro per indicare i reati che, per le più svariate ragioni, non vengono denunciati e non appaiono nelle statistiche contribuendo così a creare incertezza sui numeri reali incerti e, probabilmente, ostacoli nella lotta al crimine. Ciò incide in maniera importante sui reati commessi nella realtà e, possiamo esserne certi, ancora di più online dove alcuni reati, quali il furto di dati o di identità, potrebbero essere addirittura scoperti anni dopo.
Numeri ancora più alti e veramente quasi impossibili da conoscere possono arrivare dal crimine commesso nel darkweb e nel deepweb: non solo spaccio e vendita di documenti o medicinali, ma anche torture, pedopornografia, vendita di organi. Autori e vittime ben potrebbero essere minorenni.
Internet è il luogo ideale dove commettere reati oggi; una piazza in espansione che offre maggiori possibilità di anonimato e conseguente impunità oltre ad essere un contesto in cui le vittime sono molto più distratte perché spesso inconsapevoli dei rischi che corrono e di chi potrebbe essere l’aggressore. Perlomeno in strada si tiene chiusa la borsa o la tasca del portafogli e vi si presta attenzione. Online è quasi impossibile potersi difendere da tutto e tutti.
Non dobbiamo però mai dimenticare che, purtroppo, come sopra già accennato, spesso la vittima è complice del suo stesso carnefice. La mancanza di conoscenza dei pericoli online e l’assenza di una vera consapevolezza del valore dei beni che noi esibiamo in rete, sono argomenti di cui si dovrò tenere conto, specialmente a livello legislativo per cercare di creare una vera e propria coscienza digitale di della quale si sente sempre più bisogno.
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