Iran e Occidente

La vittoria dell’estremista Ebrahim Raisi nelle elezioni presidenziali in Iran ha di molto peggiorato il quadro delle relazioni tra Teheran e gli USA e l’Occidente in generale. Raisi è un fanatico, come capo del Potere Giudiziario si era reso in passato responsabile di una durissima repressione degli oppositori politici ed era considerato il delfino dell’Ayatollah Khamenei, un conservatore puro e duro. Il predecessore di Raisi, Rohani, era relativamente un moderato, fautore di una politica di avvicinamento all’Occidente, ed essendo appoggiato da una buona maggioranza nel Parlamento aveva potuto promuovere e concludere lo storico Accordo sul nucleare. Poi è venuto disgraziatamente Donald Trump, che ha fatto saltare l’accordo e aggravato le sanzioni economiche che stanno pesando fortemente sull’economia e quindi sul benessere degli iraniani. L’elezione di Raisi è una delle conseguenze avvelenate delle follie trumpiane.

Qualche commentatore politico ha avanzato l’ipotesi che un “duro” alla Presidenza iraniana renda più possibile una riprese positiva dei negoziati sul nucleare, per ora bloccati, non dovendo Raisi temere di essere criticato da destra come troppo debole. Spero di sbagliarmi, ma sembra un’ingenuità. A parte le posizioni oltranziste del neo-Presidente, il potere a Teheran è sempre più nelle mani di khamenei e della Guardia Rivoluzionaria. Essi sanno che le sanzioni pesano e vorrebbero vederle eliminate o ridotte, ma l’aspetto politico-religioso resta preminente e non credo siano disposti a vere concessioni in cambio di qualche vantaggio economico. Raisi ha comunque subito mostrato le sue carte, scegliendo come Ministro dell’Interno un militare, Vahidi. Che è nella lista dei responsabili del sanguinoso attentato degli anni Novanta contro le Associazioni Ebraiche di Buenos Aires. Il Governo argentino ha protestato, ma sono parole in aria.

Autorevoli esperti sull’Iran profetizzano perciò un futuro tempestoso nei rapporti tra l’Iran, gli Stati Uniti e l’Occidente in generale, oltre s’intende che con Israele e l’Arabia Saudita: proseguimento del programma nucleare, che secondo alcuni è comunque già molto avanzato, sostegno ai movimenti tipo Hamas in Libano, Siria e Palestina (Hamas ha del resto già ricominciato a inviare missili su Israele).

Tutto ciò porrà gravi problemi a breve-medio termine al nuovo Governo israeliano e, s’intende, all’Amministrazione Biden, che non potranno in alcun modo restare inerti davanti all’aggravato pericolo.

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