Palamara Cedrone?
In una sua caratterizzazione degli stereotipi che si incontrano oggi nel film Gallo Cedrone, Carlo Verdone fa candidare il personaggio, già protagonista di una serie di esperienze non proprio eclatanti, come sindaco di Roma con il progetto di cementificare il Tevere. Un programma politico interessante, chiaro e comprensibile, al termine di una storia che ricorda come, in fin dei conti, la politica è, perlomeno in Italia, un mestiere cui può accedere chiunque, magari anche senza preparazione o cultura alcuna, e nella quale si possono riciclare i fuoriusciti di qualsiasi altra attività.
Non appena giunta la pronunzia della Cassazione che ha definitivamente radiato Luca Palamara dalla Magistratura, l’ex magistrato ed ex membro del CSM, già più giovane presidente dell’Associazione Nazionale Magistrati, ha lanciato la sua candidatura con tanto di lista con il proprio nome. Chissà che presa potrà avere su un elettore, cui si chiedono voto e fiducia, sapere che il candidato ritiene perfettamente leciti accordi e contatti pur di ottenere nomine. Citiamo testualmente dal libro intervista del giornalista Saluzzi allo stesso Palamara: “La verità è che dietro ogni nomina c’è un patteggiamento che coinvolge le correnti della magistratura, i membri laici del Csm e, direttamente o indirettamente, i loro referenti politici. Per me è stato assolutamente fisiologico ritenere che magistratura e politica dovessero interfacciarsi”.
Senza voler scomodare l’antica Grecia, possiamo dire che esistono molti modi di fare politica e, con il suo modo di agire, mai negato, di relazioni, incontri, intrecci, favori e ragnatele di rapporti su cui si muovono in equilibrio più soggetti, Luca Palamara ha semplicemente usato gli schemi tipici di una politica da salotto che, in Italia, probabilmente muovono dai tempi dell’antica Roma, si sono sviluppati nel Rinascimento e sono giunti fino ad oggi tramite il Risorgimento.
Chissà sia vero se sia stato il Conte di Cavour il vero Grande Tessitore che viene descritto o se, prima di lui, Machiavelli e Richelieu siano stati superiori in questa arte. La vicenda Palamara sembra lontana per modalità e personaggi dalle grandi vicende del nostro passato storico e può essere paragonata a una bega condominiale per scegliere il delegato della scala A ovvero, peggio ancora, alle trame del Ragionier Filini, di Fantozziana memoria, che organizza cenoni e gite aziendali per una promozione.
Potrebbe essere comico ma, purtroppo, è drammatico perché la vicenda tocca la Magistratura, quel potere giudiziario che rappresenta uno dei cardini insieme al legislativo e all’esecutivo dello Stato. Le decisioni prese nel corso degli incontri tra magistrati con personaggi politici possono influenzare la vita politica ed economica dell’intero Paese e quella dei singoli cittadini. Un qualcosa di probabilmente troppo importante per lasciarlo in mano a correnti di magistrati, amicizie e relazioni che possono cambiare ad ogni minimo diverso umore o alla convenienza del momento dei singoli interessati.
Oggi possiamo solo attendere l’esito di processi che, non dimentichiamo, si fondano su migliaia di pagine di intercettazioni e, sicuramente, altrettante di verbali. Non cadiamo nell’errore di voler dare giudizi solo sulla base delle idee altrui, spesso preconcette, riportate dalla cronaca o degli “informati della rete” che non hanno accesso agli atti processuali.
Resta in ogni caso una vicenda aperta e che, lo ammettiamo, difficilmente potrà vedere un unico colpevole a fronte di quello che non può non essere un sistema che ha coinvolto tutti coloro che sono stati eletti con questi meccanismi e ancora occupano, in molti casi, quegli stessi incarichi frutto dei patteggiamenti di cui parla Palamara e che hanno dato origine all’inchiesta e a questi suoi primi esiti. Restiamo in attesa delle sentenze e, oggi, anche di un responso dalle urne su un nuovo aspirante politico.
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2 Comments
Acuto come sempre
Analisi condivisibile ma non si vedono per il momento cambiamenti