Social media, dittatori da tastiera

Quale è la massima aspirazione di un dittatore o di un regime assolutista? Reprimere ogni forma di dissenso, di protesta, di pensiero opposto o anche solo minimamente contrario. Come è stato raggiunto tutto ciò nei secoli? Campi di concentramento e di rieducazione, eccidi, violenze, torture, censura per zittire ogni voce che non fosse intonata a quella del coro voluto da chi, in quel momento, rappresentava il potere. Era lui ad avere l’ultima parola, quella definitiva e insindacabile. La pensi diversamente? Tagliamogli la testa come diceva la Regina di Cuori ad Alice. Dopo di ciò potevano essere solo nuovi applausi, consensi e riprendere a celebrare le glorie del potere.

Chi non avrebbe voluto godere di tutto ciò e vedere il proprio verbo a tal punto osannato? Oggi è possibile per tutti al comodo costo di una connessione online sempre più economica e di un click che può essere usato come forma di ghigliottina sociale per zittire il dissenso.

Sul profilo personale di chiunque, sulle fotografie, sui commenti sugli status e sulle opinioni di può scatenare di tutto nella vita online, ad iniziare da attacchi di odio; quella di hater online sembra sia quasi più una professione che non una passione. È entrata nel linguaggio comune l’espressione shit storm (letteralmente “tempesta di cacca”) si intende quel fenomeno con il quale un numero piuttosto consistente di persone manifesta il proprio dissenso nei confronti di un’altra persona (o di un gruppo), o di una organizzazione o di una azienda.

Certo, per un’azienda o per un gruppo coeso è più facile gestire l’odio altrui, magari facendo, come in passato i gruppi partigiani, forme di resistenza e magari passare al contrattacco. Per un singolo potrebbe essere tuttavia più facile online, creandosi una sua comfort zone ben protetta, con pareti ben definite nei loro confini per poter intanto permettere l’ingresso solo a soggetti già selezionati e che, pertanto, si presume, non possano essere portatori di forme di dissenso. In ogni caso, laddove ciò accadesse, ecco che può essere avviato lo strumento del silenziamento, del blocco, della cancellazione di commenti sgraditi e così via.

Non è lo stesso modo in cui si comporta un dittatore nel suo piccolo regno o staterello? Lo fanno anche in quelli grandi, ma muoversi nel piccolo è probabilmente più facile. È forse difficile pensarlo, ma una pagina o un profilo social sono una forma di esternazione e manifestazione della personalità che permettono di essere gestite proprio come uno stato formato da una persona sola che decide quanto tempo e risorse investire nella sua creatura, con chi relazionarsi e portare avanti quella che ben potrebbe considerare anche una missione. In ogni caso, il potere viene esercitato nelle stesse forme di un piccolo tiranno padrone di ogni decisione e con il diritto di vita o di morte (pardon, di ban e click) nei confronti di ogni altro.

Ovviamente lo staterello di questa nuova forma moderna di Cesari da tastiera si può allargare ed ecco che possono crearsi gruppi che trovano la loro aggregazione sui più disparati argomenti o status sociali. Dai gruppi di mamme, amanti di gatti o di calcio, di fumetti o di feroci fan di un programma televisivo, online troviamo di tutto. In questi casi il dittatore già sa di avere un vasto pubblico, potenzialmente già formato da fidati seguaci, pronti a mettere un like ad ogni suo gesto, opinione, fotografia. Dopo è aperto il dibattito, ma immaginiamo già colui che, magari con le sue frustrazioni nella vita reale, è pronto con in mano la mannaia rappresentata da un mouse o la punta del dito, per tagliare fuori dai giochi chi dovesse pensarla diversamente o, addirittura, espellere qualcuno dal gruppo. Immaginiamo la ferocia con cui si espellerà un carnivoro appena scoperto in un gruppo vegano oppure quanto potrà vantarsi l’amministratore di un gruppo amanti gatti per aver bannato l’amante dei cani che sfotteva.

Si tratta di un nuovo modo di vivere in cui la personalità umana può trovare forme di manifestarsi magari impensabili o dove possono scatenarsi, ancorché nella piazza virtuale, alcuni istinti che, dal vivo, sarebbe più difficoltoso manifestare. Magari usando anche la forma anonima che la rete mette a disposizione degli utenti.

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