Quella TV che non esiste più

Il 10 ottobre 1970, esattamente 51 anni fa, era sabato. Il presidente della Repubblica Italiana Giuseppe Saragat e quello degli Stati Uniti il contestatissimo Richard Nixon. Quel giorno le Figi diventarono indipendenti dal Regno Unito e il vicepremier del Quebec Pierre Laporte, venne rapito da membri dell’organizzazione terroristica Fronte di Liberazione del Québec.

La maggior parte degli Italiani, nelle loro case, dopo il telegiornale della sera, ascoltarono una canzone che, ancora oggi, è un motivetto ancora cantato da molti ed impossibile da scacciarlo dalla testa come accade con molti tormentoni. Era Ma che musica maestro, sigla di Canzonissima, cantata da Raffaella Carrà.

Il programma, abbinato alla Lotteria Italia, oltre ad accompagnare il sabato sera degli italiani, permetteva di sognare un montepremi di centocinquanta milioni di lire al modico prezzo di un biglietto che ne costava 500, somma con cui si compravano sette tazzine di caffè a settanta lire l’una e avanzavano anche dieci lire per le caramelle. Se pensiamo che oggi il biglietto costa cinque euro e il caffè uno, se non di più, abbiamo un piccolo parametro di raffronto del cambiamento dei tempi.

La scelta del programma da guardare in famiglia non era certo ampia per il pubblico; non esisteva neppure Rai Tre; chi non voleva restare in casa poteva andare al cinema a vedere il film campione d’incassi dell’anno Continuavano a chiamarlo Trinità.

La giovane Raffaella Carrà, dopo il successo avuto con il programma Io Agata e Tu che condusse a fianco di un artista sottovalutato come Nino Ferrer, ebbe l’occasione di diventare un simbolo nazionale e lo seppe sfruttare al meglio, aiutata dal conduttore scelto dalla RAI, Corrado, già presentatore di esperienza e affermato.

Vinse quell’edizione in cui i cantanti, tutti rigorosamente italiani e cantavano dal vivo con l’orchestra, Massimo Ranieri. Dietro di lui i nomi classici che caratterizzavano la musica nostrana di quel periodo: Gianni Morandi, Claudio Villa, Mino Reitano, Orietta Berti e molti altri nomi storici. Il melodico stile italico la faceva da padrone mentre nel resto del mondo al numero uno troviamo Bridge over troubled water di Simon and Garfunkel, Let it be dei Beatles, ABC cantata dai Jackson 5 con l’allora dodicenne Michael che era agli albori di una carriera irripetibile.

Ma il pubblico del sabato sera, che non conosceva ancora le discoteche e frequentava le vecchie balere, aveva in Canzonissima la certezza di trovare volti amici che facevano dimenticare per alcune ore i problemi della settimana e che, fuori, eravamo all’inizio di quel periodo della tensione iniziato a Piazza Fontana un anno prima. L’Italia godeva ancora i frutti del Boom e non era ancora consapevole che stavano iniziando gli anni di piombo.

Niente effetti speciali, superospiti stranieri, interruzioni pubblicitarie e, aspetto da non trascurare, le lunghe pause che i moderni presentatori inseriscono nelle loro conduzioni per allungare all’inverosimile la durata di programmi destinati sempre più a nottambuli e con un pubblico fin troppo coinvolto e, spesso, desideroso di mettersi in vista più di qualcuno dei protagonisti sul palco.

Sicuramente oggi vediamo look più accattivanti, provocatori, fantasiosi e a cui, non poche volte, sono utilizzati per creare il personaggio e fanno passare in secondo piano testi e musica. Ma, lo ammetto, è poco probabile oggi che il pubblico possa prestare attenzione ad ascoltare cantanti in cravatta, quasi imbalsamati, che non ballano, non si muovono e non provocano. Ma quelli erano i tempi dei vecchi crooner e gli ospiti d’onore delle serate potevano chiamarsi Franco e Ciccio, Vittorio Gassmann o Vittorio De Sica. Non si ricorreva ai protagonisti di un reality per fare audience.

In tutto ciò brillò Raffaella Carrà che, forte del consenso popolare che la portò con il tempo a diventare la raffa Nazionale, esibì in televisione un allora scandaloso ombelico preparò la strada per la successiva conduzione del 1972 per lanciare il Tuca Tuca; brano prima censurato e poi riabilitato quando ne fu protagonista Alberto Sordi.

Una TV diversa, educata, in punta di piedi e rispettosa dei telespettatori. A pochi mesi dalla scomparsa di raffaella Carrà, piace ricordarla.

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