C’è tempo (Film, 2019)
C’è tempo di Walter Veltroni esce nel 2019, non molto visto, due candidature ai Nastri d’Argento (miglior attore Fresi, colonna sonora Danilo Rea), unico film a soggetto di un regista che ha dato il meglio di sé nel documentario su Berlinguer del 2014, di sicuro un cinefilo colto e profondo ma un autore amatoriale.
Vediamo la trama, piuttosto esile, che si regge sull’interpretazione di uno Stefano Fresi in gran forma. Stefano (Fresi) fa l’osservatore di arcobaleni e il custode di uno specchio speciale che serve a far giungere il sole in un piccolo paese del Piemonte, dove vive insieme a una moglie insoddisfatta (Zezza). Un giorno scopre di avere un fratello di tredici anni, Giovanni (Fuoco), e che dovrà occuparsi di lui, dopo la morte improvvisa dei genitori. Comincia un film on the road che porta alla conoscenza profonda tra fratelli e alla scoperta di un rapporto nuovo, oltre alla nascita del vero amore per Stefano, che incontra Simona (Molinari), una cantante jazz in tour per la penisola e decide di mollare tutto per stare insieme a lei. Non solo, pure il ragazzino prende una cotta per la figlia della cantante e il progetto iniziale di mettere Giovani in collegio e prendere i soldi della tutela viene accantonato. Non aggiungo altro sulla storia, perché il film, trasmesso da Rai Movie il 14 luglio, disponibile su Rai Play, merita la visione, se non altro per la quantità incredibile di citazioni cinematografiche che contiene.
Giovanni sembra un piccolo Veltroni, a tredici anni guarda film neorealisti, trascura le serie televisive, ama Bertolucci e il cinema francese, infine incontra a Parigi il mito della sua vita: Jean-Pierre Léaud (nella parte di sé stesso), che gli chiede un autografo perché non è facile incontrare un bambino che ha visto tutti i suoi film. C’è tempo gode di una suggestiva fotografia di Davide Manca che immortala montagne piemontesi, una Parma notturna e decadente, una Parigi solare e splendente; sorretto da un’ottima colonna sonora di Danilo Rea, difetta nella sceneggiatura (piuttosto prevedibile) e nei dialoghi (artefatti), pur interpretato da attori in buona forma e convincenti anche nelle situazioni più surreali. Suggestiva la trovata del pallone, prima calciato in cielo, che cade soltanto nel finale da un arcobaleno parigino tra le braccia del bambino. Proustiana la citazione del ghiacciolo Arcobaleno, molto noto per chi è stato ragazzo negli anni Settanta-Ottanta e che nell’economia del film ha la funzione di una madeleine capace di far gustare il sapore del tempo perduto.
Cinema di poesia, alla Pasolini, se si vuole, amatoriale ma spontaneo, da vedere come se fosse una fiaba a lieto fine, senza farsi troppe domande. Considerato il triste e monotono panorama cinematografico italiano, un piccolo fiore da cogliere, senza negarne i difetti, perché a volte proprio le cose imperfette sono le migliori. Consigliato.
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Regia: Walter Veltroni. Durata: 107’. Genere: Commedia. Soggetto: Walter Veltroni. Sceneggiatura: Walter Veltroni, Doriana Leondeff. Fotografia: Davide Manca. Montaggio: Gabriele Gallo. Scenografie: Roberto De Angelis. Musiche: Danilo Rea. Produttore: Carlo Degli Esposti. Casa di Produzione: Palomar. Distribuzione: Vision Distribution. Interpreti: Stefano Fresi (Stefano), Giovanni Fuoco (Giovanni), Simona Molinari (Simona), Francesca Zezza (Francesca), Jean-Pierre Léaud (se stesso), Giovannino Benincasa (carabiniere), Max Tortora (carabiniere), Anna Billò (giudice), Laura Efrikian (madre di Stefano), Teresa Federico (Michela), Silvia Gallerano (Luciana), Sergio Pierattini (direttore della banca), Shi Yang Shi (cameriere), Eleonora De Laurentis (Nathalie), Damiano Di Lella (Stefano a sette anni), Maria Teresa Borela Baluyot (Gladys).
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[NdR – L’autore dell’articolo ha un suo blog “La Cineteca di Caino”]