Camera di Consiglio

VALORE PROBATORIO EMAIL SEMPLICE – Con una recente sentenza, n. 5523/2018, la Suprema Corte è tornata a disquisire con riguardo al valore probatorio dei documenti di posta elettronica privi di firma digitale.

Sostanzialmente, in Giurisprudenza vi sono due orientamenti contrastanti. Secondo un primo filone, più restrittivo, la semplice email rappresenta un semplice documento informatico privo di firma: pertanto, non vi è garanzia alcuna della certa paternità del documento. Invero, l’accesso tramite la password alla posta elettronica, sarebbe “privo della necessaria connessione logica con i dati elettronici costituenti il messaggio” (così si esprimeva il Tribunale di Roma, con sentenza in data 27.05.2010). Secondo tale orientamento, dunque, la semplice email farebbe piena prova  solo se colui contro il quale è proposta non la contesti, ai sensi e per gli effetti del dettame di cui all’art. 2712 c.c.

Secondo altre Corti di merito, tra cui si ricorda il Tribunale di Milano, che si è espresso con sentenza n. 1142/2016, il documento elettronico potrebbe “essere considerato fonte di prova anche in assenza di firma elettronica certificata”. Secondo tale sentenza, dunque, è necessario rilevare che il Codice dell’Amministrazione Digitale (entrato in vigore con il D. Lgs. n. 82/2005), all’art. 21 sancisce che “il documento informatico, cui è apposta una firma elettronica, soddisfa il requisito della forma scritta e sul piano probatorio è liberamente valutabile in giudizio, tenuto conto delle caratteristiche oggettive di qualità, sicurezza, integrità ed immodificabilità”.

La Corte Milanese ricordava, poi, che secondo il Regolamento EIDAS (ossia il Regolamento UE n. 910/2014), all’art. 46 è previsto che, in caso in cui un documento sia dotato di  una semplice firma elettronica, ciò non è sufficiente a provare che il documento stesso sia privo di effetti giuridici e che sia inammissibile come prova.

Anche secondo l’ordinanza resa dal Tribunale di Termini Imerese in data 22.02.2015, veniva sancito che: “nell’ipotesi in cui le email non certificate si qualifichino quali documenti informatici con firma elettronica leggere, la loro valenza è liberamente valutabile dal Giudice”, tento conto del contenuto dell’art. 21 CAD, così riconoscendo una valenza probatoria delle semplici email che deve essere soggetta alla libera valutazione del Giudice.

Tale secondo orientamento è stato fatto proprio anche dalla Corte di Cassazione citata, secondo la quale, circa l’efficacia probatoria dei documenti informatici, riprendendo, l’art. 21 CAD, anche nelle previgenti versioni “attribuisce l’efficacia prevista dall’art. 2702 c.c. solo al documento sottoscritto con forma elettronica avanzata, qualificata o digitale, mentre ai sensi dell’art. 20, l’idoneità di ogni diverso documento informatico (come l’e-mail tradizionale)  a soddisfare il requisito della forma scritta, in relazione alle sue  caratteristiche oggettive di qualità, sicurezza, integrità ed immodificabilità”. Si deve far notare che, a seguito dell’intervento del Legislatore del 2017, l’attuale normativa di riferimento è costitutita dall’art. 20, comma 1 bis CAD (Codice Amministrazione Digitale).

Pertanto, anche la semplice email sottoscritta, può costituire fonte di prova, liberamente valutabile dal Giudice, in relazione alle predette caratteristiche.

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