Gender gap, verso una lenta evoluzione?

A Pechino si svolse nel 1995 una Conferenza a dir poco epica durante la quale organizzazioni non governative, Chiese di vari credo insieme a molti capi di Stato si riunirono con lo scopo di far cadere i muri che da sempre circondavano il mondo femminile. Questo evento fu fondamentale per portare alla luce e nella giusta dimensione aspetti della vita delle donne come la maternità, la conciliazione lavoro e famiglia e l’impegno sociale. E sicuramente sottolineò l’importanza di un dialogo continuo tra istituzioni e organizzazioni non governative e società civile in genere.

Molto è cambiato da allora; intanto si è capito quanto fosse importante l’adozione di un nuovo linguaggio per combattere i pregiudizi e gli stereotipi. Quest’ultimi duri a morire, poiché ancora fanno parte di certi linguaggi convenzionali: mi viene in mente, per esempio, come spesso vengano presentate donne che ricoprono cariche importanti, partendo dal loro abito o dalla loro situazione coniugale.

Spesso – quando vengono nominate a cariche apicali – le donne, si parla subito del loro aspetto fisico, tipo “La bella Ministra”, si racconta che la Ministra “ha 3 figli ed è felicemente sposata con”. Quando ci si riferisce a maschi questo è poco usata. Oppure, “indossava un bellissimo Dior”. Machissenefrega, tutto questo è lecito solo se a parlare fosse un giornale di moda. Dopo Pechino si cominciò ad avere una visione femminile della vita, furono analizzati i vari aspetti della vita quotidiana e lavorativa con prospettive diverse e questo ha generato l’uso di parole che sono entrate nel nostro vocabolario comune, si cominciò a usare termini che noi utilizziamo continuamente come “empowerment femminile” e “prospettiva di genere”.

Adesso, guardiamo avanti tenendo bene in mente il passato e quindi credo si possa dire che molto si è fatto e che quello discusso a Pechino ha sicuramente aperto la strada. Molto ancora da fare, molte ancora le difficoltà che le donne incontrano nella conciliazione, nel fare carriera, nel posizionarsi in ruoli apicali. Per fortuna esistono organizzazioni della società civile che, sempre in prima linea, portano avanti istanze per migliorare le condizioni e fanno monitoraggio che queste vengano accolte dalle istituzioni. E per questo oggi abbiamo il Women 20. Per capire bene cosa si tratta, va ricordato cosa è il G20 che è un’abbreviazione per Group of 20, Gruppo dei 20. È l’incontro annuale dei capi di Stato dei Paesi con le economie più importanti e dalla maggiore crescita. I leader che intervengono rappresentano due terzi della popolazione mondiale e l’85% della ricchezza del Pianeta.

Il G20 nasce, nel 1999, come riunione informale dei governatori delle banche centrali e dei ministri delle finanze delle nazioni più sviluppate e di quelle emergenti del Pianeta. Il G20 è un forum internazionale che vede la partecipazione della maggior parte delle nazioni più industrializzate del pianeta e all’interno del quale vengono discusse le principali questioni economiche mondiali ma anche problematiche di carattere diverso e più generale. Gli Stati membri dell’organizzazione sono Argentina, Australia, Brasile, Canada, Cina, Francia, Germania, India, Indonesia, Italia, Giappone, Messico, Russia, Arabia Saudita, Sudafrica, Corea del Sud, Turchia, Regno Unito e Stati Uniti e ad essi va ad aggiungersi l’Unione Europea che rappresenta, naturalmente, gli interessi di tutti i Paesi aderenti, tra cui Paesi Bassi e Spagna che, pur essendo nazioni ad alta industrializzazione, non fanno parte del G20. Il G20 non ha una struttura permanente e neppure un proprio staff mentre la presidenza ruota, su base annua, tra i diversi Paesi aderenti.

Durante il G20 Australiano nel 2014 si considerò che le donne non erano rappresentate nel modo giusto e allora si costituì il gruppo Women 20. Il W20 Women 20, è quindi un gruppo di donne esponenti della società civile, esperte nelle tematiche di genere che si riuniscono periodicamente; esse sono le rappresentanti dei 20 Paesi industrializzati che analizzano e propongono soluzioni per migliorare sempre di più la condizione femminile. Le delegate sono esponenti di grandi associazioni, università, fondazioni tutte accumunate da un percorso importante fatto nel tema dell’uguaglianza di genere.

Lo scopo è garantire una visione di genere nelle discussioni del G20 promuovendo l’uguaglianza di genere. Ci sono competenze importanti nel W20 e vengono monitorati i dati che emergono da tutti gli stati aderenti; i temi sono sempre molto attuali e si tiene conto dei lavori passati con un occhio molto attento a quelle che sono le esigenze del momento. Alla fine dei lavori ogni presidenza w20 produrrà un documento finale, il cosiddetto Communiquè che, dopo essere stato discusso con tutte le delegate, verrà dato al primo ministro della nazione che ha la presidenza.

Il W20 è sempre attento e ricopre il fondamentale ruolo di raccordo tra la società civile e le istituzioni; i risultati si vedranno in un prossimo futuro, ma senza dubbio in questi ultimi 25 anni dopo Pechino si è arrivati a un dato di fatto incontestabile: tutti hanno capito quanto sia importante il ruolo della donna nella società intera; quanto sia importante che la donna possa lavorare in serenità e gestire una famiglia in contemporanea; quanto le donne, quelle davvero in gamba e ce ne sono tantissime, possano fare davvero la differenza.

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