Questione di generazioni
Oggi, in un momento in cui il mondo va decisamente veloce, non solo per la tecnologia, avere chiaro che cosa si intenda con il concetto di generazione è fondamentale per sapere di che cosa e con chi stiamo parlando in quel momento. Serve per sapere se il nostro interlocutore è nato con in mano già un cellulare o si è formato sui libri; se è cresciuto con soli due canali televisivi o se ogni giorno ha avuto a sua disposizione decine di cartoni giapponesi; se ha conosciuto i partiti politici tradizionali con le loro ideologie o se ha visto solo gli attuali movimenti che sono frutto degli umori di pancia del momento. È differente parlare con chi ha manifestato con in mano il Manifesto del Partito comunista e il Libretto rosso di Mao o con i testi di Marcuse e i libri di Kerouac o, chi ha deciso di non andare a scuola il venerdì per seguire Greta e non ultimo chi strilla la propria idea perché ha scoperto di averla perché si è trovato su un oscuro sito internet creato dall’autoproclamatosi santone del momento.
Possiamo concordare che, con il termine generazione, viene identificato un insieme di persone che è vissuto nello stesso periodo di tempo ed ha avuto un’esistenza caratterizzata dagli stessi eventi storici, sociali, sviluppi tecnologici.
Possiamo quindi dire che l’uomo delle caverne ha costituito un’unica generazione? O forse che le generazioni si sono succedute al momento in cui è stata fatta una nuova scoperta che ha cambiato il modo di vivere della collettività? Forse l’uso dell’aratro e la scoperta del fuoco potrebbero indurre a questa conclusione; l’inizio dell’utilizzo della scrittura potrebbe essere un’altra pietra miliare o, forse, il perfezionarsi di un linguaggio comune.
Lasciamo ai sociologi di professione interrogarsi sulle lontane origini e limitiamoci ad oggi, salvo notare che si potrebbe addirittura ipotizzare un’unica generazione tra la fine del rinascimento e l’inizio dell’Ottocento, o forse fino alla fine di quel secolo. Veniamo a quello passato che, per la prima volta ha visto un rapido susseguirsi di generazioni al punto che se ne contano ben sette ed una è già stata accertata in questo. Possiamo iniziare dalla Generazione perduta (1883-1900) caratterizzata dai Ragazzi del ‘99 e proseguire con la Greatest generation, quella nata dopo la Grande Depressione, o in Italia durante il ventennio fascista, e che ha contribuito alla crescita economica del dopoguerra. Abbiamo poi la Generazione silenziosa (1928-1945) che negli Stati Uniti ha vissuto il maccartismo e in Italia è cresciuta durante il Boom economico degli anni Cinquanta. I baby Boomers, nati fino al 1964-65 sono i loro figli, quelli che sono la maggioranza del mondo del lavoro attivo oggi e che, nati sui vecchi quaderni, si sono trovati a lavorare con i computer che è stato lo strumento su cui si sono formati i nati fino al 1980, la Generazione X. Quella la vediamo bene anche in Italia, sono i figli dei programmi TV giapponesi e di un nuovo modo di vivere più protetto che ha portato qualcuno a definirli anche choosy o schizzinosi. È del tutto sbagliato? Eccoci finalmente ai Millennial o Generazione Y (1890-1995), color che già a pochi anni di vita erano in grado di dominare il mondo da una tastiera che non era quella della macchina da scrivere che stava andando in pensione e, probabilmente, non hanno conosciuto neppure. Dal 1995 fino al 2010 nascono i ragazzi della Generazione Z, in piena esplosione nel quotidiano della rivoluzione digitale e che ha vissuto la pandemia chiusa in casa nel momento in cui ognuno sente il massimo bisogno di uscire e confrontarsi con il mondo esterno. O forse la tecnologia ha invertito questa tendenza e si sentono più sicuri dietro un monitor che li protegge?
Dal 2010 fino al 2020 è generazione Alpha. E forse è corretto fermarsi a questa data e sperare che chi è nato dopo appartenga ad un altro mondo. E chi verrà dopo di loro?
Questo sgranarsi di generazioni e anni dovrebbe far riflettere sui contesti diversi che vivono, sulle persone che incontrano, le informazioni dalle quali traggono la loro cultura e formazione universitaria. Immaginiamo la differenza che può esistere tra chi ha studiato su autori classici che, oggi, si vorrebbero non far insegnare più perché non conformi con l’attuale politically correct che, si noti, spesso proviene da alcune minoranze.
Quindi, quando parliamo con qualcuno, ricordiamoci che quasi sicuramente parliamo con un’altra generazione ben diversa dalla nostra e da ogni altra.
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