Russia e NATO
A metà degli anni Novanta si pose un serio problema nelle relazioni tra la NATO e la Russia. L’Alleanza aveva deciso di accettare tre nuovi membri, Polonia, Ungheria e Cecoslovacchia, che avevano appartenuto al Patto di Varsavia. Il governo russo, allora guidato da Eltsin, protestò vigorosamente e alcuni (anche in Italia) temettero un grave crisi nei rapporti con Mosca. Alla fine però prevalse il buon senso. I russi compresero che non erano in grado di bloccare le scelte di Paesi indipendenti e sovrani. Furono portati a capire che potevano ottenere una serie di condizioni che garantivano in qualche modo la sicurezza della Russia: divieto di spiegamento di armi nucleari e di presenza di truppe americane o tedesche nei nuovi Paesi membri, e un accordo bilaterale di consultazione con la NATO che era visto a Mosca come un importante elemento di prestigio.
Tutto ciò fu possibile perché la Russia era in una fase di grande debolezza economica, perché Eltsin era a modo suo un moderato e perché Clinton non voleva una crisi. Ci furono molti negoziati. Alcuni segreti ai quali ho avuto la ventura di contribuire. Si giunse così all’Atto di Parigi, firmato da tutti i Capi di Stato e di Governo di NATO e Russia. Qualche anno dopo, nell’incontro di Pratica di Mare, Berlusconi reinventò l’accordo, come se lo avesse prodotto lui, grazie alla sua amicizia con Putin.
Poi tutto è cambiato: c’è stata l’annessione della Crimea e, ora, la minaccia sempre più concreta di invasione dell’Ucraina. È chiaro che Putin cerca di ricostituire l’antico impero zarista e poi sovietico o, almeno, crearsi un’area di sicurezza e di influenza, come Trump a suo tempo aveva riconosciuto legittimo. Il timore dell’accerchiamento resta sempre presente e da non sottovalutare. Dal lato opposto, l’Ucraina e i paesi NATO dell’Est temono per la loro sicurezza di fronte al ritorno aggressivo della Russia. Ne nasce un situazione potenzialmente pericolosa.
L’ultimo libro di Ken Follett, Never, è il racconto agghiacciante di un guerra nucleare tra USA e Cina, una guerra non coscientemente voluta, ma frutto di un susseguirsi di atti di per sé isolati e di errori di calcolo (come per la Prima Guerra Mondiale). Può accadere questo in Europa?
Biden certamente non lo vuole e probabilmente neppure Putin. Perciò i due leader hanno avuto un incontro virtuale di due ore. Nulla di preciso è stato rivelato, però ora da parte russa si prevede un più ampio dialogo di natura strategica sulla sicurezza in Europa. Biden è favorevole, e ha consultato i principali alleati (UK, Francia, Germania e Italia) che dovranno essere partecipi del dialogo. L’esperienza del passato fa sperare che il dialogo possa portare a un accordo che salvaguardi la sicurezza dell’Ucraina e dei membri orientali della NATO (Polonia, Romania, Paesi baltici), venendo allo stesso tempo incontro alle esigenze russe, che sono quelle del passato: niente missili o armi nucleari sul territorio dei Paesi dell’Est, dialogo paritario e permanente con la NATO e mantenimento dell’Ucraina fuori della NATO e dell’UE e con rapporti di amicizia con Mosca.
Parrebbe logico, ma gli ostacoli sono molti. Quali sono le vere intenzioni di Mosca sull’Ucraina, o almeno sulla sua parte orientale, il Donbass; e la posizione assolutamente contraria dei Paesi dell’Est, Polonia in testa, non disposti a lasciare al gruppo ristretto dei maggiori alleati la definizione di accordi che li riguardano direttamente. Ad una possibile crisi Russia-NATO potrebbe perciò sommarsi una crisi interna alla NATO stessa, se la situazione non è maneggiata con la necessaria saggezza.
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