Distopia o utopia? Tra previsioni e realtà future
Per distopia si intende definire una realtà per il momento immaginaria ma prevedibile del futuro sulla base dell’osservazione della realtà e delle sue tendenze del momento ovviamente tutte improntate al pessimismo.
È la contrapposizione dell’utopia, cioè di una raffigurazione di una realtà ideale verso la quale l’umanità vorrebbe e dovrebbe tendere.
Il dibattito tra i due termini e le connesse scuole di pensiero potrebbe vedere da un lato Tommaso Campanella con La città del sole e Tommaso Moro con, appunto, la sua Utopia mentre sull’altra barricata troviamo George Orwell con “1984” o La fattoria degli animali e, in tempi meno recenti, Jonathan Swift con I viaggi di Gulliver. Il cinema ha dato un grande contributo con, tra i tantissimi, Blade Runner di Ridley Scott, 2001 Odisse nello spazio di Kubrick e, prima ancora, Metropolis di Fritz Lang, un film in cui si descrive un futuro apocalittico in cui pochi ricchissimi governano la città di Metropolis da imponenti grattacieli sfruttando una classe proletaria relegata nel sottosuolo.
Se pensiamo che il film venne girato in Germania nel 1927, agli albori del nazismo, e mentre in Unione Sovietica si stava consolidando il regime comunista in cui alcune delle condizioni descritte nella pellicola venivano in essere, possiamo dire che Lang è stato più che un visionario ed è andato più vicino di molti altri a descrivere una realtà futura che nessuno si augurava potesse crearsi.
In questo particolare momento le previsioni distopiche sembra si stiano dilatando e, del resto, possiamo considerarlo umano e normale senza con ciò voler dare spazio alcuno a follie complottistiche secondo cui il G5 e i vaccini siano sistemi per voler controllare il pensiero altrui o di sterminio di massa. Per i primi basterebbero attentati e disastri a più livelli mentre per i secondi l’umanità sta facendo tutto da sola mettendosi in mano ai propri cellulari e agli algoritmi.
In ogni caso è difficile pensare ad un futuro come quello che descrive Oscar Wilde secondo cui «Una cartina del mondo che non contenga Utopia non è degna neppure di uno sguardo, perché tralascia il paese nel quale l’umanità continua ad approdare. E, quando vi approda, l’umanità si guarda intorno, vede un paese migliore e issa nuovamente le vele. Il progresso è la realizzazione di Utopia.»
Decisamente ottimista e utopico lo scrittore britannico che sembra augurare all’umanità un mondo in cui la scienza, le leggi e i governi conducano ad una situazione ideale per il bene e la felicità di tutti.
Una voce isolata, come oggi purtroppo lo sono quelle di molti che vengono silenziate dallo strepito, spesso sguaiato e intollerante, di chi presagisce scenari drammatici e, talvolta, usa strumentalmente le piazze per imporre le proprie idee catastrofiche che, peraltro, in molti casi non sembra si siano realizzate. C’è in giro un pessimismo che quello cosmico di leopardi sembra ben poca roba e chissà se troverebbe spazio nei quadri che in molti dipingono.
Tuttavia, dopo quasi due anni di pandemia, limitazioni, speranze e anche illusioni, è forse giunto il momento di dare voce anche all’ottimismo quantomeno per non abbrutire ulteriormente una situazione non certo delle migliori ma dalla quale sembra ci si possa allontanare. Una campagna vaccinale che ci viene invidiata addirittura dall’efficientissima Germania, l’innalzamento di un indice economico da parte di un’agenzia di rating e le previsioni positive del PIL possono creare l’illusione di un futuro migliore.
Utopia? Perché no, per una volta. Lasciamo la distopia alle fantasie di scrittori e registi. Metropolis non si è realizzata e la libertà di stampa, di opinione e manifestazione del pensiero (anche in forme estreme), fanno apparire lontana la figura del Grande Fratello. Tranne per chi si lascia governare dagli algoritmi del suo cellulare.
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