30/01/1969, la fine di un’epoca
Chissà che cosa pensarono i fortunati che, quel giorno, si trovarono a passare più o meno casualmente in Saville Row 3, nel cuore del fashion district, la strada della swingin London dove i Beatles avevano collocato la sede della loro società, la ancora esistente Apple Corps Ltd.
Quel giorno i FabFour decisero di dare vita ad una performance sul tetto ufficialmente non programmata ma era intenzione del gruppo riprendere le esibizioni dal vivo; di chi fu l’idea? Il tecnico del suono Glyn Johns ne rivendicò la paternità; Ringo Starr narra che i membri del complesso stavano pensando di suonare nel deserto del Sahara quando qualcuno pensò che fosse più semplice salire sul tetto. Non importa come sia andata; ciò che è certo è che quei quarantadue minuti di musica sono uno dei ricordi più intensi di quel gruppo che, non certo l’unico ma sicuramente in maniera preponderante, ha caratterizzato non solo musicalmente un decennio.
Quel decennio era iniziato forse sottovoce, probabilmente neppure senza far presagire gli eventi che lo hanno caratterizzato, di cui si sentono ancora le ripercussioni. Presidente degli Stati Uniti era Ike Eisenhower, eroe di una guerra vinta in un’America che era ancora lontana dall’immaginare quella che sarebbe stata la catastrofe del Vietnam che, peraltro stava già montando le sue premesse fin dal 1955 e vide l’intervento statunitense sotto la presidenza Kennedy di cui si dimenticano le parole pronunciate poco dopo la sua elezione “Abbiamo un problema: rendere credibile la nostra potenza. Il Vietnam è il posto giusto per dimostrarlo.”
Nel 1961 l’URSS mandò il primo uomo, Jurij Gagarin nello spazio, dando inizio alla corsa verso la luna che vide il primo sbarco ne 1969 degli americani sotto la presidenza Nixon mentre infuriavano contestazioni in tutto il mondo da parte di gruppi di giovani che volevano un cambiamento del sistema. La beat generation e il Manifesto di Port Huron negli Stati Uniti avevano avuto ripercussioni in Europa e dato origine al maggio francese che citava Marcuse e Sartre e le icone non solo da poster erano Castro, Guevara e Ho-Chi Min.
Un decennio che è passato dalla costruzione del Muro di Berlino a Piazza Fontana; dall’assassinio di Martin Luther King a quello dei fratelli Kennedy ma che ha visto al centro la certezza della musica dei Beatles. È stato il decennio anche di Bob Dylan e dei Rolling Stones, della nascita dei Pink Floyd e dell’avvio delle carriere di David Bowie ed Elton John, ma nessuno di loro ha avuto il potere di caratterizzare da soli un’intera epoca.
Difficile credere che senza i Beatles avrebbe avuto lo stesso impatto la minigonna di Mary Quant e, probabilmente, anche i film di James Bond. La Regina d’Inghilterra, ad oggi la stessa di allora, non mancò di porre in evidenza l’importanza del gruppo di Liverpool con la nomina a Baronetti nel 1965, titolo restituito per protesta dal solo John Lennon.
Del gruppo nato tra amici di scuola nel 1957, quando Lennon e Paul McCartney si incontrarono. Pochi mesi dopo fu il turno di George Harrison; Ringo Starr si unì agli altri sostituendo Pete best alla batteria dopo che quest’ultimo aveva partecipato alla fase tedesca della band quando suonava nei locali di Amburgo.
Dal loro primo successo, Love me do, fino all’ultima esibizione, caratterizzata principalmente da Get Back contenuta nell’album Let it be, i quattro Beatles hanno dato origine alla beatlemania, forse la prima vera forma di idolatria e passione morbosa di un cantante o di una band. Da Please Please me a Yellow Submarine; da She loves you a Ticket to Ride e Eleanor Rigby, sono passati quasi sessanta anni e quella musica è ancora, a detta di molti, ineguagliata.
Il concerto sul tetto è forse la più bella cartolina che potessero lasciare come suggello ad una carriera irripetibile che, non dimentichiamolo, li vide protagonisti dai loro venti ai trent’anni. Un’età a cui in non pochi vivono ancora sul divano della mamma senza sapere cosa fare la sera e in un periodo in cui, in Italia, a Sanremo veniva escluso Tenco e tra i vincitori avevamo Claudio Villa e Gigliola Cinquetti (senza nulla togliere loro).
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