Presidenza francese del Consiglio UE, parla l’Ambasciatore Masset
In occasione della Presidenza francese al Consiglio dell’UE per il 1° semestre 2022, abbiamo avuto il piacere e l’onore di intervistare l’ambasciatore di Francia in Italia, Christian Masset. Nato il 23 gennaio 1957 a Sète (Hérault), Christian Masset è diplomato dell’Ecole Supérieure des Sciences Economiques et Commerciales (1978), dell’Institut d’Etudes Politiques di Parigi (1980) e dell’Ecole Nationale d’Administration (1984, promozione Louise Michel). Dopo aver ottenuto nel 2016 il titolo di Ambasciatore di Francia, Christian Masset è stato nominato per decreto del 31 luglio 2017 ambasciatore straordinario e plenipotenziario della Repubblica francese presso la Repubblica italiana (Quirinale). Ha assunto le sue funzioni a Roma il 6 settembre 2017. È Ufficiale nell’Ordine Nazionale al Merito dal 2017 e Ufficiale nell’Ordine Nazionale della Legion d’Onore dal 2021.
Buongiorno signor Ambasciatore Masset, la ringrazio della gentilissima disponibilità. Prima di passare alle domande sull’oggetto della nostra conversazione, le chiederei di spiegare ai lettori e ai cittadini quali sono le funzioni e i compiti del suo ruolo. La figura dell’ambasciatore è molto presente nella letteratura, nei romanzi, nella cinematografia, ma immagino la realtà sia diversa.
Buongiorno e grazie dell’opportunità di questa intervista. Sul ruolo degli ambasciatori, è vero che la letteratura può tendere a ritrarre un ruolo che è misterioso, o a volte solo di socializzazione. Un ambasciatore è prima di tutto il rappresentante del suo stato, trasmette messaggi, informa le autorità del suo di ciò che succede nel paese dove lavora, ma promuove anche la cooperazione in ambiti molto concreti, economici, accademici, culturali, ecc. E sostiene anche la comunità del suo paese che vive, come lui, all’estero, o vi viaggia. Io ho avuto la fortuna di poter lavorare per la conclusione di un trattato di amicizia tra i nostri paesi. Gli ambasciatori possono essere diversi, ma rimane la volontà di operare per il bene comune, di conoscere in profondità il paese dove si va a lavorare. Per me l’Italia è un eterno tornare: sono arrivato stagista poi numero due, infine ambasciatore. Credo quindi di avere un’inclinazione particolare per l’Italia e per l’Europa.
La Conferenza sul Futuro dell’Europa fu proposta dalla Francia nel 2019 e lanciata il 9 maggio 2021 a Strasburgo proprio dal Presidente Macron. Recentemente ho intervistato alcuni cittadini europei partecipanti a uno dei panel, la richiesta che ho trovato più frequentemente, alla domanda “Cosa può fare l’Europa per gli europei”, è stata “più informazione”. Come rappresentante istituzionale cosa pensa di questa domanda e come può essere soddisfatta?
Questa conferenza è molto importante per permettere ai cittadini di esprimere le loro attese verso l’Europa. E anche andare verso alcune riforme. E’ vero che noi, come presidenza del Consiglio dell’UE, promoviamo la ricerca di nuovi strumenti per che ci sia più informazione per i cittadini, e questo comincia con un’informazione che possa essere raccolta e diffusa nel rispetto dei nostri valori, come la libertà di stampa. Per esempio, abbiamo proposto che si possa istituire un fondo europeo di sostegno al giornalismo indipendente e investigativo: è un punto cardine anche questo della Presidenza francese dell’Unione europea. I media fanno anche molti sforzi per essere più europei possibili. Darò solo un esempio, ma sicuramente ce ne sono altri: esiste la Leading european newspaper alliance, che permette ai quotidiani che ne fanno parte di scambiarsi articoli e interviste autorevoli. Quindi da un punto di vista dell’informazione direi che sono fatti grandi sforzi. Ma l’informazione deve anche essere corretta. E su questo pure ci sono molte iniziative europee per lottare contro le fake news tramite il fact checking. I media europei più importanti hanno creato apposite squadre. Credo dall’atra parte sia giusto da parte degli Europei volere essere informati di quello che l’Europa fa per loro e quali opportunità puo’ dare loro. Esistono già molti canali di informazione, primo di essi i siti Internet legati alla Commissione e al Parlamento europeo. Danno in tempo reale tutto le informazioni utili al lavoro, la salute, la mobilità, la cultura e molti altri temi che ci accomunano. Quindi da una parte, dobbiamo favorire la circolazione dell’informazione utile ai cittadini, e dall’altra verificare insieme che l’informazione che circola sia giusta.
Ho voluto attendere per seguire il discorso del Presidente Macron alla plenaria del Parlamento Europeo del 19 u.s.. Parole eccellenti quelle del Presidente, direi poco politiche, ma molto pratiche, ogni tema affrontato è stato declinato senza inutili abbellimenti, ma scendendo sull’affrontare le risposte. Possiamo attenderci dalla Presidenza francese un cambio di paradigma che sposti dalle parole ai fatti l’azione europea?
L’azione europea è al contrario basata, dalla nascita dell’Unione europea, su atti concreti. Basta pensare oggi alla libertà di circolazione tra paesi, all’euro, al riconoscimento mutuo di diplomi, agli scambi universitari, all’unione doganale, alle politiche comuni di commercio, di agricoltura. E più recentemente, il green pass europeo di fronte alla crisi sanitaria, l’ordine comune di vaccini, o il Next Generation EU. Gli esempi di fatti concreti sono così numerosi che non si potrebbe citarli tutti. Tra le priorità di questa presidenza, ci sono soprattutto obiettivi concreti. Oggi i cittadini ci chiedono che cosa l’Europa può fare di più per loro. Quando parliamo di sovranità europea, puntiamo per esempio a facilitare la nascita di campioni industriali europei, ma per quello bisogna facilitare l’accesso agli investimenti in un periodo dove usciamo ancora di una crisi. Per raggiungere questo obiettivo, è anche necessario definire regole/standard europei comuni, in particolare nel campo digitale: questo è lo scopo del digital services act e del digital market act, per proteggere meglio i nostri attori digitali europei. Cerchiamo anche di creare le condizioni per avere una valutazione comune delle nostre minacce e delle risposte che siamo disposti a dare in comune attraverso la bussola strategica la cui adozione è prevista a marzo: con questa strategia, di fronte a una nuova crisi, saremmo in grado di poter proporre una reazione più rapida e cordonata, anche in termini di capacità militari che i paesi sono disposti a mettere a disposizione.
Il Presidente ha segnato tanti temi, arrivando a proporre la riforma della carta per il riconoscimento del diritto all’aborto, un atto di coraggio che va a merito di una Presidenza che viene accostata a illustri personalità del passato quali Giscard d’Estaing e Mitterand. Possiamo aspettarci una grande spinta europeista da questa tredicesima volta per la Francia? La domanda nasce dal fatto che altre personalità europee che ho intervistato sul tema hanno posto il dubbio che, forse, l’Europa si è allargata troppo in fretta. Visto che fra i temi prossimi ci sono le domande di entrare nella comunità da tanti altri paesi, da esperto uomo di affari esteri, lei ritiene che ci siano i presupposti per un ulteriore allargamento al momento? Il rispetto dello stato di diritto è stato un argomento molto pregnante toccato nel discorso alla plenaria.
Se mi permette, la questione dei valori e quella dell’ulteriore allargamento sono due temi diversi. Sui valori, vogliamo rafforzare il sentimento di appartenenza, quello che ci definisce come Europei. Perché, come ci ha ricordato il presidente Macron nel suo discorso al Parlamento europeo a Strasburgo, lo stato di diritto è il nostro tesoro. Riaffermando prima quelli che sono già nella carta che abbiamo approvato tutti, come per esempio l’uguaglianza, il rispetto della dignità umana, la libertà, diritti che tutti gli Stati europei si sono impegnati a rispettare nell’attuazione del diritto dell’Unione. Il presidente Macron ha proposto che la libertà che è stata raggiunta in una gran maggioranza dei paesi europei, quella sull’aborto, possa essere inclusa nella carta dei diritti fondamentali. E punteremo ad estendere la lista dei reati europei per includere i crimini e i discorsi di odio, dotandoci di una strategia per combattere il razzismo e l’antisemitismo, dotando l’Unione di una legislazione per combattere la violenza contro le donne. Vogliamo anche rilanciare un grande progetto sulla storia dell’Europa, fatto all’interno di un quadro storiografico indipendente, con un quadro accademico in cui gli storici di tutta Europa possano continuare a lavorare su un lavoro storico indipendente, basato su tracce, prove e controversie. Organizzeremo anche un grande incontro di università europee a giugno: ora esistono 40 università europee che riuniremo, e forse sotto presidenza francese creare un’Accademia europea che riunisca intellettuali di tutte le discipline dei 27 Stati membri per far luce sui nostri dibattiti etici, sul rapporto tra le libertà e per proporre azioni e progetti culturali. Perché tutti questi valori sono al fondamento della nostra identità comune.
Sul tema dell’allargamento, c’è un processo molto chiaro e requisiti precisi. Al momento la questione riguarda prima alcuni paesi dei Balcani e sappiamo che bisogna seguire questo processo in maniera progressiva e chiarire le loro prospettive europee. Voglio ripeterlo qui perché la nostra posizione è a volte male interpretata: la Francia sostiene fermamente la prospettiva europea dei Balcani occidentali. È un fatto geografico, culturale, politico. Il loro futuro è nella famiglia europea. Ma nei Balcani, la prospettiva europea e l’allargamento devono andare di pari passo con un’agenda positiva per la stabilità, lo sviluppo e le riforme in una regione che porta ancora le cicatrici della guerra. La conferenza sui Balcani occidentali che stiamo organizzando a giugno mira a dare sostanza a questa agenda positiva. Dobbiamo perseguire una politica di rilancio, ma anche di investimento, per favorire l’integrazione economica di questa regione, per sviluppare gli scambi umani, per sollevare la questione delle minoranze in tutta questa regione, e per lottare contro le interferenze e le manipolazioni di diverse potenze regionali o non che cercano di destabilizzare l’Europa attraverso i Balcani.
Sulla metodologia dell’allargamento, l’abbiamo modernizzata negli ultimi mesi, e questo era necessario. D’ora in poi, è sulle regole di funzionamento dell’UE stessa che dobbiamo riflettere se vogliamo essere in grado di operare con 31, 32 o 33 membri. Questo è anche uno degli obiettivi della riflessione condotta nel quadro della Conferenza sul futuro dell’Europa.
Ambiente, solidarietà, regolamentazione delle piattaforme online senza penalizzarle, diritti dei lavoratori impegnati su queste, salari minimi, parità di genere uomini-donne, deforestazione importata, biodiversità e riscaldamento globale, ma anche oncologia pediatrica (di cui ho trattato recentemente). Tanti i temi proposti per il semestre, c’è una scaletta di priorità in questi argomenti?
Vogliamo raggiungere il maggior numero possibile di obiettivi, anche a seconda del calendario europeo dei testi in discussione, e non si tratta di fare una gerarchia. Una presidenza è anche un lavoro in squadra, con la presidenza precedente (slovena) e quella successiva (ceca). Il filo rosso della presidenza francese rimane la questione della sovranità. E ci sono momenti chiavi. Il vertice sulle relazioni con l’Africa a febbraio, la bussola strategica che vi ho menzionato al Consiglio europeo di marzo, il Consiglio informale del 10 e 11 marzo sul modello di crescita che vogliamo perseguire per l’Europa, la conclusione politica della conferenza sul futuro dell’UE a maggio ne formano parte.
Impossibile non parlare, in periodo di pandemia, dei vaccini. Il Presidente ha ricordato che l’Europa ha prodotto 2.5mld di vaccini, esportandone la metà, mentre gli USA non lo facevano. Che l’Africa necessita del 20% di vaccini, ma partecipa solo per il 2% alla produzione, e per produrre in loco serviranno 24 mesi. L’Europa è stata brava a fare acquisti unici comunitari, ma ora pare che ogni paese vada per conto suo, con norme e restrizioni che cambiano continuamente e sono difformi da un paese all’altro, i cittadini non viaggiano, anche perché sono confusi rispetto le leggi da seguire. Non sarebbe utile cercare di uniformare il tutto entro i confini europei? Proprio nei prossimi giorni anche il green pass sarà diverso tra due grandi paesi confinanti come Italia e Francia.
Siamo più forti insieme e sì l’Europa è stata brava nell’affrontare questa terribile pandemia. Con i contratti per i vaccini, ma anche con la coordinazione tra paesi per avere un green pass che funziona in tutta l’Europa, e anche con il coordinamento delle misure tra paesi. C’è anche il riconoscimento mutuo dei vaccini. Essendo consapevoli che insieme possiamo raggiungere obiettivi più ambiziosi, abbiamo voluto avere un coordinamento efficace tra le nostre politiche. L’abbiamo fatto anche sul tema del rilancio, con il Next Generation EU. E durante la presidenza francese, proveremo a troverà un’intesa tra diversi paesi per avere un coordinamento per rafforzarci come europei, sui finanziamenti, sul clima, su tanti ambiti che ci permettono di pesare di più tutti insieme. Sul green pass, siamo stati sempre più convergenti e non è stato diverso tra i due paesi: il suo green pass funziona in Francia come quello francese funziona in Italia. A volte ci sono piccole differenze, e anche sulle misure nei paesi, che dipendono della competenza degli Stati e delle circostanze nazionali, ma sulle regole di spostamento tra paesi, le riunioni del consiglio provano sempre a raggiungere un coordinamento. L’ultimo ha permesso di uniformizzare molti requisiti all’ingresso nei paesi europei per i cittadini dell’UE.
Come dicevo, il discorso del Presidente è stato molto pratico, anche in tema ambientale, dove trovo si esprimano molte idee, ma spesso poco aderenti alla realtà. Come si potrà conciliare la dipendenza energetica dalla Russia, destinata a durare ancora molto, con le continue tensioni politiche? Il dialogo annunciato da Macron sarà sufficiente? L’Europa potrà essere un elemento di stabilità nel rapporto tra USA e Russia?
Come l’ha detto il presidente, non ci possiamo accontentare semplicemente di reagire alle crisi internazionali o dipendere dalle scelte di altre grandi potenze. La sicurezza del nostro continente richiede un riarmo strategico della nostra Europa come potenza di pace e di equilibrio, in particolare nel dialogo con la Russia. Sulla differenza tra i paesi, se tutti insieme siamo consapevoli che la sicurezza del nostro continente è indivisibile, potremo, noi europei, esprimere collettivamente le nostre esigenze e metterci nella condizione di farle rispettare. Un dialogo con la Russia che sia franco, esigente di fronte alle destabilizzazioni, alle interferenze, alle manipolazioni. C’è stata una dichiarazione comune importante degli sherpa in formato Normandia, che ha ricordato l’impegno, anche da parte della Russia, del rispetto del cessato il fuoco. Il presidente ha anche riferito alla necessità di ricordare i principi e le regole a cui aderiamo e che abbiamo concordato come Europei con la Russia, ormai 30 anni fa. Il rifiuto del ricorso all’utilizzo della forza, alle minacce, alla coercizione, la libera scelta degli Stati di partecipare a organizzazioni, alleanze e accordi di sicurezza di loro scelta, l’inviolabilità delle frontiere, l’integrità territoriale degli Stati, il rifiuto delle sfere di influenza. Spetta a noi europei difendere questi principi e questi diritti. Ecco perché continueremo, nell’ambito del formato Normandia, e anche con tutti i paesi europei, a lavorare per una soluzione politica al conflitto in Ucraina.
L’ambiente è uno degli altri grandi temi sul tavolo, la neutralità climatica entro il 2050, già oggi si annunciano tensioni sul fronte occupazione. Il fattore nucleare della Francia è visto con sfavore da molti paesi europei, anche se al momento pare l’unica alternativa realistica in assenza di una forma di stoccaggio. Quale sarà il ruolo della presidenza francese? Il vertice annunciato per febbraio sugli oceani da Macron potrebbe essere un momento di confronto sul tema?
Questi 4 ultimi anni, la fiducia tra la Francia e l’Italia ci ha permesso di fare ottimi passi, anche in termini di transizione ecologica, l’Europa ha adottato la neutralità del carbonio per il 2050, dedica ormai un terzo del suo bilancio alla lotta contro il riscaldamento globale e ha creato la Banca del clima. In particolare, sotto la presidenza francese, uno dei nostri obiettivi sarà l’adizione del meccanismo di adeguamento del carbonio alle frontiere. Questa “carbon tax” alle frontiere dell’Europa ci permetterà di realizzare questa transizione per tutte le nostre industrie preservando la nostra competitività.
Sulla questione del ruolo della presidenza francese, come tutte le presidenze, dobbiamo facilitare la discussione per raggiungere il consenso ma anche essere imparziali. La presidenza difende le posizioni del Consiglio nei negoziati legislativi con il Parlamento europeo. Quindi sul tema del nucleare, o di altri fonti di energia, si tratta della scelta che ogni paese fa in termini di mix energetico per raggiungere gli obiettivi di neutralità del carbonio che ci siamo fissati al livello europeo.
Il vertice sugli oceani sarà in particolare dedicato allo sviluppo dell’economia e della finanza blu ma anche all’importanza della governance degli oceani, la loro conoscenza, il rafforzamento delle zone marine protette e la lotta contro l’inquinamento marino (in particolare la plastica).
Un argomento su cui il Presidente ha insistito più volte è stata la “sovranità”. Ma quella europea, riuscendo così a sfilare la parola ai “sovranisti” anti-europeisti che vorrebbero invece una comunità divisa tra tante particolarità etniche. E’ la prima volta che sento parlare esplicitamente di una “sovranità europea”, intesa come difesa comune, autonomia nella ricerca tecnologica, produzione di semi-conduttori, investimenti. Rappresentato dall’esposizione della sola bandiera europea, tra tante polemiche, all’Arco di Trionfo, è un salto di visione epocale. Come vede questa sfida lanciata a chi vorrebbe erigere muri tra di noi europei?
La potenza, uno dei temi forti della PFUE, si concretizza attraverso un’Europa più sovrana: essere capaci di controllare le nostre frontiere esterne, far progressi nella nostra politica di difesa, definendo per noi europei i nostri interessi comuni e una strategia condivisa in un mondo di minacce e rischi, che sarà il tema della “bussola strategica”, cioè un libro bianco europeo sulla difesa e la sicurezza presentato al consiglio di marzo, sullo stato delle minacce e le nostre scelte collettive, i nostri orientamenti e le nostre ambizioni. La sovranità riguarda anche la stabilità e la prosperità dei nostri vicini, con la relazione tra Africa ed Europa attraverso un vertice UE/UA a febbraio, avere un vero partenariato di sicurezza tra l’Africa e l’Europa, e anche con i nostri vicini dei Balcani occidentali come già detto. Questo significa chiarire le loro prospettive europee, reinvestire in questa regione e nella sua unità, e avere veramente un’ambizione comune per i decenni a venire. Ma la nostra sovranità europea riguarda anche la costruzione di settori industriali forti e integrati: idrogeno, batterie, spazio, semiconduttori, cloud, difesa, salute, cultura e industrie culturali e creative. Richiederà anche regole di bilancio e finanziarie adeguate a dare priorità agli investimenti necessari per sostenere le transizioni, in particolare il cambiamento climatico e la tecnologia digitale. Gli stati europei sono consapevoli che bisogna, per poter fare la differenza di fronte alle potenze di livello mondiale, ai paesi continenti, “fare squadra”. Come l’ha detto il presidente Mario Draghi, “non c’è sovranità nella solitudine”.
Per chiudere, i rapporti della Francia con i paesi confinanti, partendo dal Regno Unito. Anche se amici (come detto esplicitamente dal Presidente), i momenti di contrasto sono tanti, Francia e Gran Bretagna hanno il confine in comune a Calais. Il tema dell’immigrazione e del passaggio dei migranti, ma parimenti anche del traffico merci con l’istituzione delle dogane, la pesca nel mare del Nord. Tutto questo tocca ovviamente l’Europa intera, la Presidenza francese potrà agire in maniera più efficace per risolvere i problemi derivanti dalla follia della brexit?
Il tema del Brexit riguarda l’Europa nella sua globalità, e non è precisamente legato alla presidenza francese del Consiglio. Sul tema dell’immigrazione, abbiamo proposto un’agenda per rafforzare i confini esterni dell’Unione, in particolare con un vertice regolare dei ministri dell’interno, sul modello di quello che esiste già nell’ambito dell’euro. Sulla pesca, in programma durante questa presidenza, c’è la revisione del regolamento sul controllo della pesca. Proporremo un dibattito politico sulla politica comune della pesca e la sua attuazione. Ma tutto questo non è centrato sui confini francesi, ma sulle sfide comuni per tutta l’Europa.
Dopo i problemi tra i nostri due paesi dovuti alle intemperanze di alcuni nostri politici, culminati nel ritiro dell’ambasciatore francese, mi pare che i rapporti tra Italia e Francia siano tornati eccellenti. Il Patto del Quirinale è stato un momento di alto valore politico, dalla sua posizione come giudica l’attuale rapporto tra i nostri due paesi?
I rapporti tra Francia e Italia sono eccellenti, e il trattato è uno strumento di lungo termine che è servito a porre fine ad una anomalia. Italia e Francia, malgrado una storia comune e l’importanza reciproca, non avevano una cornice entro cui strutturare la loro relazione. Il Trattato è articolato attorno a tre obiettivi: lavorare insieme al livello europeo per un Europa sempre più compatta, democratica e sovrana, iscrivendo le nostre cooperazioni in questa prospettiva; favorire il ravvicinamento e l’integrazione delle nostre società civili, promuovendo in particolare la mobilità dei giovani; strutturare la relazione bilaterale conferendole degli orientamenti strategici e formalizzando alcuni quadri di consultazione. Tra le misure più notevoli, c’è ad esempio la creazione di un servizio civile franco-italiano con una prima coorte prevista per il 2022 e un obiettivo di 150 giovani che effettueranno una missione di volontariato incrociato tra Francia e Italia. Abbiamo rafforzato la nostra cooperazione in molti ambiti, e ci auguriamo che le relazioni possano rimanere sempre più strette e forti nei prossimi mesi e anni.
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