Make love, not war
Fate l’amore, non la guerra è cosa dei miei tempi quando le guerre erano in paesi esotici e lontani e c’erano i marines a salvare il mondo. Eppure, in quei posti lontani ne morirono tanti di ragazzi che come noi amavano i Beatles e i Rolling Stones. Che è successo poi? Una sfilza di veterani distrutti fisicamente e psicologicamente, gente che aveva servito il Paese e che dal Paese era stata emarginata. Poi, tanti eroi morti. Ecco, soprattutto tanti morti. Perché questo porta la guerra: morte.
Adesso, nell’anno di grazia 2022 è scoppiata ancora una volta una guerra. Stavolta vicino a noi, stavolta i marines sono rimasti a casa e da lì ci incitano. La cosa più patetica, a mio avviso, è il taglio penoso che alcuni media stanno dando all’informazione. Testimonianze di civili in armi e di poveracci che a piedi fuggono. Con una speciale indulgenza verso le riprese lacrimose come i volti dei bambini. Io lo trovo umiliante. La guerra lo è, direte voi, ma pure queste testimonianze da buco della serratura.
È difficile trovare una cronaca onesta e veritiera di cosa accade. È soprattutto difficile capire cosa stia accadendo davvero oltre alla distruzione delle bombe. E cioè è difficile salvo in rari casi ascoltare testimonianze di persone che sanno davvero cosa accade e perché. Io almeno ci capisco poco, mi sembra tutto uno show. L’unica cosa che capisco che nel 2022 un despota che già tutti conoscevano per i suoi estremismi, abbia deciso di radere al suolo, uccidere, bombardare senza che nessuno sia stato in grado di fermarlo. Ora fanno i negoziati di pace; e allora, mi domando, quando scoppierà la pace chi ricostruirà dalle macerie? Ne sarà valsa la pena? Che fine faranno le bandiere, che fine faranno le persone senza casa? L’unica cosa bella di questa storia è la solidarietà; è vedere quanta gente che non si conosce che si aiuta a vicenda mettendo a disposizione di chi non ha più niente, aiuto e accoglienza.
Gente comune che parte con scassati pulmini per portare coperte e cibo a persone di cui non saprà nemmeno il nome. Ma poi resta l’angoscia del fallimento del non essere riusciti a costruire questo famoso mondo migliore. Di aver deluso ancora una volta i nostri figli.
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