Riccardo Vitanza: Parole & dintorni
Nasce a Massaua (Eritrea), l’8 ottobre 1965, con la passione per il mondo dei giornali che si manifesta sin dalla tenera età. Dopo aver interrotto gli studi di giurisprudenza (con cinque esami sul libretto), Riccardo Vitanza nel 1987 comincia a lavorare nel campo della comunicazione come copywriter in un’agenzia di pubblicità (Publicor). Nel 1988 entra nel mondo dello spettacolo come autore di testi, curatore di un periodico e addetto stampa per conto del primo locale afro-latino in Italia (Zimba). Dal 2001 Riccardo Vitanza è docente di Ufficio Stampa e Comunicazione del Master in Comunicazione Musicale-Media, Industria, Mercato Digitale dell’Alta Scuola in Media, Comunicazione e Spettacolo presso l’Università Cattolica del Sacro Cuore di Milano. Inoltre, Riccardo Vitanza è l’amministratore unico di Bollettino Edizioni Musicali srl, società di produzioni/edizioni musicali. Fondata (nel 1990) e diretta da Riccardo Vitanza, Parole & Dintorni srl è un’agenzia di comunicazione specializzata in relazioni con i media (quotidiani, periodici, siti web e social network, radio, tv, agenzie di stampa e altre fonti di informazione). Il team di Parole & Dintorni srl è costituito da Riccardo Vitanza (amministratore unico e direttore generale), Emilia Capelli (assistente), Alessandra Bosi (vicedirettore), Sara Bricchi (vicedirettore), Marta Falcon (vicedirettore), Tatiana Lo Faro (vicedirettore), Valeria Riccobono, Francesco Di Mento, Giulia Orsi, Roberto Carretta, Arianna Galli, Elena Bardino, Mariarosaria Panico, Stefano Coppi, Elena Moretti (consulente) e Francesco Maria Gallo (responsabile public affairs relations).
Buongiorno Riccardo, “Parole e Dintorni” è la prima, o tra le prime, agenzie di comunicazione in campo musicale in Italia. Un’avventura che è cominciata tanto tempo fa.
Parole e Dintorni nasce come ditta individuale nel 1989, il primo lavoro di ufficio stampa lo feci per il tour italiano di Ziggy Marley. Fino a quel momento avevo fatto il copywriter in un’agenzia di pubblicità per un anno e poi avevo gestito una rivista di 80 pagine di musica e cultura afro-latina, si chiamava Zimba Magazine ed ero in pratica il caporedattore. Ho cominciato con l’ufficio in casa, tutto in una stanza di 23mq., oggi conto 15 persone nel mio staff di Parole & Dintorni. Ma allora avevo un solo numero telefonico che scrivevo due volte, di cui una con (.), fingendo che uno fosse il fax per avere un aspetto più importante.
Oggi la chiameremmo una start-up.
Era assolutamente una start-up, in quel periodo non esisteva nemmeno il concetto di agenzie di comunicazione, erano presenti solo poche e piccole realtà del genere. Io venivo dall’esperienza di Zimba Magazine, una rivista finanziata dai proprietari dello storico locale Zimba a Milano, tempio della musica afro-reggae. Avevo terminato giurisprudenza e iniziato a fare il copywriter, mi trovai in questo scantinato che ci faceva da redazione, dove ero solo io con un omone gigantesco che fungeva da grafico. Poi c’erano vari collaboratori esterni sparsi sul territorio, alcuni di questi sono poi diventati giornalisti per quotidiani e periodici importanti nel corso degli anni. Lo Zimba era uno dei locali più in voga in quel periodo, i calciatori Gullit e Rijkaard del Milan c’erano sempre, mille persone dentro e mille fuori a fare la fila. Ma invece di pensare a divertirmi, io mi impegnavo con tutte le mie forze a imparare e a forgiarmi personalmente, occupandomi dell’ufficio stampa. Dopo Ziggy Marley passai ad occuparmi di un altro figlio d’arte, Andrew Tosh, il figlio di Peter Tosh. Sempre da freelance curai il concerto di James Taylor Quartet al City Square di Milano e da lì iniziai veramente la mia carriera. Tra i momenti più belli di quel periodo, ricordo che curai l’ufficio stampa del tour dei Ramones, il primo dei Blur con appena 80 paganti, trovandomi a giocare con Damon Albarn a biliardino nel backstage. Seguì Galliano, Jamiroquai, Incognito, tutto il mondo dell’acid-jazz, passando poi ai grandi rapper americani, ben diversi da quelli odierni, parlo di personaggi come Public Enemy, Ice-T, Ice Cube, Beastie Boys. Per concludere la storiografia mettiamo il mitico concerto dei Nirvana al Bloom di Mezzago, come ufficio stampa dell’organizzatore, ma potendo comunque conoscere e interagire da vicino con Kurt Cobain, per dire.
Il nome “Parole e Dintorni” come lo hai scelto?
È un omaggio alla mia passione di sempre, la parola scritta. Quindi la parola al centro e dintorni rappresenta tutto quello che ci sta intorno, dalle immagini ai visual. Il logo è stato disegnato da Sergio Pappalettera, il grafico di Jovanotti, è stato lui a crearmi il tao.
La parola oggi ha ancora valore? Nel tempo dell’immagine, dei video secchi di TikTok?
Ognuno è coevo del suo tempo, stiamo passando dalla cultura del possesso a quella dell’accesso, tipica della Generazione Z. Prima era importante il vinile, il cd, il supporto fisico, oggi conta solo lo streaming, che è arrivato all’ 82%. La parola non penso abbia perso il suo valore, è cambiato il suo peso. Oggi si vive di momenti, per cui l’immagine su Instagram, il video su TikTok, i giovani hanno tutto sul loro smartphone. Ai nostri tempi si facevano le collezioni di figurine, oggi siamo arrivati agli NFT, invece di avere un quadro sulla parete si ha un certificato digitale, un file virtuale da condividere sui social.
Che differenza c’è, a tuo parere, tra fondare una star-tup negli anni ’90 e farlo oggi?
Quando ho fondato “Parole e Dintorni” era il momento della “Milano da bere”, tutto era molto complicato. Oggi hai la possibilità di accedere a fondi europei, io ho dovuto fare tutto da solo, quando guadagnavo qualcosa lo investivo in una sedia, un fax, una fotocopiatrice. Essendo figlio di un benzinaio e di una casalinga ho dovuto sudarmi ogni lira, per vedere il mio c/c superare il milione di lire è stato necessario aspettare 10 anni. Al giorno d’oggi hai tutte le nuove tecnologie che ti aprono tante possibilità, noi avevamo solo l’analogico, ora hai le app, gli Nft, d’altra parte è vero che esiste anche una maggiore concorrenza e può capitare che la tua idea sia simile a quella di qualcun altro e magari il tuo concorrente è dall’altra parte del mondo, visto che ci si appoggia al world wide web.
La tua agenzia è una delle più serie e affidabili, ma tanti grandi artisti dicono che adesso vengono molto volentieri in Italia, ma negli anni ’80-’90 il mercato dei concerti in Italia era un disastro e avevano persino smesso di venirci, fra mezze truffe e disorganizzazione.
Quello della musica, dei concerti, è un mercato in cui l’Italia è arrivata in ritardo, mentre Stati Uniti e Gran Bretagna erano un mondo preparato, attrezzato, maturo, il nostro era popolato da soggetti che si improvvisavano organizzatori, ma che non sapevano occuparsi di tutti gli aspetti relativi a un grande evento. L’Italia di quegli anni aveva un pubblico che veniva dagli anni della contestazione, basti pensare a quello che successe al concerto di De Gregori al Pala Lido. Diciamo che qui ci si è formati facendo esperienza sul campo, alcuni erano poi veri e propri lestofanti che scappavano con la cassa. Una volta scottati, gli artisti pretendevano di essere pagati prima di salire sul palco. Dopo l’opportuna scrematura, oggi ci sono entità serie e organizzate, sono nati tutti i servizi professionali di security, audio, e via dicendo.
Se puoi svelare il segreto che vi ha permesso di rappresentare i più grandi artisti italiani e non solo?
Professionalità, capacità, serietà, ma come pseudo-segreto, direi di puntare sulla qualità e non tradire mai il tuo cliente e anche i giornalisti. Nei rapporti con i media devi essere sempre professionale e credibile.
A “Parole e Dintorni” hai uno staff super, ma nel mondo di oggi sono presenti tanti aspetti, tecnologie, social, canali specifici, e ognuno di essi ha delle ben precise particolarità. Come affrontate queste continue sfide nel campo dei media? Vi avvalete di specialisti di ramo?
Oggi funziona come ieri e come domani anche. È necessario essere darwiniani, adottare a resilienza, come raccontavo prima sono nato usando il fax per comunicare, oggi è un oggetto paleolitico. Se prima c’erano solo i media tradizionali, radio, televisione, oggi abbiamo internet. Quando feci “Capo Horn” di Jovanotti come ufficio stampa, preparai 27 copertine musicali, il che significa che esistevano 27 riviste musicali, oggi sono ridotte a 4 o 5. I giornali in Italia oggi sono un centinaio, ma sono nate tante webzine come Tuttorock e tante altre. Ora organizziamo interviste su Instagram o Twich, ma stando attenti a veicolare l’artista sul canale a lui più congeniale. Penso che ognuno debba occuparsi del proprio core business, per cui “Parole e Dintorni”, come ufficio stampa, interagisce con i media e gli uffici stampa degli artisti e i loro canali social, non ci occupiamo, ad esempio, della promozione radio. Ci sono specialisti sulla promozione radio che si occupano di questo nelle emittenti, così come non ci interfacciamo con i social media manager, lasciandoli al loro lavoro specifico.
Parlavo pochi giorni fa con un’autrice di Endemol Shine, affrontando il problema dei grandi media bloccati su proposte sempre uguali e ripetute, che continuano a perdere audience rispetto i nuovi media, da Youtube a TikTok per dire, cosa ne pensi di questo fenomeno?
La resilienza hai suoi tempi, si può trattare di pochi mesi, di qualche anno, anche di decenni, ciò che oggi va di moda, magari non lo sarà più domani. Può essere che oggi qualcuno non investa pensando che si tornerà ai vecchi format, ma restano i dati di fatto e oggi non investire sui nuovi canali e sfruttarli per i propri prodotti non ha molto senso.
Sei anche insegnate all’Università Cattolica di Milano.
Tengo un master molto importante da 20 anni, inventato da Gianni Sibilla si tratta di new media e comunicazione musicale; sono un docente della prima ora come vedi. Da qui sono usciti molti di quelli che poi sono diventati miei collaboratori.
Delusione più grande? Soddisfazione più grande? Artista con cui vorresti collaborare?
Le prime due sono racchiuse nella stessa persona, Giovanni Allevi. Per il resto sono felicissimo degli artisti che seguo, con molti sono amico, come Ligabue, persona vera e genuina dotata di grande umanità. Idem posso dirti Zucchero, Baglioni, che non conoscevo e immaginavo un poco supponente in base alla sua storia, si è rivelato una persona piacevolissima e divertente, dotato di grande auto-ironia con la battuta facile. Questi sono tutti artisti super dal punto vista umano, aggiungo Gianna Nannini e Francesco De Gregori, anche loro racchiudono tutte queste qualità umane, oltre quelle artistiche. C’è anche Enrico Ruggeri, con cui però litigo spesso per via del calcio, lui interista e io juventino (risate). Ho curato tanti anni anche i Pooh, a volte grandi discussioni, ma alla fine si usciva sempre d’accordo su tutto in armonia, non per niente sono durati 50 anni.
Il periodo di pandemia è stato disastroso per il mondo artistico, come è andata e come la vedi? Il pubblico si riabituerà a uscire e andare ai concerti?
E’ stato veramente un disastro, i cd magari si vendevano in negozio, ma fermandosi i concerti ci hanno rimesso tutti, dagli uffici stampa ai fonici, dalle sale concerto agli artisti. Il problema odierno sarà di rimettere in sesto realtà che si sono trovate a terra e devono recuperare solidità, ma bisognerà trovare anche le figure professionali necessarie, che in questi due anni sono andati all’estero, tanti in Dubai, o si sono occupati in altri lavori. Rispetto il pubblico non saprei, posso dire che dei 100.000 biglietti venduti per Ligabue a Campovolo, nessuno ha richiesto il rimborso, questo è confortante. Dovremo verificare tutte le norme che ci saranno e che spesso cambiano improvvisamente. Riprendendo quello che dicevo prima, questi due anni hanno fortificato la cultura dell’accesso rispetto quella del possesso, abituandosi al divano con Netflix piuttosto che andare al cinema con mascherina e green pass. La Generazione Z è nata con lo streaming, per loro è naturale rivolgersi allo streaming video piuttosto che andare in una multisala.
Progetti futuri per “Parole e Dintorni”? Nuovi orizzonti e campi da esplorare?
Già da diversi anni non ci occupiamo più solo esclusivamente di musica (dischi, tour e concerti), ma di spettacolo in generale: eventi, cinema, televisione, libri, teatro, locali; ora ci occuperemo in toto de La Milanesiana, ideata e diretta da Elisabetta Sgarbi, il festival internazionale che promuove il dialogo tra le arti e tocca oltre 20 città. Poi ho creato con Francesco Maria Gallo la sezione Public Affair.
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