La politica in centoquaranta caratteri?
Quel ramo del lago di Como, che volge a mezzogiorno… Inizia così e termina dopo 111 parole e 519 caratteri (630 con gli spazi) il primo periodo dei Promessi sposi. Per qualcuno è già faticoso arrivare al termine di questa descrizione, ritenuta da alcuni poetica e da altri noiosa, ma Manzoni ha scelto questo incipit a lui più congeniale rispetto a quello poderoso di Melville in Moby Dick: ”Chiamatemi Ismaele”. In questo avvio di romanzo, l’americano si è dimostrato ben più efficace del nostro in quella che è l’arte di attrarre il lettore. Messaggio semplice, chiaro ed efficace. Non una esposizione carica di incisi e aggettivi, bensì due parole secche che mettono il lettore in contatto con il protagonista che si rivolge a lui in maniera amichevole.
Melville forse non ne era consapevole, ma il suo esordio è un modello per pubblicitari e copywriter che devono catturare l’attenzione di un pubblico sempre più distratto e poco concentrato sulle centinaia e centinaia di input e messaggi che riceve quotidianamente.
Anche a questo si sono dovuti attenere i creatori di Twitter quando decisero il numero massimo di caratteri da far utilizzare agli utenti per i loro messaggi. Nel 2006, abituati a parlare con gli SMS dei telefonini sui quali, per necessità, si iniziarono ad usare raccapriccianti abbreviazioni che purtroppo continuano ad esistere (xchè su tutte), la possibilità di usare ben 140 caratteri per lanciare a tutto il mondo connesso il proprio messaggio era un sogno divenuto realtà. Finalmente era concessa a tutti la possibilità di far conoscere il proprio pensiero usando il diritto alla libertà di espressione nella sua massima forma.
Il numero massimo di caratteri utilizzabili per gli SMS era 160, ma chissà in quanti li utilizzavano. In ogni caso quello è stato il numero massimo che ha accompagnato Twitter dalla sua nascita fino al loro raddoppio nel 2017 che, come si legge sulle cronache, sembra non avere avuto successo ed i tweet sono sempre stringati.
L’utente normale di internet apre il suo apparato elettronico difficilmente per informarsi ma, più verosimilmente, per rispondere, controbattere, dire la sua. Non è luogo comune, basta confrontarsi sui social per verificarlo. In questo contesto non si può chiedere a chi lavora, va di fretta, usa il social per una pausa e vuole rilassarsi, di fermarsi su testi complessi e lunghe spiegazioni.
Conseguenza? La necessità per coloro che vogliono essere letti di scrivere messaggi brevi e semplici che possano essere compresi da quel pubblico che non vuole approfondire e si lascia guidare non dal ragionamento ma dalla prima impressione di pancia. Il bacino di utenza ideale per i politici
Nessun politico è privo di un account Twitter; Donald Trump sembra sia stato quello che ne ha fatto più uso in assoluto ma anche i nostri leader nazionali non scherzano e basta dare un’occhiata ai loro profili per verificare come solo in casi molto rari i loro messaggi contengano testi complessi. Messaggi che assomigliano a slogan pubblicitari che, purtroppo, per i più sono un vero e proprio manifesto elettorale. Esempi? Dal Abbiamo abolito la povertà al in galera e buttare via la chiave oppure tanti altri che abbiamo visto in questi anni.
Centoquaranta caratteri sono sufficienti per il buongiornissimo o una ricetta light; possono bastare per descrivere un gattino, ma non possono contenere un programma elettorale, proposte articolate per rimettere in moto la giustizia, un piano di rilancio economico. Quanto sarebbe bello avere politici che si siedono ad un tavolo con una proposta organica, scritta, di una legge e non si limitino a promettere il reddito di cittadinanza o incentivi all’edilizia per poi emanare provvedimenti a cui possono attingere criminali, associazioni a delinquere e chi non ne avrebbe diritto o che vengono poi smontati dalla Corte costituzionale.
Ridurre un programma elettorale a 140 caratteri (ma anche 280) vuol dire considerare l’elettore uno sciocco che si fida delle promesse e che può essere abbindolato. A meno che l’elettore non voglia proprio questo.
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