Cronache dai Palazzi
Governo a lavoro su catasto e fisco. La legge delega riguarda la riforma del catasto, il sistema di tassazione dei redditi (duale), la tassazione di titoli di Stato e degli affitti. Sul fisco, in particolare, il centrodestra ha espresso una “tregua” nonostante le critiche, in quanto si teme un potenziamento delle imposte. Per quanto riguarda il diverso tipo di tassazione per i redditi di lavoro rispetto a quelli da capitale, invece, la maggioranza di governo sembra vicina al raggiungimento di un accordo. Il leader della Lega Matteo Salvini e il vicepresidente di Forza Italia Antonio Tajani hanno incontrato il premier Draghi per discutere il tema del catasto. Palazzo Chigi ha ribadito che non verranno aumentate le tasse ma la questione rappresenta un nodo da sciogliere.
“Il messaggio a Draghi è stato chiaro – ha affermato Tajani -. Con la situazione internazionale che stiamo affrontando il governo deve continuare a lavorare, ma vogliamo trovare una soluzione alle questioni fiscali. Non permetteremo nessun aumento alle tasse”, ha ammonito Tajani. Il governo Draghi appare determinato a proseguire sulla strada della riforma fiscale senza cedere ad eventuali sbandamenti in un periodo che, tra le altre cose, coinciderebbe con la campagna elettorale in vista delle prossime elezioni.
Altra questione spinosa riguarda il “sistema duale” della tassazione, ossia regimi diversi tra redditi da lavoro e redditi da capitale, ma la soluzione sembra a portata di mano all’interno della maggioranza. Sul catasto Palazzo Chigi ha ribadito che si tratta di procedere con trasparenza proseguendo sul modello previsto, rivedendo al limite il testo della delega sul quale i tecnici stanno lavorando.
Dal centrosinistra, il segretario dem Enrico Letta, ha affermato: “Il centrodestra fa propaganda e va a protestare su questioni su cui Draghi ha già chiarito tutto il chiaribile”. Incontrando i sindacati il leader del Pd ha inoltre ribadito: “Per noi la priorità massima è intervenire sui salari e sul potere d’acquisto delle famiglie”. Anche il leader dei Cinque Stelle, Giuseppe Conte ha confermato l’appoggio del Movimento al governo: “Voteremo la delega. Il premier ha confermato che la pressione fiscale non aumenterà. Ma lo scostamento di bilancio non è più rinviabile per creare risorse finanziarie”, ha puntualizzato Conte. Dal fronte dell’opposizione, la leader di Fratelli d’Italia Giorgia Meloni ha invece affermato che “una vera riforma che abbassi le tasse sarà possibile solo quando questo governo andrà a casa”.
Il premier Mario Draghi prosegue comunque la sua corsa e auspica di arrivare alla fine del suo mandato che dovrebbe concludersi con la prossima tornata elettorale. “Mi stancherei moltissimo se non fossi messo nelle condizioni di poter operare, ma non è questo il caso”, ha affermato con decisione il presidente del Consiglio ammonendo le diverse forze della maggioranza che, in un modo o nell’altro, cercano di piantare ognuna la propria bandierina sui vari provvedimenti, anche in vista della campagna elettorale ormai alle porte, se non già in atto. Unità, serietà e responsabilità sono elementi necessari per poter procedere, permettendo al governo di poter lavorare realizzando le riforme che servono a rendere migliore il nostro Paese.
Una sorta di “patto di lealtà”, come invocato dal centrodestra, premettendo la mediazione del premier a proposito di fisco, concorrenza e giustizia. “Abbiamo convinto i nostri a ritirare gli emendamenti al decreto giustizia. Ma sulla casa siamo intransigenti e chiediamo un impegno chiaro a non alzare le tasse”, ha ribadito Matteo Salvini. Mentre Antonio Tajani ha puntualizzato che Forza Italia non vuole “far danno al governo e agli italiani”. Per quanto riguarda nuove imposte, Draghi ha affermato che “a differenza di altri che lo hanno preceduto non vuole alzare le tasse, perché sono già eccessive”.
A proposito di giustizia è stata varata la riforma del Csm e dell’ordinamento giudiziario e secondo la tabella di marcia imposta dal Pnrr approderà a Montecitorio il 19 Aprile, anche se non si prevede un percorso semplice, dato che l’Associazione nazionale magistrati (Anm) ha preannunciato un eventuale sciopero. L’Anm ha inoltre convocato un’Assemblea straordinaria per il 30 aprile per discutere di alcune novità introdotte dalla riforma che diversi magistrati ritengono “dannose”, come ad esempio la valutazione delle performance considerata da alcuni “una schedatura”. Il ddl ipotizza un fascicolo personale: i magistrati penali e civili saranno in pratica valutati in base a criteri di produttività predeterminati per legge come la qualità dei provvedimenti svolti, statistiche relative alle proprie attività e dell’ufficio di appartenenza. Il ministero ha comunque puntualizzato che i suddetti indicatori rappresenteranno una fotografia dell’attività svolta e non un giudizio del lavoro del singolo magistrato. Il nuovo provvedimento prevede inoltre che nella scelta di eventuali candidati siano valorizzati coloro che siano in possesso di caratteristiche rilevanti per il ruolo
La riforma favorisce poi le nomine a “pacchetto” e prevede l’assegnazione degli incarichi al Csm in ordine cronologico per evitare scambi di nomine tra correnti. Come auspicato da Lega e FI la funzione di giudice verrà separata dalla funzione di pm. Mentre il M5S ha espresso il proprio stop alle cosiddette “porte girevoli” per i magistrati che scelgono la politica o incarichi istituzionali. Forza Italia e Lega ipotizzano invece una pausa prima di tornare ad indossare la toga.
A proposito di energia, infine, il nostro Paese accelera la strategia italiana di diversificazione delle fonti energetiche per poter tagliare i rapporti di dipendenza dal gas russo. Dall’Egitto – nonostante il caso Regeni continui a pesare – dovrebbero giungere tre miliardi di metri cubi all’anno di gas liquefatto, e dall’Algeria nove miliardi di metri cubi all’anno, sei attraverso gasdotto e tre sotto forma di gas liquefatto. I contratti con i Paesi africani avvierebbero l’Italia verso il divorzio energetico con la Russia, che fino al 2021 vendeva ogni anno al nostro Paese circa 29 miliardi di metri cubi di gas, il 40% delle importazioni nazionali di metano. Un fabbisogno che dovrebbe da ora in poi essere rimpiazzato dalle forniture di Algeria ed Egitto. Gli accordi con quest’ultimo non assumeranno un significato politico come per gli accordi stipulati con l’Algeria.
Per risolvere la crisi energetica la prossima settimana sono previste inoltre altre missioni del governo italiano in Congo e in Angola, mentre di fronte ad un eventuale decreto annunciato da Putin, che da maggio impedirebbe alle imprese europee di comprare gas russo, Bruxelles ha iniziato a mettere nero su bianco un embargo graduale sul petrolio russo, sarà poi necessaria l’unanimità dei governi per poterlo applicare. Aspettando il peggio, a Mosca Putin ha a sua volta annunciato la “costruzione di nuovi oleodotti e gasdotti dai giacimenti della Siberia occidentale e orientale” al fine di “reindirizzare le forniture dall’Ovest verso i promettenti mercati del sud e dell’est già nei prossimi anni”. Putin sarebbe comunque convinto che “gli europei non possono fare a meno dell’energia russa” e con il suo nuovo decreto mirerebbe ad inasprire le divisioni già esistenti in Europa che, alla fine, non potendo rinunciare per forza di cose al gas russo potrebbe a sua volta rinunciare ad applicare le severe sanzioni contro la banca centrale russa.
Nel frattempo il governo italiano lavora per accelerare l’installazione di fonti rinnovabili e il biodiesel, oltre all’ipotesi di poter eventualmente tornare ad usufruire maggiormente delle centrali a carbone. Molto probabilmente, infine, per il prossimo inverno si prevedono dei limiti di temperatura per il riscaldamento.
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