L’affondamento del Moskva
La guerra in Ucraina riserva ogni giorno sviluppi e colpi di scena imprevisti (e imprevedibili) al suo inizio. L’affondamento dell’incrociatore Moskva, nave-bandiera della flotta russa nel Mar Nero, da parte di missili “Neptune” ucraini rappresenta l’ultimo evento in ordine di tempo, ma sarà certo seguito da molti altri.
Adesso, il Cremlino lo ritiene una “dichiarazione di guerra”, dimenticandosi allegramente che la guerra, senza neppure dichiararla, l’ha iniziata Mosca con la sua invasione e la rinnova ogni giorno con i suoi barbari attacchi. E se lo dimenticano anche i “media” russi, strumentali al governo, e tutti quei russi che a Sebastopoli hanno versato lacrime di coccodrillo sulla bella nave perduta e i marinai affogati. Il dolore è umanamente comprensibile e a nessuno può far piacere vedere tante giovani vite perdute per sempre, ma non perdiamo mai di vista, malgrado le chiacchiere di alcuni sciocchi o in malafede e la propaganda di Mosca, che il colpevole è e resta Wladimir Putin, che ha iniziato un’aggressione non provocata dalla quale gli ucraini si difendono come possono, contrattaccando quando possibile. E il dolore per i marinai russi morti non può superare o far scordare quello per centinaia e migliaia di ucraini uccisi dagli attacchi russi e i milioni di rifugiati, al 90% donne e bambini, secondo stime molto credibili delle Nazioni Unite.
L’affondamento dell’incrociatore rappresenta un colpo al prestigio russo e rende meno facile uno sbarco di truppe a Odessa (il resto della flotta di Mosca si è del resto allontanata dalle coste ucraine, per evitare di essere colpita) ma non cambia il rapporto delle forze per terra, tuttora favorevole ai russi, e fa temere rappresaglie rabbiose di Mosca, a danno dei civili ucraini e delle loro città. A questo punto, parlare o meno di “genocidio” mi sembra una controversia semantica, non sostanziale. Genocidio, di fatto, è la distruzione di un’intera popolazione per motivi etnici, religiosi etc. L’abbiamo visto, nella Bosnia, da parte dei Serbi. Non dimentichiamo che l’Agenzia di Stampa ufficiale russa ha dichiarato giorni fa che “la nazione ucraina non esiste” e, in parallelo con le notizie sugli eccidi, si moltiplicano anche quelle relative a sequestri di persone, specie bambini, ucraine, portate di forza in Russia. Esitare a condannare Putin, come fa ancora la Cina, è dunque un controsenso di malafede. Qualsiasi persona che abbia un minimo di coscienza non può che augurarsi che i colpevoli della guerra e degli eccidi siano prima o poi portati davanti al Tribunale dell’Aja, come a suo tempo i leader serbi. Ma questo sarà possibile solo se si rovescerà completamente il rapporto di forze.
La sola speranza, alquanto tenue, è che la fornitura di armi da parte degli Stati Uniti, della Gran Bretagna e di piccoli e coraggiosi Paesi come la Slovacchia e la Repubblica Ceca, riduca il dislivello di forze e permetta agli ucraini di resistere almeno su certi punti del fronte di attacco e di non essere completamente sconfitti. Questo il Cremlino lo sa, tanto che moltiplica oscure minacce agli Stati Uniti e alla NATO, la cui forza resta sempre la sola garanzia per tutti noi europei contro l’aggressività dell’orso russo.
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