Alfabetizzazione digitale e analfabetismo funzionale
Il titolo potrebbe sembrare un ossimoro in quanto i due termini sono totalmente opposti, oppure sono due argomenti strettamente connessi? Il primo è il futuro dell’umanità, guerre e pandemie permettendo, nonché quello del mondo del lavoro. Il secondo è un fenomeno con cui oggi ci troviamo a combattere e che sta avendo effetti a giudizio di alcuni devastanti.
Possiamo partire da un elemento certo: l’ingresso della tecnologia nel quotidiano coincide con l’inizio dell’incremento dell’analfabetismo funzionale, vale a dire l’incapacità di un individuo di comprendere, valutare, usare e farsi coinvolgere da testi scritti per raggiungere i propri obiettivi e interagire. Possiamo dare di ciò la colpa ai computer e ad internet? Le responsabilità sono ovviamente individuali e vanno valutate in ogni singolo caso. Tuttavia prendiamo atto che l’effetto Dunning-Kruger (vale a dire la distorsione cognitiva di chi poco esperto in un determinato campo tende a sopravvalutare le proprie abilità e competenze., autovalutandosi esperti, sottovalutando pericoli e rischi ed infine Incurante delle conseguenze del suo comportamento) e l’abbassamento medio del livello intellettivo medio (effetto Flynn), sono altri due fenomeni coevi all’uso di internet, e dei social in particolare, che inducono a serie riflessioni.
L’alfabetizzazione digitale è invece la competenza richiesta che va per la maggiore nel mondo del lavoro che, sempre più, si muove sulla rete e necessita di personale formato e costantemente aggiornato non solo nell’utilizzo dei terminali di ultima generazione che si rinnovano sul mercato a velocità sempre più impressionante. Non servono più, quindi, coloro che dichiarano di essere in possesso delle competenze cosiddette basic nell’uso dei computer, ma essere in grado di ottenere i risultati più performanti in maniera rapida. L’alfabetizzazione non è un semplice processo di apprendimento cognitivo di nozioni; si tratta di un vero e proprio approccio culturale che impone un’attività volta anche all’ingresso in un nuovo mondo del lavoro e di produzione che dipende in misura sempre maggiore dall’informatica e ai suoi algoritmi che regoleranno l’internet delle cose (IoT) in un mondo sempre più interconnesso.
Maggiore informatizzazione e richiesta di competenze tecnologiche sono quanto richiesto dal mercato e che, necessariamente, dovrà trovare ingresso in percorsi di studio mirati; in tal senso è impensabile che la scuola possa non possa tenerne conto ma, nel contempo, deve tenersi presente che cosa potrebbe accadere se per preparare le giovani generazioni alla tecnologia si dovesse abdicare allo studio di altre materie classiche che sono base di conoscenza e memoria storica che, quando viene dimenticata, determina effetti tragici come i tempi recenti purtroppo ci hanno ricordato.
Le aziende investono ovviamente sempre più nel tecnologico e gli sbocchi sul mercato del lavoro vanno in quella direzione: molto più facile un domani trovare lavoro per un ingegnere o un perito informatico che per un laureato in filosofia o storia dell’arte. Questi ultimi due avranno sicuramente meno concorrenza, ma siamo certi che vi saranno ancora offerte sul mercato per le loro professionalità? Da un lato deve essere superata l’ignoranza digitale, ma quale prezzo dovrà essere pagato alla diffusione dell’analfabetismo funzionale?
Esiste sufficiente letteratura e riscontri di come gli analfabeti funzionali siano soggetti a intimidazione sociale, credano più facilmente a fake e teorie paradossali presentino anche una forte correlazione con la criminalità al punto che, negli Stati Uniti, l’85% dei delinquenti minorenni avesse problemi riguardanti la lettura, la scrittura e la matematica elementare. Un dilemma amletico con cui dovranno confrontarsi a breve la società e i governi.
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